Riccardo Corsi: “Fui costretto a lasciare Pechino Express. Lo scherzo a Del Debbio? Non firmò la liberatoria”
Riccardo Corsi partecipò alla prima edizione di Pechino Express e si ritirò dopo la prima puntata: “Un risciò mi si ribaltò addosso, mi misero quaranta punti in fronte. Sperai di poter tornare negli anni successivi, ma sparirono”. Su Scherzi a Parte: “Anche quelli a Costanzo e Shevchenko non andarono in onda”
Un’apparizione fugace, ma entrata ugualmente nella storia. Perché Riccardo Corsi fu il primo concorrente a ritirarsi nella primissima edizione di Pechino Express. Ingaggiato assieme all’allora compagna Carla Carlesi, formò con lei la coppia dei Promessi Sposi, che abbandonò la gara dopo la puntata d’esordio, a causa di un grave incidente che lo vide protagonista.
“Erano indecisi se arruolarmi tra i vip o meno”, racconta a TvBlog Corsi, che prima di quell’avventura era apparso in televisione più volte, grazie alle collaborazioni con Le Iene e, soprattutto, Scherzi a Parte.
Già, gli scherzi. Una passione per il sessantatreenne empolese. Anzi, quasi una missione di vita. “Assieme a mio fratello e ad un altro amico ne abbiamo organizzati tantissimi in città, specialmente il primo di aprile. Erano diventati un rituale. Avevo una tipografia e lasciammo delle multe false sulle auto parcheggiate. Un’altra volta ci inventammo addirittura la presenza dei batteri nell’acqua potabile che usciva dai rubinetti. Piazzammo 7 mila cartelli fuori dalle abitazioni e informammo le persone che si sarebbero dovute recare alla municipalizzata con un campione d’acqua. Ci fu un intasamento, senza contare che i supermercati terminarono presto le scorte di acqua naturale”.
Beffe crudelissime, eppure mai una denuncia ricevuta: “Non ci è mai accaduto, erano scherzi giocosi e divertenti, i giornali erano nostri complici. Lo scopo era goliardico. Nel caso delle multe ci inventammo motivazioni assurde, come l’errata esposizione del bollo. La gente si recò in Comune incazzata per protestare”.
Ci andavate giù duro.
Ci aiutò un avvocato, che ci consigliò di rendere evidente la burla. E noi lo facemmo. Empoli diventò ‘Enpoli’, il corpo di polizia si trasformò in ‘corpo di pulizia’, inoltre il logo del Comune presentava un pesce ed un amo. Di fronte ad un’eventuale denuncia avremmo facilmente dimostrato la chiarezza dello scherzo.
Tutto questo accadeva negli anni novanta?
Sì, ne parlarono i telegiornali e ci cercarono i canali nazionali. Un programma di Canale 5 ci fece raccontare la nostra storia e fummo ribattezzati gli Amici Miei degli anni novanta. In effetti lo eravamo. Il servizio però non fu mai trasmesso.
Come mai?
Venni notato da un autore di Scherzi a Parte che non voleva farmi esporre a livello mediatico. In questo modo sarei tornato utile come attore. Nacque una collaborazione e più volte i miei racconti sono stati da spunto. Sia le candid che gli scherzi li ho sempre vissuti come un divertimento, non come un lavoro. Facevo la cosa che più amavo.
Quando approdasti a Scherzi a Parte?
Nel 1996. Non sono mai stato riconosciuto, ma ad un certo punto dovetti smettere. La gente cominciò a fermarmi per strada per chiedermi l’autografo. In un’edizione la Marcuzzi, che conduceva Le Iene, svelò di essere una mia fan. Le risposi ironicamente di fissarmi un appuntamento con Davide Parenti e così fu. Mi presentai assieme ad un collega e ci presero, ma girammo appena tre servizi per via di un malinteso sul ruolo che avremmo dovuto ricoprire.
Riavvolgiamo il nastro: Pechino Express. Come foste contattati?
Non ci fu alcun casting, fu tutto casuale. Eravamo stati contattati dalla Rai per un progetto ad Empoli e mi dissero di prenotare un ristorante. Preferii portarli a casa mia. Cenammo e tra i presenti c’era pure una segretaria di produzione che si sarebbe dovuta occupare del nascente Pechino Express. Vedendo me e la mia compagna di allora, si innamorò. Ci contattarono verso maggio, a ridosso della partenza. Svolgemmo un colloquio e preparammo rapidamente le valigie.
Trattandosi della prima edizione, per voi fu un salto nel buio.
