Le Parole della Salute, Annalisa Manduca a Blogo: “È un omaggio, e un grazie, alla Sanità italiana”
Le Parole della Salute torna su La7 da domenica alle 11.50: e in tempi di Coronavirus la scelta è doppiamente coraggiosa.
Gratitudine, cura, dedizione, rispetto, competenza: parole di uso comune che hanno assunto significati diversi, o meglio più ricchi e più sfumati, in questi difficili tempi di lotta al Covid. Sono termini che, però, possono diventare i pilastri su cui fondare un nuovo modo di raccontare un settore complicato come quello della sanità. È quello che si propone di fare Le Parole della Salute, in onda da domani, domenica 24 maggio, alle 11.50 su La7 con nuove puntate ideate e realizzate da Prodotto, fattori di videoevoluzione in collaborazione con la divisione brand integration di Cairo Pubblicità e con il supporto di Teva Italia e Fondazione Italia in Salute.
A condurlo, e a costruirlo parola dopo parola, Annalisa Manduca, che ho avuto il piacere di ascoltare e che ringrazio subito della bella chiacchierata tra lingua, semantica, valore linguistico. La divulgazione è un’arte complicatissima che si fonda sull’uso consapevole della lingua: un’arte che la Manduca esercita con gran classe. Il suo viaggio nel valore simbolico e sociale di parole cruciali nel disegno della comunità è un vero e proprio percorso alla riscoperta di una responsabilità collettiva che la pandemia ha rimesso al centro del discorso politico e civile, ma che a poche settimane dalla fine del lockdown sembra già tornata in archivio.
Ecco perché, alle parole d’apertura, personalmente aggiungerei coraggio: in uno storytelling che ha rapidamente consumato l’epica dei medici e infermieri eroi e si sta concentrando di nuovo sui mali di un sistema che non sempre brilla per efficienza, raccontare storie di eccellenze sanitarie, di vicende a lieto fine, al di fuori della pandemia, ha il sapore di chi va controcorrente. E ci va col sorriso, oltre che con una fiducia, altro termine da annotare, nella sanità italiana che riesce ad essere del tutto coinvolgente.
Non si tratta però di un programma sull’emergenza Coronavirus, anzi. Realizzato prima del lockdown, e interrotto bruscamente dal diffondersi della pandemia, Le Parole della Salute riporta nel racconto della sanità pazienti, terapie, malattie messe da parte in questi mesi e che adesso sembrano aver particolarmente bisogno di ritrovare una voce e una rappresentanza. Ma non è solo questo.
“È un omaggio alla nostra sanità: è questo il programma che facciamo. In questa tempesta che ha stravolto le vite di tutti, il grande faro è stato una sanità che sta reggendo il colpo e che ha mostrato la parte migliore di sé”
ci dice subito Annalisa Manduca, con quella incredibile capacità di avvolgere l’interlocutore e di portarlo con sé in un mondo dove persino gli ospedali sembrano fatati.
Il momento è senza dubbio strategico: parlare delle eccellenze della nostra sanità ora che si torna ad analizzarne mancanze e irresponsabilità dopo la celebrazione dell’eroismo suona quasi controcorrente…
La verità è che dopo l’eroismo c’è la vera emergenza, ovvero le altre malattie che in questo periodo sono state in silenzio. Ma sappiamo benissimo che una diagnosi fatta in tempo può salvare vite, che saltare terapie, rimandare controlli o cancellare la ritualità di pazienti neurologici ha un costo immenso in termini di salute. C’è un universo di situazioni che bisogna accogliere e ‘raccogliere’.
A proposito di parole, ‘accoglienza’ non si usa spesso parlando di sanità…
In realtà, mai come in questo momento il nostro sistema sanitario sta mostrando la sua grande forza nell’accogliere tutti quelli che ne hanno bisogno: i nostri medici si stanno prendendo cura in modo eccezionale, ed anche esemplare, dei pazienti. Adesso si tratta di ritornare a una ‘normalità’, parola ormai perduta nel senso finora conosciuto, che permetta agli ospedali, ai vari reparti di seguire quelle persone che hanno bisogno di sentirsi curate, a volte semplicemente accolte. E se c’è un’altra emergenza con cui dovremo fare i conti nel prossimo futuro è quella legata alla salute mentale: sarà una delle sfide più grandi da affrontare.
