Striscia e quella crisi che ci si ostina a non voler affrontare
Striscia non ha mai convissuto con il senso della precarietà, quella percezione di provvisorietà che avrebbe potuto consentire a Mediaset di immaginare un rinnovamento, uno spostamento, una rimodulazione dello show
Il problema di Striscia la Notizia è sostanzialmente uno: non è stata mai messa in discussione. Non ha mai convissuto con il senso della precarietà, quella percezione di provvisorietà che avrebbe potuto consentire a Mediaset di immaginare un rinnovamento, uno spostamento, una rimodulazione dello show.
Tutto uguale, da trentasette anni. E dispiace doversi ripetere in un concetto già espresso: un under 40 non sa cosa mandasse Canale 5 all’ora di cena prima di Striscia. Per un semplice motivo: ha trovato sempre e solo quello. Un prodotto che non ha mai previsto ricambi, se non legati a doppio filo al Gabibbo, come Paperissima Sprint in estate.
Mentre altrove si testavano, chiudevano, sperimentavano e addirittura si mettevano in naftalina format, Striscia non si è mai mossa. Immobile dal 1988, da ancora prima che il Muro di Berlino venisse giù.
L’unica modifica riscontrabile c’è stata per estensione. Da tg satirico di venti minuti o mezzora, si è passati ad un contenitore da un’ora, utile solo a posticipare fino all’impossibile l’avvio della prima serata dell’ammiraglia Mediaset.
Nella perfetta emulazione del compianto Zamparini, che nel calcio cambiava allenatori come fossero calzini, Antonio Ricci fa lo stesso con i conduttori. Non più due coppie granitiche, chiamate a passarsi il testimone al termine della settimana sanremese (fino ai primi anni duemila funzionava così), bensì sostituzioni a valanga e sperimentazioni di figure affiatate e altre decisamente improvvisate.
Il confine tra un prima e un dopo fu tracciato nel 2004, quando Affari Tuoi detronizzò una trasmissione che fino a quel momento aveva divorato e ingoiato ogni avversario. Una supremazia assoluta che, per contrasto, rese più rumorosa la perdita dello scettro, vissuta letteralmente come uno shock. Striscia, da lì in poi, ha smesso di guardarsi l’ombelico e ha avviato una eterna battaglia contro Rai 1, che nel frattempo iniziava a primeggiare pure con altri prodotti. Quindi ecco i citati sforamenti, le mille sostituzioni dietro al bancone e le tante nuove rubriche utili più che altro ad allungare un brodo sempre più insipido.
Le inchieste non mancano e alcune sono anche di spessore. Al contempo però si assiste ad un inseguimento costante dell’attualità che raggiunge il suo apice con la consegna del Tapiro da parte di Valerio Staffelli. Insomma, il più delle volte si cavalcano ‘titoli’ forniti da altri, al netto dei fuori onda ‘regalati’ da Andrea Giambruno un anno fa che rappresentano, di fatto, l’ultimo lampo in ordine di tempo.
Ci si domanda dunque se, in un access che tende ad ‘allargarsi’, non sarebbe magari opportuna una rilettura opposta, che avrebbe del rivoluzionario: una durata ridotta, dimezzata, asciugata dai mille fronzoli, che consenta alla fascia post-tg di accogliere altre offerte in ‘coabitazione’. O magari di tentare l’impensabile: ossia far cominciare la prima serata alle 21.10, rinunciando ad una sfida ad Affari Tuoi che non ha più la possibilità di esistere.