Luca Carleo, primissimo vincitore di 4 Ristoranti: “All’inizio non volevo partecipare. La buona reputazione conta più della vittoria”
Luca Carleo vinse la primissima puntata di 4 Ristoranti: “Mi stupisco nel vedere ancora adesso gente che si fa trovare con la cucina non pulita. Mi sono preso una pausa dalla ristorazione, ora lavoro nel settore dell’energia”
Dieci anni, 424 concorrenti e 106 vincitori. Difficile restare nella memoria del pubblico, a meno che tu non sia stato il trionfatore della prima puntata della prima stagione del programma. E’ il caso di Luca Carleo, che si impose in occasione dell’esordio assoluto di 4 Ristoranti.
La messa in onda avvenne nel marzo 2015, con le riprese che furono effettuate sul finire dell’anno precedente. Ad esultare fu lo Smøøshi, che si laureò come miglior ristorante post-etnico di Milano.
All’epoca 33enne, Carleo non era il proprietario del locale, ma solo l’executive chef. “Ricoprivo lo stesso ruolo in tutte le attività della proprietà diffuse nella zona – rivela Luca a TvBlog – nello Smøøshi ero il frontman ed ero stato proprio io a consigliare quel tipo di proposta culinaria al rientro da un viaggio a Copenaghen”.
Milanese di nascita e con alle spalle una famiglia radicata nel settore della ristorazione, inizialmente Carleo non sembrò entusiasta della possibilità di apparire in video: “Rifiutai almeno otto volte – sorride – non volevo partecipare, non sentivo il contesto nelle mie corde. Non avevo letto quella chance come un’opportunità commerciale e mi sbagliavo, perché si rivelò un grande successo. Anzi, oggi consiglio a tutti di fare quell’esperienza. Ti metti alla prova, però se non hai niente da nascondere non c’è nulla da temere”.
Immagino che tu non sappia come foste scelti.
No, la proprietà mi informò che esisteva questa richiesta. Non ho idea di come avvenne la selezione.
Il programma era nuovo di zecca e non era mai andato in onda. Per voi fu un salto nel buio.
La produzione ci spiegò che si trattava di una gara di ristoranti che si affrontavano proponendo le loro idee. Ci sembrò una situazione simpatica. Oltretutto, lo Smøøshi aveva aperto da poco e, si sa, tutto ciò che porta pubblicità aiuta. Senza dimenticare che c’era di mezzo Sky. Abbiamo fatto due più due.
Dopo tanti anni sembra assurdo farsi beccare ancora con la cucina sporca e in disordine. All’epoca invece non immaginavate che le ispezioni di Alessandro Borghese fossero parte integrante del format.
In effetti non sapevamo che sarebbe passato a controllare la cucina. Fu una sorpresa che rese tutto più bello perché assolutamente naturale. Sinceramente, mi stupisco nel vedere ancora adesso gente che si fa trovare impreparata. Se sai che Borghese verrà a visitarla, puliscila. In ogni caso, sono stato sempre attento sotto quell’aspetto, forse perché parto dal presupposto che quel luogo dovrebbe essere un fiore.
Vi ritrovaste anche a dover capire la pratica del ‘freeze’ durante le registrazioni. Come ve la spiegarono?
Borghese ce la illustrò in modo molto elementare: ‘quando vi avviserò dovrete fermarvi come se foste congelati perché devo parlare mentre tutti gli altri sono immobilizzati’. Noi capimmo e ci adeguammo.
A proposito di Borghese, come si approcciò con voi?
E’ una persona assolutamente vera, così come è totalmente privo di costruzioni il programma. Quando rivedo Alessandro, lo saluto sempre cordialmente. Durante quell’esperienza fu umile, alla mano, corretto e simpatico con tutti. Ho un bellissimo ricordo, fu un’avventura positiva, fluida, non ci fu alcun intoppo.
Nella primissima versione le votazioni andavano da un minimo di 1 al massimo di 5. Ci fu strategia o pure in quel caso fu tutto molto spontaneo?
Qualcuno fece strategia, mi venne confessato. Da parte mia no. Parlai apertamente e lo stesso Borghese apprezzò il fatto che esponessi le cose in maniera trasparente.
Le registrazioni come si svolsero?