Lungi dal ritenere chiusa o superata la Pandemia, si può tracciare un primo bilancio di questa prima, speriamo ovviamente anche ultima, ondata. Se è vero che noi italiani siamo straordinari nell’emergenza è anche vero che non siamo altrettanto brillanti nel ‘dopo’.
Il compito di chi decide oggi è proprio trasformare questa eccezionalità in una struttura stabile, costruita intorno a un sistema che ha mostrato tutta la propria eccellenza e che sia sempre più capace di innescare comportamenti virtuosi, di investire in cure e in vaccini. Sappiamo quanto c’è in gioco: abbiamo visto migliaia di persone morire, abbiamo avuto lutti difficili da elaborare, consumati nella solitudine senza neanche il conforto di un addio, sappiamo di avere tutti da perdere. Non bisogna abbassare la guardia, anche perché potrebbe esserci un’ondata ancora più feroce, perché di fatto ancora non sappiamo quali siano le conseguenze a lungo termine nei singoli pazienti. Bisogna sì ricominciare, ma con la consapevolezza di quanto accaduto e con quella stessa dedizione e quella stessa serietà con cui abbiamo affrontato il lockdown.
Dicevamo però che le nuove puntate de Le Parole della Salute non vertono sul Coronavirus: sono state realizzate prima delle restrizioni.
Come dicevamo, l’obiettivo è raccontare un sistema virtuoso, fatto di medici e infermieri appassionati e dediti. Ma è anche quello di dare voce ai pazienti che finora si sono messi in disparte, che hanno lasciato che ci si occupasse di un’emergenza senza pari e che si sono affidati alle indicazioni ricevute dai propri medici curanti. Anche questa è una delle cose belle di questa Italia, la volontà di rispondere immediatamente alla situazione in ogni modo possibile.
Storie di medici e di pazienti, quindi…
La cosa che volevamo realizzare con tutto il team, la produzione e la rete erano delle belle storie, anche complesse, coronate dal lieto fine, caratterizzate dall’aver trovato strutture d’eccellenza, trattamenti medici all’avanguardia, professionisti dediti. Per noi ‘cura’ è anche questo: cercare di raccontare un paese che c’è, esiste nel quotidiano, ma di cui ci dimentichiamo o che misconosciamo. È un programma che racconta i progressi della medicina, della ricerca scientifica, della prevenzione, ma anche di tutti gli aspetti della vita quotidiana dei pazienti, dei loro caregiver, dei loro familiari. Sono storie che possono migliorare la qualità della nostra vita perché c’è la possibilità della ‘vittoria’, di un finale felice.
La realizzazione della stagione è stata interrotta, come detto, dall’inizio della pandemia: si sta già pensando a un nuovo ciclo?
Beh sì: confidiamo di tornare in autunno con un racconto che sarà ancora diverso, perché il Paese in questi mesi è cambiato e molto di quel che troveremo sarà letto attraverso la lente del Coronavirus. L’idea però resta quella di raccontare un Paese pieno di risorse.
Perché allora andare in onda ora, mentre l’attenzione collettiva è ancora rivolta al Coronavirus?
Proprio per questo. Abbiamo aspettato che arrivasse il momento giusto e sentiamo come un valore sociale mandarlo in onda adesso, perché vogliamo ripartire dall’efficienza del nostro sistema, perché è arrivato il momento di ricominciare a occuparci di tutte le malattie che hanno bisogno di essere raccontate e, come dicevo prima, di essere accolte. Ricominciamo a raccontare le ‘altre’ malattie: i pazienti ne hanno bisogno, hanno avuto ancor più timore per la loro vita, magari l’hanno messa a rischio per l’impossibilità di fare le proprie terapie. Ripartiamo da qui. Anche questo è il nostro lavoro e avere l’opportunità di lavorare con le parole per me è un privilegio.
