Supersex, il viaggio dell’eroe Rocco (che su Netflix trova la libertà dai doppi sensi della tv che lo ha ospitato): la recensione
Per niente gratuitamente volgare, la serie di Francesca Manieri esplora la vita di un ragazzo diventato uomo compiendo un viaggio di formazione inaspettato ma che funziona
In un panorama televisivo in cui, ammettiamolo, è stato raccontato tutto, cosa mancava? Supersex trova la sua risposta in un mix che mai avremmo pensato di vedere ma che, visti tutti e sette gli episodi della serie di Netflix, funziona: la vita di un pornoattore raccontata come se fosse quella di un supereroe.
Supersex, la recensione
Nessuna scorciatoria per Rocco, ma una superhero story
Lo sguardo originale sul mondo di Francesca Manieri lo avevamo già incontrato in altre serie capaci di distinguersi dalla massa, come We Are Who We Are ed Anna. In Supersex, la sceneggiatrice fa ancora una volta centro, evitando tutte le possibili scorciatoie che la vita di Rocco Siffredi e soprattutto il suo mestiere avrebbe potuto offrire.
La scelta è stata invece quella, paradossalmente, di raccontare la storia facendole rispettare dei canoni ben precisi di un genere, quello dei superhero movie. Sì, avete capito bene: Supersex altro non è che un racconto di formazione con protagonista un eroe, alle prese con un superpotere, un villain (Adriano Giannini) ed una donzella da salvare (Jasmine Trinca).
Rocco Tano diventa all’occorrenza Rocco Siffredi, ma cosa succede quando la maschera prevale sulla persona? Ecco che Supersex racconta un viaggio dell’eroe, ma di andata e ritorno: la partenza del giovane protagonista, ancora ignaro del suo destino, ed il ritorno alle sue origini, una volta scoperto il suo posto nel mondo.
Alessandro Borghi va oltre il gratuitamente volgare
Resteranno delusi coloro che in Supersex speravano di trovare scene al pari di quelle interpretate nella realtà da Siffredi: sebbene sia ovvio che una serie del genere abbia dovuto inserire momenti che solo una piattaforma -libera da censure- si sarebbe potuta permettere, va anche precisato che suddette scene riescono sempre ad essere funzionali al racconto, mai eccessive o gratuitamente volgari.
Lo sforzo di Alessandro Borghi è stato notevole: sapevamo già del suo talento, ma in Supersex dimostra ancora una volta come la sua versatilità possa essere messa al servizio di qualsiasi racconto e tono. Così, mentre il suo Rocco esplora il mondo dell’hard con la mente e con il corpo, Borghi restituisce al pubblico un senso di confusione misto a una continua ricerca del proprio io, degno di ogni supereroe che si rispetti.
Rocco è finalmente libero dal sistema dei doppi sensi
Mai avremmo pensato di dirlo, ma è così: la nascita del personaggio Rocco Siffredi nel racconto presentato da Netflix riesce a spostare l’ago della bilancia dall’oggettificazione del corpo maschile e femminile alla concretizzazione dei fantasmi che ognuno di noi deve affrontare durante la sua crescita. E poco importa se quanto vediamo sia realmente accaduto o no (si parla di serie “liberamente ispirata”): a fine visione resta un piacevole senso di completezza e di chiusura.
Supersex ha anche un altro merito: quello di riuscire a regalare a Rocco Siffredi la libertà di essere se stesso senza più dover scendere a compromessi con un sistema che fino ad oggi lo ha incluso solo per alimentare un racconto pruriginoso del sess0 basato su doppi sensi e morbose curiosità. Ora il supereroe Rocco può davvero tornare a casa contento e soddisfatto di avere trovato un proprio posto dignitoso anche là dove fino ad oggi gli era stato riservato uno spazio a misura di battuta.