Ci illustrarono la trasmissione in maniera sommaria, descrivendoci lo scenario, ossia che ci saremmo spostati tra l’India, il Nepal e la Cina e che avremmo avuto a disposizione un euro al giorno ciascuno. In compenso, ebbi modo di informarmi sul web raccogliendo le informazioni dall’edizione francese.
Partiste nel mese di giugno.
Trovammo un caldo pazzesco. Alle 7 di mattina ci svegliavamo con 40 gradi all’ombra. Bevevo 12 litri d’acqua al giorno e non riuscivo a fare pipì. Nonostante le temperature assurde, le nostre maglie rimanevano asciutte perché il sudore evaporava.
Come fu il rapporto col resto del cast?
Li conoscemmo a Roma, passammo assieme una settimana prima di partire. Anche in quella circostanza ne approfittai per scherzare: scesi dall’auto con un tutore alla gamba, facendo credere che me la fossi rotta. Andarono tutti nel panico, fino a quando non cominciai a correre. Trovammo un clima positivo, le veline Federica Nargi e Costanza Caracciolo erano stupende e anche Emanuele Filiberto, che condusse quella prima edizione, mi stupì. Era un ragazzo molto più semplice e piacevole di come appariva. All’inizio avevo un pregiudizio negativo su di lui. L’unico scontro che mi torna in mente è quello con Simona Izzo. Avevamo intercettato entrambi un autobus e lei ordinò all’autista di non farci salire.
Arriviamo all’infortunio.
Accadde il terzo giorno. Stavo spingendo un risciò in salita e si ribaltò, colpendomi sulla fronte. La ferita venne fuori per esplosione, nel senso che ci fu una forte pressione interna che la fece aprire. Il taglio fu sottilissimo, come un capello, ma subii una perdita emorragica importante. Corsi un vero pericolo, mi misero quaranta punti appena sotto i capelli. Il segno si vede ancora, ho una riga di venticinque centimetri.
C’era una copertura assicurativa?
Non per quel tipo di incidente. Era prevista per le fratture, ma non per i danni estetici. La produzione fu gentilissima, venni portato in ospedale e, successivamente, in una clinica privata dove effettuai mille esami. Mi venne proposta una plastica facciale, l’avrebbero pagata loro. Rifiutai, dato che il segno sarebbe stato coperto dai capelli. Riferii che avrei preferito avere una seconda chance e tornare in gara l’anno dopo. A loro sembrò un’idea carina, però ad un certo punto non riuscii più a contattare nessuno. Ci rimasi malissimo, a tal punto che non ho più voluto vedere Pechino Express nelle edizioni successive. Mi faceva rabbia.
Senza quell’incidente come pensi che sarebbe andata?
Ci stavamo comportando bene e mi stavo divertendo parecchio. Ci imbattemmo in una realtà molto più dura di come ce l’avevano descritta, ma mi piaceva. Ho dei rimpianti, purtroppo non sono riuscito a vivermi l’esperienza. Se potessi, la rifarei dieci-mille volte. Evitando accuratamente i risciò.
Il cachet a quanto ammontò?
Per quel che mi riguarda, prendemmo 250 euro a testa, ovvero il compenso relativo ad una singola puntata. Ci hanno riconosciuto la prima. Non so quale fosse la situazione dei colleghi.
Al rientro in Italia come giustificasti i quaranta punti in fronte?
Portavo solo un grosso cerotto. Spiegai che mi ero fatto male camminando nel bosco. Non potevamo raccontare nulla di Pechino Express, ovviamente. Verso settembre ci consigliarono anche di farci vedere il meno possibile in giro. La sensazione che dovevamo dare era quella di una diretta.
Hai più rivisto gli altri concorrenti?
Ci fu una rimpatriata, una festa di fine produzione. Ci ritrovammo tutti in un ambiente serenissimo.
La versione televisiva rispecchiò il reale andamento della gara?
Direi di sì. L’unico difetto, a mio avviso, è stato quello di non sottolineare la sofferenza. Dalla tv sembrava che, una volta in strada, le auto si fermassero subito. Nient’affatto. Aspettavamo per ore, non mangiavamo nulla, dormivamo in posti proibitivi, con i topi in vista. Pure il mio incidente fu trattato in modo marginale.
Torniamo a Scherzi a Parte. Nel 2019 ti intrufolasti tra il pubblico di Dritto e rovescio e ti dichiarasti a Paolo Del Debbio.
Si parlava di visioni e miracoli e confessai che da ragazzo mi rifugiai in seminario a Lucca, dove incontrai quest’uomo bellissimo, per l’appunto Del Debbio, che mi convinse a non farmi prete e a vivere la mia omosessualità. Non fu una bella figura, la burla non venne capita e la mia parve un’uscita strana, assurda. Tornai in paese e molti amici mi chiesero sconcertati cosa mi fosse successo.
