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Del Debbio: “Sul fascismo non dovete rompermi il caz*o. Sono figlio di un deportato” (Video)

A Dritto e rovescio lungo intervento di Del Debbio sulla rissa sfiorata tra Vauro e Minnocci: “Sono figlio di un deportato, sul fascismo non dovete rompermi il caz*o. So qual è la parte giusta. Brasile dopo quell’episodio non ha più parlato, era un chiaro segno di censura”

pubblicato 15 Novembre 2019 aggiornato 30 Ottobre 2020 13:31

Sul fascismo non mi dovete rompere il cazzo”. Paolo Del Debbio si prende l’intero spazio dell’anteprima per togliersi i numerosi sassolini dalle scarpe accumulati nell’ultima settimana. Un uno contro tutti eseguito nel silenzio dello studio e con gli occhi sempre puntati verso la telecamera, che sa tanto di sfogo dopo la rissa sfiorata sette giorni fa a Dritto e rovescio tra Vauro Senesi e il ‘fascista’ Massimiliano Minnocci.

Io di solito non parlo di fatti personali, ma è accaduto l’inverosimile e devo dei chiarimenti al mio pubblico e soprattutto a chi segue tutti i social, dove si è scatenata una furia di imbecilli”, esordisce il conduttore avvolto dalla penombra.

Del Debbio ricostruisce i fatti minuziosamente lanciando frecciate qua e là, senza riferimenti precisi.

“E’ successo che un ospite soprannominato Brasile, che è stato tra l’altro in tantissime altre trasmissioni senza contraddittorio, ha detto una cosa molto spiacevole a una giornalista che non si è era sentita neanche offesa. Vauro si è alzato ed è andato con toni minacciosi incontro a Brasile. Io li ho divisi e Brasile non ha più parlato per tutta la puntata. Evidentemente era un segno chiaro di censura. Se non ha più parlato significava che non ero d’accordo e che era una sorta di sanzione per quello che aveva detto”.

Il programma a cui allude il giornalista dovrebbe essere Piazzapulita, diretto concorrente che pochi giorni prima era andato ad incontrare lo stesso Minnocci, con tanto di faccia a faccia con l’inviato Luca Bertazzoni utilizzato come promo di lancio.

A mandare su tutte le furie Del Debbio è stato tuttavia l’aspetto politico della faccenda. A far scattare la scintilla era stata Debora Serracchiani – non citata – che aveva invitato i colleghi del Partito Democratico a disertare il talk di Rete 4, reo di incitare all’odio.

 

“Una deputata del Pd ha fatto la lista di proscrizione che si fa nei regimi totalitari. Ma io me ne frego, non mi interessa. Mi è stato però detto che sdoganerei il fascismo. Io sono figlio di un deportato, mi ha raccontato molto, quindi so qual è la parte sbagliata e quella giusta, non ho avuto dubbi su quel periodo. Certo, mio padre non era un esaltato come quelli che mi hanno attaccato. So esattamente quello che è giusto e ingiusto. Dovete trovare una sola cosa che ho detto o che ho scritto che in qualche modo fomenti o sia apologetica verso il fascismo. Non c’è, la inventate,  me la attribuite e mi attaccate. Esattamente come nei regimi totalitari. Forse siete un po’ fascisti rossi, fate pure, mi fido del buon senso della gente che mi guarda. In coscienza sono tranquillo, continuate con la vostra campagna d’odio, io continuo con le mie trasmissioni”.

Per la cronaca, il Pd non ha accolto l’invito della Serracchiani, dal momento che poco dopo a dibattere di politica si è palesato il sindaco di Pesaro Matteo Ricci.