Home Una storia da cantare, Duccio Forzano a Blogo: “Per fare regia tv ‘basta’ studiare Falqui: lui è e resta il Maestro”

Una storia da cantare, Duccio Forzano a Blogo: “Per fare regia tv ‘basta’ studiare Falqui: lui è e resta il Maestro”

Duccio Forzano torna nel sabato sera di Rai 1 con un nuovo show, tra musica e racconto.

pubblicato 16 Novembre 2019 aggiornato 30 Agosto 2020 11:15

Dagli ultimi due Sanremo con Claudio Baglioni all’access prime time di Rai 3 con That’s Amore, dal teatro con uno spettacolo su Dalla al cinema per la trasposizione del suo primo romanzo e, nel mentre, tre prime serate su Rai 1 alla regia di Una storia da cantare, di cui è anche tra gli autori: Duccio Forzano racconta questo nuovo show live per il sabato sera dell’ammiraglia Rai col pensiero ad Antonello Falqui, maestro non solo di regia televisiva, ma di scrittura, sguardo, arte tv. E proprio Falqui aveva visto in lui il ‘golden boy’ della nuova generazione in una chiacchierata con Hit di qualche anno fa.

 

 

“In fondo – ci dice con un pizzico di ironia e con tanto rispetto per il maestro – fare una buona regia tv non è difficile: basta studiare Falqui, vedere cosa ha fatto…“. Aggiungerei che bisogna avere cultura e gusto anche solo per citarlo, ma ci arriveremo nel corso di questa chiacchierata che ci accompagna verso la prima puntata di Una storia da cantare, in onda questa sera, sabato 15 novembre, e tutta dedicata a Fabrizio De André.

 

Si torna al sabato sera…

Sì, ma Una storia da cantare è un’operazione diversa dal ‘canonico’ sabato sera: vogliamo portare il cantautorato in prima serata. Un’operazione rischiosa, ma tanto è ‘inutile’ preoccuparci dell’Auditel, di come rosicchiare punti o ascolti.

Il riferimento è agli ascolti di Tù Sì Que Vales, ovviamente…

Noi facciamo altro e facciamo finta che non ci sia altro sulle altre reti. Non ha senso inseguire quel tipo di show.

Quale è la chiave scelta per portare i cantautori in tv? Un po’ Sanremo, un po’ varietà classico o altro?

La vera innovazione non è tanto nella contaminazione quanto nella costruzione. De André, Dalla, Battisti ci danno la possibilità di raccontare. Il racconto è la vera chiave, quella che ci permette di ripercorrere la loro storia, la nostra storia, quello che ci hanno lasciato. E in questo racconto, Napoli ha un ruolo importante, sia per la sua tradizione di musica popolare, sia per il legame particolare con De André, e con Genova cui somiglia tanto per molti versi, Dalla, che voleva disperatamente essere un napoletano, e Battisti, che qui era di casa. E poi siamo all’Auditorium della Rai, il luogo della TELEVISIONE, quella in maiuscolo, tutta.

Anche i luoghi quindi sono una chiave del racconto.

Beh, l’Auditorium sicuramente. Napoli è “Senza Rete”, è Massimo Ranieri che canta in mezzo al pubblico, è quella televisione lì. E noi nel nostro piccolo celebriamo questo tempio della musica, ricordando anche nelle immagini la sua storia: con le luci e la scenografia, abbiamo cercato di citare chiaramente Senza Rete e la storia dell’auditorium di Napoli, che torna a esprimersi in tutta la sua forza. Ritroviamo infatti la platea a tutta altezza, con tutta la sua potenza visiva. Ogni volta che entro in questo studio mi sembra di percepire i grandi registi, i grandi interpreti, i grandi conduttori che sono passati di qui.

La coppia di conduttori è inedita e in fondo al debutto nel sabato sera di Rai 1.

Dicono sempre che il sabato sera di Rai 1 sia morto, ma ha sempre la sua emozione e le sue attese. Enrico (Ruggeri) e Bianca (Guaccero) funzionano molto bene: lei ha dimestichezza col palco, ma è meno abituata a cantare dal vivo, lui è nella situazione inversa. Tutti e due però devono affrontare l’emozione di stare in uno studio che raccoglie circa 800 persone. E poi c’è la meravigliosa band diretta da Maurizio Filardo, che il grande pubblico ha imparato a conoscere con gli ultimi due Sanremo.

A proposito di Sanremo, quest’anno ‘pausa’…

Sanremo quest’anno lo vedrò da casa. Ma sono straordinariamente soddisfatto di quanto fatto nei due anni con Claudio Baglioni: abbiamo presentato una selezione musicale mai vista prima – e penso agli Ex-Otago, Zen Circus, Ghemon, Achille Lauro –  che può piacere o meno, ma che penso abbia aperto una strada.

A vedere la lista degli ospiti della prima puntata verrebbe da dire che questa strada si è mantenuta anche in questo show, tra Vanoni, Ranieri e Anastasio, per dire. Esibizioni, ospiti, testimonianze… come si articolerà il racconto tv nella sostanza?