Proprio TvBlog svelò che si era trattato di uno scherzo che avremmo visto in televisione nei mesi a venire.
Quell’articolo fu una mezza salvezza, perlomeno la gente capì come stavano le cose. Lo scherzo venne male, non si sviluppò come speravamo. Dopo la diretta mi recai nel suo camerino, il copione prevedeva che gli saltassi addosso e che ad un certo punto tirassi giù i pantaloni. Sulle mutande sarebbe apparsa la scritta ‘Scherzi a Parte’. Del Debbio non firmò la liberatoria e, di fatto, è rimasto visibile solo quello spezzone andato in onda durante il suo talk.
Uno scherzo che sfuma annulla mesi di lavoro e preparazione.
Esattamente. Lo scherzo a Del Debbio partiva da lontano. Mi ero recato in Liguria l’estate precedente dove si trovava in vacanza. Lo avevo avvicinato e gli avevo riferito che ero stato nello stesso seminario che aveva frequentato lui e che avevo delle foto da mostrargli. Si era incuriosito e mi aveva invitato. Con gli autori avevamo lavorato parecchio, ricostruendo nel dettaglio episodi e situazioni.
Altri scherzi che non hanno mai visto la luce?
Uno a Maurizio Costanzo. Organizzammo un finto convegno di suoi sosia e uno di loro, uguale a Maurizio, picchiava un cameriere, con la colpa che ricadeva su di lui. Non ricordo perché venne scartato, forse Costanzo si era accorto che qualcosa non quadrava. Un’altra volta, invece, la vittima era Shevchenko. Aveva da poco vinto il Pallone d’Oro e mettemmo in piedi un finto giro di prostituzione, con annesso falso servizio del Tg5 che lui guardò a casa di Costacurta, che era uno dei complici. Io interpretavo un giornalista di Mediaset che arrivava con una troupe per chiedere una smentita. Si impaurì e si mise addirittura in contatto con il governo ucraino. Shevchenko è una persona meravigliosa, carina, ma non accettò di diffonderlo.
L’elenco di vip ‘colpiti’ è lunghissimo.
Ne avrò girati più di quaranta e quello a Elisabetta Canalis, in cui ero un maniaco nudo che girava attorno alla sua auto, detiene il record del più visto in rete.
A proposito di calcio, tra il 2005 e il 2007 partecipasti a Bar Stadio, sitcom di Paramount Comedy dove vestivi i panni di un tifoso della Fiorentina.
Fecero interpretare il tifoso viola a me che sono empolese, ex giocatore dell’Empoli e cugino del presidente dell’Empoli. E’ stata dura, ma se sono risultato credibile significa che sono stato un grande attore (ride, ndr). Assieme a me c’erano l’interista Bebo Storti, il milanista Ugo Conti, lo juventino Max Pisu e il romanista Alessandro Di Carlo e giravamo quasi in tempo reale. Spesso era buona la prima. Avevamo un canovaccio, ma potevamo muoverci in libertà, volevano l’improvvisazione.
Nella tua vita sei stato anche ristoratore.
Adesso non più. Avevamo un ristorante dove si facevano cabaret, intrattenimento e, manco a dirlo, tanti scherzi. All’ingresso avevamo posto il cartello di divieto di accesso ai permalosi. Appena entravi trovavi un finto cadavere per terra con un coltello conficcato nella schiena e, di fianco, la scritta ‘non aveva lasciato la mancia’. Una bella parentesi, archiviata anni fa.
Non ti sei fatto mancare nemmeno l’impegno politico.
Sono stato segretario provinciale dell’Italia dei Valori, un dipietrista della prima ora. Non mi trovai d’accordo con la decisione di confluire nel Partito Democratico e mollai.
Nel 2014 ti candidasti a sindaco di Empoli.
Fu una finta. Volevo fare uno sgarbo al mio vecchio partito. Creai la lista Empoli Rialzati senza mai raccogliere le firme. Mi ritirai all’ultimo.
Oggi di cosa ti occupi?
Compro immobili all’asta e li rivendo. Attualmente sto scrivendo un thriller, che terminerò entro giugno. Non ho particolari ambizioni di vendite, la considero una soddisfazione personale.
E con la tv hai chiuso?
Il rapporto si è concluso per assenza di richieste, sostanzialmente. Esclusa la parentesi con Del Debbio, non potevo più essere sfruttato per gli scherzi. Anche l’età penso che non aiuti. Qualche tempo fa scrissi un programma di viaggi che fu approvato da Magnolia. Il covid, tuttavia, ha mandato tutto in frantumi. Ho perso le speranze, pur restando disponibile per nuove avventure.