Alessandra Bellini: “Diventai celebre a 15 anni con lo spot della Sip. Oggi doppio Zuleyha in Terra Amara”
Alessandra Bellini: “Tutti si ricordano del mio spot, probabilmente perché interpretavo un’adolescente che era al telefono con due ragazzi. In Terra Amara mi diverto tantissimo. Se non mi fossi avvicinata al doppiaggio forse avrei insistito di più con cinema e fiction”
Ripercorriamo insieme un momento indimenticabile della storia della pubblicità, in un’epoca dove ancora non esistevano cellulari, sms o app di messaggistica. “Mi ami? Quanto mi ami? E mi pensi? Quanto mi pensi?”, queste le parole iconiche che una giovane Alessandra Bellini recitava nello spot SIP del 1994, interpretando una ragazzina che, con innocente insistenza, cercava di capire la sincerità dell’amore dei suoi corteggiatori. Lo spot della Sip, l’antenata di Telecom, ha immortalato Alessandra, la quale, grazie alla funzionalità dell'”avviso di chiamata”, manteneva un divertente gioco di seduzione con i suoi pretendenti Marco e Andrea, mentre il resto della famiglia attendeva con impazienza la fine della sua chiacchierata telefonica.
Se è vero che prima di lei c’era stata Yvonne Sciò, è altrettanto innegabile che nell’immaginario collettivo è rimasto il volto di Alessandra: “Sì, tutti ricordano il mio spot – ammette la Bellini a TvBlog – probabilmente perché interpretavo un’adolescente che era al telefono con due ragazzi. Pur essendo una trovata simpatica, fece scalpore e generò tante polemiche. Ero in vacanza con i miei genitori quando scoprii di essere finita in prima pagina sul Messaggero. Mi accusarono di non essere un buon esempio per le mie coetanee. Ad ogni modo, quella pubblicità mi portò fortuna e tanto lavoro”.
Intervista ad Alessandra Bellini
La collaborazione con la Sip durò parecchio.
Quattro anni. All’epoca partecipavo al programma di Rai 1 Tutti a casa con Pippo Baudo e la famiglia che recitava con me in tv venne scritturata dalla Sip per farla diventare tale anche nello spot. Nella testa di molti rimasi a lungo la 15enne della Telecom. In seguito non fu facile partecipare ai provini perché mi ritenevano un volto troppo riconoscibile e associabile a quel contesto.
Come si è avvicinò al mondo dello spettacolo?
Cominciai già nel 1988 con una pubblicità della Dixan. Ero a scuola di danza ed arrivarono delle persone alla ricerca di alcune adolescenti che sapessero parlare bene. Tra tante scelsero me. Mi recai a Milano, accompagnata da mio padre. La donna che interpretava mia madre nella reclame era un’agente e mi chiese se mi sarebbe piaciuto fare altre esperienze. Risposi di sì e iniziai a svolgere vari provini. Poco dopo venni scelta per recitare al fianco di due grandi come Mariangela Melato ed Ennio Fantastichini nella serie tv Una vita in gioco.
Nel 1995 arrivò la parte di Valeria, la figlia di Enrico Montesano in Pazza Famiglia.
Partecipai ad entrambe le stagioni, fu un periodo splendido e ho ricordi meravigliosi di Enrico, ma soprattutto di Paolo Panelli, che interpretava mio nonno. Lo diventò per davvero, abitavamo vicini e lo andavo spesso a trovare. Nacque un bellissimo rapporto.
Nello stesso anno partì l’avventura ne La Banda dello Zecchino, trasmissione che condusse per cinque edizioni.
Tante persone sono cresciute con me. Era una bella televisione che si rivolgeva ai più piccoli. Escluso Lo Zecchino d’Oro, oggi non ci sono più trasmissioni del genere nella generalista. Tutto è limitato ai canali dedicati. Registravamo le puntate all’Antoniano di Bologna durante la settimana e andavamo in onda nel weekend. Fu un buon trampolino per la mia carriera.
Nel 2001 fu la volta di Zona Franka, su Rai 3.
Impersonavo Franca Floppy, mi sono divertita come una pazza. Facevo quello che volevo, era una trasmissione intelligente dove i ragazzi interagivano. Realizzavamo speciali da Sanremo, dalla città della Scienza. Proponevamo un sacco di cose fighe.