Girammo dal martedì al venerdì, un giorno per ristorante. La lavorazione era lunga, partivamo la mattina e finivamo la sera. A livello fisico era una bella botta e arrivai all’epilogo abbastanza stremato. Paradossalmente, fui parecchio più tranquillo nel mio ristorante che quando si trattò di andare in quelli dei miei rivali.
Come mai?
Perché non dovevo giudicare gli altri. Tutti i concorrenti fanno sforzi e sacrifici per aprire le loro attività e mi dispiaceva segnalare i loro errori. Al di là delle telecamere, esiste anche un impegno finanziario che ho sempre rispettato, motivo per cui i miei giudizi sono stati esclusivamente tecnici. Non sono mai entrato sulle scelte personali.
Verso che ora ci si sedeva a tavola?
Ti dicevano prima se sarebbe stato un pranzo o una cena. Si mangiava negli orari di apertura classici e le persone che erano agli altri tavoli erano clienti reali. Se avevi altre 20 prenotazioni, lavoravi contemporaneamente anche su quelle. La differenza dalle altre giornate stava nel fatto che dovevi riservare un tavolo a Borghese. Per il resto non cambiava nulla.
Le riprese andarono per le lunghe?
No, gli stop non furono tanti e nemmeno troppo invasivi. Mangiammo tranquillamente. Per i vari commenti, invece, ci chiamarono fuori dai locali per poter esprimere i nostri giudizi.
Dopo 4 Ristoranti arrivò la popolarità. Ne beneficiarono gli affari?
Il programma mi portò molta fortuna e lo Smøøshi guadagnò un sacco di clienti, anche tra i vip. Vennero a mangiare da noi Eros Ramazzotti, Tiziano Ferro, Nina Zilli. Capitava pure di essere fermato per strada da gente che mi chiedeva i selfie. Un po’ di notorietà fa sempre piacere, inutile negarlo.
I 5 mila euro vinti come vennero investiti?
Li spese la proprietà, non arrivarono a me. Però furono dirottati tutti in cucina. Acquistarono un altro forno rational.
Più che la vittoria, alla fine credo sia fondamentale mantenere una buona reputazione. Sei d’accordo?
Sì, quella rimane a vita. In cucina sono sempre stato uno chef meritocratico e giusto. Non serve urlare e battere i pugni sul tavolo. L’importante è trasmettere la leadership, che non è mai sinonimo di cattiveria. Devi donare quello che sai agli altri. Io mi comporto così e mi è sempre andata bene. Vincere fa piacere, ma alla fine in 4 Ristoranti tutti guadagnano popolarità, al netto del primo posto finale. Ci sono stati locali arrivati secondi dove però si mangiava meglio. Quel programma ti deve servire per far conoscere il ristorante e dimostrare la tua professionalità.
Dicevi che 4 Ristoranti ti ha portato fortuna. In che senso?
Qualche anno dopo, durante la pandemia, venni coinvolto in una produzione di Netflix, Summer Job. Lavoravo in Messico, a Santa Fe, ed ero lo chef del ristorante Nordic dove erano stati destinati questi ragazzotti senza voglia di faticare.
Come ti contattarono?
In precedenza mi ero ritrovato a fare l’executive chef di un ristorante importante di Playa del Carmen. La guida Michelin ci elogiò e quella recensione ci consentì di far arrivare i ristoranti gourmet nella riviera maya. Il nostro modo di porci, inedito e un po’ fuori di testa, evidentemente attrasse Netflix.
Il covid non vi sfiorò?
In quella zona del Messico il coronavirus fu percepito davvero poco. Eravamo l’unico pallino verde in tutto il mondo.
Oggi cosa fai?
Dopo aver lavorato anche in Armenia come executive del gruppo Galaxy, mi sono preso una pausa dall’universo della ristorazione. Al ritorno in Italia ho pensato alla mia vita e ho deciso di prendermi una pausa. Ora lavoro in tutt’altro campo e sono direttore generale alla Ems Italia, un’azienda quotata in borsa che si occupa di energie rinnovabili. Sono da sempre un appassionato di energia e di numeri, quando si è presentata la possibilità l’ho colta.
Con le cucine hai chiuso definitivamente?
La ristorazione rimane nel mio cuore, ma mi piace più nelle vesti di investitore che da chef. Per adesso non penso di tornare, in futuro chissà.