Il Fantasanremo ha stufato. Il problema dell’eccezionalità che diventa regola
La baldoria e i diversivi sono un toccasana se rappresentano un punto di rottura, una fase di ricreazione dopo ore di studio e concentrazione. Quando invece diventano prassi e norma, c’è da preoccuparsi. E non tirate in mezzo la Gialappa’s
Il Fantasanremo è come quell’amico simpatico ed estroverso che la butta sempre in caciara. Ti diverte una volta, ti diverte due volte, ti diverte tre volte, ma alla quarta vorresti liberartene, sperando di averlo nell’immediato centinaia di chilometri lontano da te.
Il motivo? Presto spiegato: la baldoria e i diversivi sono un toccasana se rappresentano un punto di rottura, una fase di ricreazione dopo ore di studio e concentrazione. Quando invece diventano prassi e norma, sorge il problema. Perché se tutto è cazzeggio, nulla più è cazzeggio. Nel senso che quell’impronta assume il ruolo di titolarità, di stile ufficiale di una manifestazione.
Amadeus è stato definito, giustamente, il più ‘baudiano’ dei conduttori di Sanremo. Con la differenza che Pippo Baudo ha sempre rivendicato la sacralità del Festival, ponendo rigidi paletti che non potevano, e non dovevano, essere oltrepassati. Un dettaglio evidenziato pure da Alexia, trionfatrice nell’edizione 2003: “Oggi noto qualcosa di diverso, un tempo c’era più istituzionalità”, affermò a Tv Talk. “Non ci sentivamo così liberi di esprimerci completamente. Certo, può essere un bene o un male, ma un pochino di magia in questi anni si è persa”.
Il Fantasanremo divertì due anni fa, in quanto inedito, imprevisto. Tuttavia, già a metà del percorso si cominciò a percepire una sensazione di rigetto, di desiderio di ritorno alla normalità.
Ispirandosi al Fantacalcio, si possono creare squadre composte da cantanti che ottengono bonus e malus in base a determinati criteri. L’errore, probabilmente, è stato quello di non limitare il tutto alla gara e ai vari pronostici, optando al contrario per un allargamento a qualsiasi azione, anche la più estrosa.
E così ecco le flessioni a terra, il ‘batti il cinque’ o l’abbraccio al padrone di casa, l’uso della parola ‘papalina’, i bouquet di fiori consegnati ai direttori d’orchestra, la scopa sul palco in onore a Gianni Morandi. Una lista lunghissima, interminabile, con gesti specifici spesso legati a dei brand.
Si perché nel frattempo il Fantasanremo è cresciuto, trasformandosi in una realtà imprenditoriale a tutti gli effetti, che può vantare ben sedici sponsor e quattro partner, tra cui Radio 2 e Rai Pubblica Utilità. A riprova di come un gioco innocente sia ben presto mutato in altro, accreditandosi come parte strutturale della manifestazione.
Va detto che i promotori non si erano inventati nulla: stabilire azioni o siparietti sul palco, in modo da evocare un chiaro marchio di riconoscibilità, fu oltre vent’anni fa l’obiettivo primario della Gialappa’s Band. Con la sottile differenza che all’epoca l’atto voleva essere ‘sovversivo’.
Nel 2001 vennero convinti i Sottotono a donare a Raffaella Carrà gli slip dell’inviata Flavia Cercato, mentre nel 2003 si innescò il tormentone ‘Situescion’, pronunciato dagli artisti a inizio o fine esibizione. Baudo prima abbozzò, poi – rivolgendosi sempre alla Cercato, presente in giuria – si concesse un commento tra l’indispettito e il rassegnato.
La missione a quel punto era compiuta, il castello era stato espugnato. E senza bisogno di pubblicità a sostegno.
Tanto bastava per provare il gusto dell’impresa, dello scacco matto al re. Peccato che in questo caso il re sia addirittura complice. Qualcosa non torna.