Inganno Netflix, recensione: una serie per adulti, tra sospetto e pregiudizio (e un retrogusto di fiction Ares)
Inganno o sospetto? Il titolo della serie italiana di Netflix potrebbe essere fuorviante, perché affronta questioni che vanno oltre la possibile truffa ai danni della protagonista. E il regista Corsicato lo fa “creando” un mondo che ci ha ricordato le fiction Ares di qualche anno fa
Una donna festeggia il proprio compleanno, il 60esimo, da sola: i figli hanno “altro da fare”. Si consola con la vista mozzafiato che le offre il terrazzo dell’albergo di cui è proprietaria. No, non parliamo della Costiera Amalfitana, ma di Giacomo Gianniotti che, su un molo poco distante, decide di spogliarsi totalmente e di farsi un bagno in mare. Ecco, se la protagonista di Inganno, la nuova serie tv di Netflix, avesse avuto una famiglia più presente, questa serie non esisterebbe neanche.
Inganno Netflix, la recensione
La rivincita dell’indipendenza
Inganno, però, non è una serie tv che gioca con i casi del destino. La sceneggiatura si basa su una solida e giustificatissima convinzione: non esiste età che possa impedire a chiunque di cercare la felicità. È questa la linea che attraversa tutti i sei episodi della serie diretta da Pappi Corsicato, che torna a raccontare la storia di una donna in cerca di un riscatto dalla famiglia e dalla società dopo Vivi e lascia vivere.
Nel caso di Inganno, però, la protagonista Gabriella (Monica Guerritore) non deve ricostruire niente da zero; piuttosto, vuole affermare il proprio diritto a essere libera e indipendente dopo una vita trascorsa a crescere i figli, prendersi cura dell’ormai ex marito e gestire l’hotel lasciatole in eredità dal padre. E qualche migliore occasione per farlo se non invaghendosi di un bel giovanotto che apparentemente sembra passare di lì per caso?
Gianniotti, il toy boy che svela un pregiudizio
Giacomo Gianniotti, diciamolo francamente, sarà il motivo per cui tante abbonate e abbonati a Netflix guarderanno la serie. L’attore italiano, diventato famoso grazie a Grey’s anatomy, si è tolto il camice da medico, e non solo quello: in Inganno non sono poche le scene in cui si mostra senza pudore, sfiorando il nudo integrale ma mai risultando volgare. La scelta di un attore giovane e prestante come lui da affiancare alla protagonista Monica Guerritore va nella direzione dell’altro grande tema che la serie affronta senza troppi fronzoli.
Cosa succede in una famiglia se una donna esce con un uomo più giovane di lei? Ancora oggi, nel 2024, siamo qui a discuterne: ergo, una serie come Inganno fa bene a cavalcare l’onda di una questione che, come fa giustamente notare il personaggio di Delia (Fabrizia Sacchi), non esisterebbe neanche a parti invertite. Perché siamo abituati a vedere un uomo uscire con una donna più giovane di lui, ma viceversa il nostro guardo si distorce e si pensa subito, appunto, a un inganno.
Inganno o Sospetto?
La frode che inizialmente sembra centrale nella serie, allora, diventa solo un pretesto: rispetto alla miniserie inglese da cui Inganno è tratta, l’adattamento italiano intraprende una strada differente, dove la passione va a braccetto con il sentimento e dove il sospetto diventa pregiudizio.
Eppure, nella serie non è tutto rose e fiori, altrimenti sbadiglieremmo già dopo pochi minuti. Elia (Giannotti) è davvero innamorato di Gabriella, oppure la sta circuendo per farsi dare più soldi possibile e poi darsi alla fuga? Più che Inganno, la serie si sarebbe dovuta chiamare Sospetto: è questa la sensazione che attraversa i sei episodi. E se dal punto di vista della reazione della nostra società di fronte a una relazione come quella tra Gabriella ed Elia la serie ci mette di fronte a dei pregiudizi di cui non possiamo che essere consapevoli, sul fronte della messa in scena Inganno lascia in certi punti un po’ perplessi.
Netflix crea un mondo per un pubblico più generalista
Perché Inganno, al netto di location da sogno, di una protagonista che sa cosa vuol dire recitare e di un buon cast che la circonda, a volte ci ha mandato delle vibrazioni più vicine alle fiction Ares di una volta piuttosto che a una produzione di una piattaforma internazionale. Non parliamo di trash, ma di una patina volutamente distaccata dalla realtà: e diciamo “volutamente” non a caso.
È come se Corsicato avesse voluto creare un mondo in cui poter far muovere i propri personaggi sfuggendo a certe regole della quotidianità. Ecco, quindi, Giannotti che spesso e volentieri si mostra senza t-shirt, Guerritore che passa dalla rabbia e gelosia all’amore totale verso il suo nuovo incontro, fino all’immancabile corgie portato a spasso sì, ma rigorosamente in braccio, come se lo stessero facendo giocare a “The Floor is Lava”.
Scelte un po’ discutibili, forse, ma che assumono senso se si guarda l’operazione Inganno nel suo totale: il desiderio di Netflix, in questo caso, non è stato tanto quello di rivolgersi al solito pubblico teen, ma di guardare altrove, a un pubblico più abituato ai toni di una fiction tv che oggi non c’è più ma che fino a qualche anno fa agganciava milioni di telespettatori.
Lo fa sfruttando regole, quelle della passione, che abbandonano la strada della credibilità e ci riportano a quelle fiction generaliste che tanto piacevano al pubblico. Sì, Ares Film, parlo di te. Fa strano che Netflix una volta tanto non guardi al pubblico teen ma parli ai più grandi, ma si finisce sempre dalle parti di “peccati e vergogne”. Forse è questo, il vero inganno.