E allora torniamo alle parole: tante se ne sono dette in questo periodo, tante volte le stesse con significati o sfumature diverse, altre volte le stesse con valori opposti…
Penso in che questi mesi abbiamo trovato parole nuove nella campo della salute che non conoscevamo: Gratitudine, per esempio. Fino a un po’ di tempo fa raccontavamo di toni aggressivi, sospettosi verso i medici, verso una sanità lenta e asservita. E invece dobbiamo dire grazie ai medici e all’intero comparto, che ha saputo trovare risposte eccezionali in tempi rapidissimi. Un’altra parola che improvvisamente ha iniziato a brillare è Cura: abbiamo capito cosa vuol dire prendersi cura dell’altro, magari anche portando il messaggio di un familiare a un paziente intubato, accompagnando chi era costretto alla solitudine. E poi Gentilezza, quella che abbiamo trovato verso gli altri, anche come forma di attenzione nel rispetto delle regole. Lo stesso rispetto ha assunto nuove connotazioni, così come abbiamo imparato cosa c’è dietro un vaccino, quanto tempo è necessario, di quale lavoro ci sia bisogno. Abbiamo riscoperto parole che fanno senza dubbio parte di un grande racconto capace di mostrarci un Paese straordinario, che però deve affrontare la parte più delicata.
A proposito di momento delicato, direi che anche Competenza e Fiducia sono termini centrali nella costruzione del possibile storytelling di un Paese sì straordinario ma sempre migliorabile…
Fiducia è un termine complesso: magari oggi ci fidiamo di meno degli altri, ma abbiamo imparato a fidarci più di noi stessi e ci siamo affidati ai medici come forse mai prima d’ora. È come se gli italiani avessero riscoperto cose dimenticate o date per scontato. E competenza è di certo una delle cose da cui è necessario ripartire. Tutte parole belle, piene, ricche, alcune delle quali avevamo davvero sottostimato, come baciare o abbracciare: ora che non possiamo farle abbiamo riscoperto il valore delle piccole cose.
Non è tutto troppo idilliaco?
Di sicuro ci saranno persone che non hanno davvero preso coscienza della reale situazione, molte altre invece staranno combattendo con la paura, tante stanno affrontando problemi economici, situazioni gravi e difficili. L’Italia è un Paese molto affaticato perché non è stata una situazione semplice da gestire e non è un momento facile quello che stiamo vivendo. Ma abbiamo comunque visto una sanità che si è messa alla prova, che ha testato e attivato protocolli di emergenza in tempi brevissimi, che non si è mai arresa, che continua a cercare un protocollo terapeutico adeguato, che si prepara a convivere con il virus, perché i tempi del vaccino non sono brevi e non deve diventare quello il ‘faro’ della rinascita. Noi stessi dobbiamo trovare nuovi comportamenti, più pensati, più curati: la parola ‘cura’ estenderà il suo significato e troverà nuove accezioni anche nelle relazioni interpersonali. Chi avrebbe detto ‘prima’ che la cura si manifesta nella distanza, nel non andare a trovare i genitori o i nonni per proteggerli dal contagio? Ora la cura è anche questo.
Dalle ‘parole della salute’ a parole di vita, nel senso più pieno…
Sono orgogliosa dopo 32 anni di aver fatto questo lavoro, ne sento ancora più il valore. Sono fiera di poter raccontare un Paese di eccellenze e di poter ripartire proprio da qui, da noi, dalle nostre storie, da una sanità che funziona e soprattutto da una parola particolarmente preziosa, dicendo grazie a tutti quelli che hanno fatto davvero tanto per noi.
E il nostro grazie va ad Annalisa Manduca, alla sua cura per le parole, alla sua attenzione per un altro racconto, possibile e appassionato, della Sanità italiana.