Sarà un racconto omogeneo, questo è l’obiettivo, con dei momenti davvero eccezionali. Da quanto tempo non si vedeva in tv Dori Ghezzi che canta De André e, senza svelare molto, vedremo una Vanoni eccezionale. Useremo anche qualche inserto di repertorio, ma senza esagerare: però, proprio parlando con Dori, siamo riusciti a recuperare un filmato un po’ dimenticato, sfuggito credo anche a Techetechetè, di Fabrizio che canta proprio qui all’Auditorium, nel 1982, per un programma che si chiamava Notte sotto le stelle. Una piccola chicca. E poi interpreti che hanno lavorato con loro, li hanno conosciuti, hanno condiviso esperienze o che a loro devono ispirazione e sono mossi dalla riconoscenza. Un lavoro a più mani e mi fa piacere che vengano citati gli autori, tra cui ci sono sì anche io, ma che si avvale di grandi conoscitori ed esperti come Gino Castaldo e Ernesto Assante, con Matteo Catalano, Alberto Di Risio, Angela Fortunato, Pietro Galeotti ed Enrico Ruggeri.

C’è il racconto autoriale e c’è la regia: con te la musica si vede…

Beh, in tv la musica si vede e si deve vedere: con il direttore della fotografia stiamo lavorando molto bene in questo senso. E sono tanti i momenti che vale la pena vedere in queste tre puntate. In fondo però non è poi così ‘complicato’ (sorride, ndr): per parafrasare Orson Welles, basta non far sentire “odore di regista”. Non c’è bisogno di virtuosismi, ma di far vedere quello che si sta vivendo sul palco, l’emozione di chi è in scena. Non è poi così difficile, davvero. Basta studiare Antonello Falqui, basta vedere cosa ha fatto. E’ stato il vero maestro della tv e la tv la guardava, la conosceva, la amava. Lo cito spesso, come quando a Sanremo misi Claudio Baglioni e Danilo Rea ciascuno a un pianoforte (e potete rivederlo su RaiPlay), l’uno spalle all’altro, leggermente sfalsati, per permettere loro di stare nella stessa inquadratura. Dopo una iniziale sorpresa, Baglioni mi diede ragione e la facemmo così: ma non ero io ad avere ‘ragione’, aveva ragione Falqui. Il maestro lo aveva fatto con Enrico Simonetti e Lelio Luttazzi perché così aveva tastiera, tastiera, Luttazzi e Simonetti. Io ho solo immodestamente copiato. Aveva fatto tutto lui.

Citare i classici è cultura e si tende a non considerare quella televisiva. Per tornare ai maestri, in conferenza stampa si è parlato di un altro possibile ciclo di ‘biopic’, al netto degli ascolti, come abbiamo detto in anteprima.

Guarda, se fosse per me ne avrei già programmato altre tre puntate dopo Sanremo (sorride, ndr): nei programmi bisogna crederci e un programma come questo può raccontare cose bellissime, non solo su artisti ormai scomparsi. Pensa a quanto sarebbe bella una puntata su Mina e Celentano. In progetti come questo, ripeto, bisogna crederci, bisogna difenderli e insistere, ‘educare’ il pubblico, farli abituare a certi racconti.

Ma puntata con Celentano o senza?

Senza, ma magari all’improvviso telefona in diretta (e si sorride, ndr)

Tu intanto hai creduto in That’s Amore e con te c’ha creduto Stefano Coletta, il direttore di Rai 3, come ci raccontasti qualche tempo fa. Soddisfatto di come sta andando?

Guarda, sono contento perché ne parlano tutti e fa ottimi ascolti…

Ma…?

Diciamo che ne sono contento, sapendo però che posso fare ancora di più e meglio, Questa prima stagione è stata un esperimento. Quando lo vedi finito, inevitabilmente inizi a vedere cosa avresti potuto fare diversamente, come si può migliorare. E diciamo che so come e dove intervenire.

Quindi ci sarà un nuovo ciclo?

Guarda, se ne dovrebbe parlare proprio in questo periodo. Vedremo. Il format è piaciuto ai critici, al pubblico e anche oltre…

Intanto sei anche in teatro con uno spettacolo su Dalla, che poi è il protagonista della seconda puntata di Una storia da cantare.

Sì, con L’Angelo Bugiardo, uno spettacolo musicale che racconta il ‘personaggio’ Lucio Dalla con la sua musica. L’ho scritto con Gianni Salvioni, Lorena Guglielmucci, ne curo la regia e canto anche un brano, pensa (ride, ndr). Per fortuna le canzoni sono interpretate da Lino e La Settima Luna. Lo spettacolo sta girando l’Italia e ora che sono a Napoli è a Napoli con me.

Poi un po’ di riposo?

Riposo, io? Non ci riesco! (Ride, ndr). Sto scrivendo la sceneggiatura del mio film, tratto dal mio primo romanzo, Come Rocky Balboa, e mi sto divertendo tantissimo. Ho presentato già una prima stesura, ma non mi accontento mai. Il desiderio, però, è quello di farne una serie tv: partiamo col film, magari aiuta…

 

Magari sì. Intanto ci sono tre sabato sera in diretta da fare… Non possiamo che fare l’in bocca al lupo a Forzano e a tutta la squadra.

Rai 1