Oliviero Toscani e l’intervista a In Onda di un mese fa. Una lezione di rispetto
Oliviero Toscani era stato intervistato da Luca Telese a In Onda un mese fa. Nessuna esibizione della malattia, nonostante il giornalista ne fosse al corrente, bensì un omaggio alla persona e al professionista
Oliviero Toscani aveva già parlato. Ed era già apparso, in video, esattamente un mese fa. Accadeva a In Onda il 29 luglio, su La7, con Luca Telese che si era recato nell’abitazione del celebre fotografo per un faccia a faccia a tutto campo, nel corso della quale non erano mancati ricordi e aneddoti sulla propria professione.
Telese ovviamente sapeva tutto. Della malattia, delle difficoltà motorie, della situazione di precarietà fisica in cui versava Toscani. Eppure tacque, eliminando ogni sofferenza visibile ad occhio nudo che avrebbe potuto assicurare al conduttore un vero e proprio scoop, che oggi invece tutti riconoscono ed attribuiscono al Corriere della Sera.
Telese avrebbe avuto dalla sua la forza delle immagini e non l’ha sfruttata, così come avrebbe potuto puntare su quella confessione che tutti i siti ora stanno rilanciando. Ha optato per il rispetto, per l’omaggio alla persona, per la realizzazione di quello che a tutti gli effetti può essere un testamento filmato di Toscani da riguardare in futuro. Si spera il più tardi possibile.
Toscani, dal canto suo, non fece mai riferimento all’amiloidosi, esibendo tuttavia un velo di malinconia quando accennò alla vecchiaia: “Nella mia generazione c’era solamente il futuro. Sono stato giovane fino al giorno prima di diventare vecchio. Fino ad 80 anni ho lavorato come uno di 30. Poi una mattina mi sono svegliato e avevo 80 anni. La nostra era una generazione di immortali, guarda i Rolling Stones, Bob Dylan. Ho vissuto i più begli anni dell’umanità”.
Conoscere, ma non rivelare. La linea scelta all’epoca da Telese potrebbe sembrare l’antitesi del giornalismo. E’ al contrario una medaglia da esporre con orgoglio, un vanto che, tra l’altro, nulla ha tolto ad un confronto schietto capace di concentrarsi sull’anima ancora vitale e rivoluzionaria dell’intervistato.
“Provocare è una parola fantastica, positivissima”, spiegò Toscani. “Si provoca interesse, critica, ragionamento. Se il tuo lavoro d’artista non provoca, a cosa serve? Se non provochi non sei un artista. La fotografia è un’azione socio-politica; è la memoria storica dell’umanità. Da quando c’è la fotografia esiste la realtà umana, prima non c’era, veniva raccontata”.
Probabilmente l’ultimo ruggito del leone che decise di non mostrarsi ferito all’occhio della telecamera. Un leone che non rinunciò ad azzannare l’avversario (“La Meloni non ha mai detto di essere antifascista. Non dirlo significa che sei fascista, c’è poco da fare“) e che grazie a questo riuscì a sentirsi al centro del ring. A sentirsi semplicemente vivo.