Dare un significato al finale de L’Amica Geniale è complicatissimo. Quattro stagioni e altrettanti libri (da cui la serie è tratta) ci hanno insegnato che Elena Ferrante ha fatto qualcosa di più che raccontare una semplice storia che attraversa le vite delle due protagoniste. L’Amica Geniale è una delle narrazioni maggiormente stratificate che la letteratura italiana prima e la tv poi hanno proposto, offrendo visioni e significati che, quasi come in una maratona, si sono passati il testimone fino alla conclusione.
L’addio alle radici
Nell’ultimo episodio, “La restituzione”, troviamo Elena (Alba Rohrwacher) alle prese con la fuga d’amore della figlia Elsa (Adriana Trotta) con Gennaro (Alessio Galati). Fuga che viene interrotta dalla madre e da Enzo (Pio Stellaccio), che riportano i due a casa.
E’ l’episodio, questo, che scatena in Elena la decisione di affrancarsi una volta per tutte dal rione in cui è nata, cresciuta e tornata in età adulta. Elena si rende conto che la vita l’ha portata altrove, e che l’unico motivo che la tiene legata al rione è Lila (Irene Maiorino). Questa, però, al contrario di Elena -che viaggia spesso per lavoro- è sempre più confinata in casa, ingabbiata dal dolore per la scomparsa (senza risoluzione) della figlia Tina.
Al contrario di Enzo, che ha cercato di rialzarsi in piedi tanto da decidere anche lui di lasciare Napoli e trasferirsi a Milano da solo, Lila ha un legame quasi viscerale con il rione che diventa, dopo i Solara, il suo vero nemico.
La sua impossibilità di uscirne, di affrancarsene e quindi di poter scoprire una vita altrove, lontana dai ricordi dolorosi che quei luoghi le danno dato, è opposta alla voglia di Elena di ricominciare altrove. Due visioni opposte, che trovano un punto d’incontro nel legame indissolubile tra Elena e Lila, la loro amicizia, che sembra davvero essere l’unica cosa buona che quel rione non ha intaccato.
Un’amicizia fino alla fine, e oltre
E forse è proprio questo il senso che Ferrante ha voluto dare alla propria storia: un’amicizia, quando è sincera, può sopravvivere a tutto. E così è per l’amicizia tra Elena e Lila, che già nel corso della loro vita si erano perse di vita, ma si sono sempre sentite empaticamente l’una vicina all’esistenza dell’altra.
Un’amicizia che trova la sua maggiore espressione in quell’abbraccio liberatorio dell’ultimo incontro tra le due protagoniste, a casa di Lila, poco dopo che Elena le ha confidato la sua intenzione di trasferirsi a Torino. Liberatorio e sincero, quell’abbraccio è al tempo stesso un modo per dirsi addio ma anche per riconfermare tutto quel non detto tra le due donne in queste stagioni.
A ben pensarci, le scene in cui Elena e Lila manifestano il proprio affetto l’una verso l’altra sono davvero poche. Perché Ferrante ha scritto due personaggi che non necessitano di gesti concreti per dimostrare di esserci: l’amicizia tra Elena e Lila è fatta di parole, di confronto, di suggerimenti e che di scontri. Una viaggio a due in quel mare a volte calmo, a volte burrascoso, che è la vita. E quando si è in mare aperto più che di un abbraccio si ha bisogno di un sostegno.
Elena e Lila si abbracciano e, nel farlo, abbracciano i propri destini. Il finale de L’Amica Geniale diventa un finale sempre più di gesti e sempre meno di parole, come dimostra l’ultima azione a noi nota di Lila che, scomparsa da Napoli (e finalmente affrancatasi dal rione in cui si era auto-reclusa fin dalla nascita), riappare per così dire a Torino da Elena, lasciandole quelle due bambole che sembravano perse per sempre. Ed ecco che, allora, quella genialità del titolo non è esclusiva di Elena, né di Lila, ma di entrambe.
D’altra parte, questa amicizia che attraversa le loro vita, i romanzi e dunque la serie tv è talmente simbiotica anche in ciò che dovrebbe appartenere alle singole personalità. Singolare è come Tina, la figlia scomparsa di Lila, sia più somigliante a Elena e, viceversa, Imma abbia quella carnagione scura e quello sguardo profondo tipico di Lila fin da piccola. E anche il sospetto di Lila che Tina sia stata rapita perché ritenuta (per una didascalia errata su un giornale) figlia di Elena conferma che i confini tra le loro vite sono sempre stati molto mobili. Insieme, sono sopravvissute alle intemperie della vita: se Elena ne è consapevole, Lila finge di non esserlo, con il suo desiderio di “cancellarsi” e quella frase, “chi scrive vuole sopravvivere a se stesso”, che sembra voler affidare a Elena il peso di entrambe le loro esistenze.
