Coronavirus, qual è l’approccio giusto per la tv ad una tragedia? I casi Fiorello, De Filippi, Signorini
Rosario Fiorello su Instagram partecipa al party di Jovanotti, il fratello Beppe chiede di fermare gli happening sui social, Signorini si affida al racconto emotivo, la De Filippi sceglie la via opposta
L’emergenza coronavirus ha messo in luce almeno due modi diversi di approcciarsi in televisione (o, comunque, pubblicamente, o, comunque, da parte dei personaggi pubblici) alla tragedia che stiamo vivendo da settimane.
Un po’ come l’elaborazione di un lutto privato: da una parte la sobrietà di chi si reca al funerale in chiesa piangendo la perdita di un famigliare, dall’altra chi preferisce ricordare il caro con modalità considerate dalla cultura nostrana anti-convenzionali (una festa in suo onore, per esempio).
Camion militari per portare le bare dei morti e ancora si canta sui balconi, si fanno battutone spiritose su questa tragedia epocale, si fanno Happening sui social, Dobbiamo fare tre giorni di lutto nazionale, rispetto per i morti e le loro famiglie, social si ma senza fare festa pic.twitter.com/nlfFEDRdtf
— Giuseppe Fiorello (@BeppeFiorello) March 18, 2020
Da ieri sera, da quando ha iniziato a girare l’impressionante foto dei mezzi militari in centro a Bergamo, Beppe Fiorello, apprezzato attore di fiction, ha assunto una netta posizione via Twitter, chiedendo l’istituzione di almeno una giornata di lutto e, soprattutto (nell’ottica del nostro discorso), di porre fine ai chiassosi flash mob sui balconi, alle “battutone spiritose“, agli “happening sui social“, perché occorre “rispetto per i morti e le loro famiglie” e non “fare festa“.
A proposito di festa, viene automaticamente in mente il Jova House Party, social show di Jovanotti in diretta ogni pomeriggio su Instagram, al quale prende parte con grandissima frequenza Rosario Fiorello, fratello di Beppe.
Si rende, così, plastica la dicotomia: restare in silenzio per rispetto di chi non c’è più o fare festa per intrattenere chi è costretto a stare casa, alleggerendo il clima per qualche ora?
Il caso dei fratelli Fiorello non è l’unico, anche se appare il più affascinante per il contesto famigliare. Spostandoci su un piano più prettamente televisivo, l’approccio di Maria De Filippi all’emergenza del coronavirus, per esempio, è molto diverso da quello mostrato da Alfonso Signorini. La prima ha scelto di limitare le incursioni della tragica realtà nella narrazione televisiva di Amici, lasciando che questa resti focalizzata sulla gara tra gli allievi; il secondo ha optato per un racconto più emotivo, con i vip del Grande Fratello chiamati ad esprimersi su una vicenda di cui ignorano tantissimi aspetti, ma che inevitabilmente li destabilizza.
La situazione è talmente inedita e complicata da non prevedere un’unica reazione giusta. Così il modo apparentemente più superficiale di esorcizzare la paura di Rosario Fiorello, attivissimo sui social in questi giorni, appare ai nostri occhi rispettabile quanto l’appello apparentemente più maturo del fratello Beppe.
Il problema, forse, è nella crescente intolleranza che la paura del coronavirus sta generando in tutti noi. In un certo senso è quello evidenziato da Luca Sofri in un editoriale pubblicato su Il Post nelle scorse ore dove è presente anche un riferimento all’episodio che ieri ha visto protagonista Gaia Tortora su La7:
Questa paura naturale, reale, motivata, sta generando già quote di naturale, reale, motivato fascismo in tutti: intolleranza estrema e richieste di repressione verso chi esce di casa (con punte di giustizia fai da te e fanatismo tra il ridicolo e l’inquietante), indulgenza verso misure di censura persino sui libri, che in altri tempi sarebbero state assai discusse per le loro implicazioni, un sentimento diffuso di dover ognuno di noi difendere una necessità superiore, sentimento che ci legittima e ci mette tutti in una divisa, gran voglia di chiamare la polizia, denunciare qualcuno, o intervenire noi stessi.