Due bambole che hanno viaggiato nel tempo
Ma perché Lila restituisce solo ora le due bambole a Elena? Chi ha visto la serie fin dall’inizio ricorda che Lila, per dispetto, aveva gettato la bambola di Elena nel seminterrato del palazzo del temuto Don Achille, ed Elena, per ripicca, aveva fatto lo stesso.
Le due bambine erano andate a cercarle, invano. Avevano affrontato con coraggio Don Achille che, per liberarsi di loro, le aveva dato dei soldi. Denaro che le due -agli albori della loro amicizia- avevano deciso di spendere acquistando “Piccole donne”, libro che hanno letto e riletto insieme, cementando il loro rapporto. E se ci fosse dell’altro?
Il sospetto di Elena, nel finale, diventa anche il nostro: e se Lila avesse volutamente evitato di ritrovare le bambole perché sapeva che avrebbe ricevuto un “risarcimento” da Don Achille e che lo avrebbe potuto spendere con quello che era il tesoro più grande che sognava, ovvero un libro? E se lo avesse fatto proprio con Elena perché aveva capito che sarebbe stata lei l’unica a comprendere il suo desiderio di avere un libro tutto per sé?
Elena si ritrova davanti a quelle due bambole, nel soggiorno di casa, identiche a come le aveva lasciate decenni prima. La fine guarda all’inizio: Elena pensa ancora una volta di essere stata usata da Lila, ma questo poco importa. Perché anche se fosse stato così, Lila le ha regalato la vita migliore che potesse avere.
Due amiche, due donne, contro un mondo di uomini
Una cosa è certa: L’Amica Geniale ci ha regalato due ritratti femminili di assoluto valore e significato. Dai traguardi raggiunti alle sfide intraprese fino agli errori commessi, Elena e Lila sono portavoce di un femminismo sano in un mondo patriarcale che neanche finge di voler dare valore alle donne.
L’omicidio del fratelli Solara potrebbe anche essere inteso metaforicamente parlando come la fine dell’imposizione patriarcale senza se e senza ma nella società. Ora che Elena e Lila non devono più guardarsi le spalle da chi ha sempre cercato di ricordare loro che posto avrebbero dovuto avere, possono dirsi veramente libere. E, con loro, ci si augura che tutte le telespettatrici che vivono situazioni opprimenti possano avere la stessa occasione (meno tragica, ovviamente) di alzare la testa contro chi le vorrebbe silenti e invisibili.
L’Amica Geniale resterà un capolavoro irripetibile
Capolavoro osannato dalla critica e dal pubblico (le prime due stagioni su Raiuno superarono in alcuni episodi i 7 milioni di telespettatori e il 30% di share, mentre su RaiPlay la serie è tra le più viste), L’Amica Geniale, concludendosi, si consegna definitivamente alla storia della televisione italiana.
Sia per l’incredibile sforzo produttivo che c’è stato dietro ogni stagione, sia per l’inedita alleanza Rai Fiction-Hbo che ha permesso di vedere un prodotto in lingua italiana e sottotitolato in inglese in prima serata sul canale via cavo statunitense per eccellenza, ma anche per l’anticonformismo di cui fin dalla prima stagione questa serie è stata intrisa.
Dalla regia fortemente autoriale di Saverio Costanzo prima e poi di Daniele Luchetti, Alice Rohrwacher e Laura Bispuri alla sceneggiatura che non lascia scampo a chi è abituato a serie tv con episodi autoconclusivi, L’Amica Geniale ha fatto qualcosa di irripetibile.
Portando in scena una storia che dura una vita intera e che permette di osservare un’Italia in evoluzione, il capolavoro di Elena Ferrante (ricordiamo che il primo volume della tetralogia è stato definito dal The New York Times “libro del secolo”) ha il merito di aver svegliato dal torpore una serialità italiana abituata troppo spesso a vivere di rendita, ricordando a tutto il settore audiovisivo che l’ambizione non deve essere una vergogna. E regalando al pubblico una storia a cui ciascuno saprà dare un proprio significato.