Fu l’ultima esperienza nella tv dei ragazzi. Poco dopo, infatti, sbarcò a Top of the Pops.
Un’altra splendida avventura. Registravamo un po’ a Milano e un po’ a Londra. Mi preparai molto, andai per un periodo in Inghilterra a studiare l’inglese. Dovevamo intervistare grandi artisti internazionali, fu una bella sfida. Già c’era l’emozione di incontrare le star della musica, in più si aggiungeva la problematica della lingua.
L’emozione più grande?
L’intervista ai Coldplay. Ero una fan accanita di Chris Martin.
Per chi conduce programmi per bambini esiste il rischio di rimanere incastrati nel ruolo?
Assolutamente sì. Mi viene in mente Mauro Serio, che a mio avviso era un fuoriclasse. Ci sono mille dinamiche che intervengono in una carriera: l’agente giusto, trovarsi nel posto esatto nel momento esatto, la fortuna, le ambizioni. Ma ognuno ha la sua storia, non esiste una regola uguale per tutti.
Nel suo caso, qual è stata la principale difficoltà?
Sono stata la figlia di tutti. Figlia nello spot della Sip, figlia di Montesano in Pazza Famiglia, figlia di De Sica in Tifosi, figlia di Calvi ne I banchieri di Dio. E’ stato complicato sganciarmi da questo ruolo. Interpretavo l’adolescente anche se ormai avevo 23-24 anni.
Ha comunque continuato a recitare in parecchie fiction.
Ho partecipato a Tutti pazzi per amore, Distretto di Polizia e Squadra Mobile. Poi mi sono dedicata al teatro. Pian piano c’è stato un distacco naturale dalla televisione, fino a quando è arrivato il doppiaggio, di cui mi sono profondamente innamorata. Non era un’esperienza completamente nuova, l’avevo già fatto tante volte con le serie tv in occasione della correzione delle scene che erano venute male.
La scintilla come è scoccata?
Grazie al mio compagno Gianluca (Cortesi, ndr), che aveva cominciato prima di me. Attraverso lui ho potuto vivere di più quell’universo e mi è stato possibile apprezzare il modo diverso di utilizzare la recitazione. E’ una specializzazione del ruolo dell’attore, con un ostacolo aggiuntivo: devi fornire qualcosa di tuo a qualcosa che è stato già realizzato da altri, senza tradire la forma originale. Devi cercare di capire cosa è stato fatto da un altro attore, riportando quelle emozioni in un’altra lingua.
Pino Insegno ama ripetere che “per essere un bravo doppiatore bisogna essere prima un bravo attore”. Concorda?
Certo. Non puoi restituire una performance attoriale se non sei un attore. Il doppiaggio è una specializzazione, ci sono maggiori difficoltà perché devi rispettare le intonazioni e le espressioni di un’altra persona. Devi addirittura respirare come lui. Una come Nicole Kidman potrebbe doppiarla una che non è un’attrice? Il bello di questo mestiere è che è altamente meritocratico.
Il doppiaggio italiano è considerato tra i migliori al mondo, ma allo stesso tempo è spesso criticato da chi predilige le versioni originali.
Sono polemiche ridicole. Se uno vuole, può tranquillamente vedere un film o una serie in lingua originale. Ormai basta spingere un tastino sul telecomando. Per quel che mi riguarda, su tanti attori mantengo la lingua originale, tuttavia una scelta non esclude l’altra. Il doppiaggio credo sia importante per quelle persone che non conoscono le lingue, ma anche per chi vuole assistere alla visione di una produzione in una maniera più rilassata e passiva.
I tempi di lavorazione si sono sempre più ristretti. In tal senso può risentirne pure la qualità?
E’ una lavorazione più veloce rispetto al passato. Ovviamente se hai meno tempo la qualità potrebbe risentirne, ma non sono convinta che questa sia diminuita. Lavoro con direttori di doppiaggio molto attenti. In questa fase mi sto divertendo tantissimo con Francesca Bertuccioli, che mi sta dirigendo in Terra Amara.
Nella soap presta la voce a Zuleyha Yaman, la protagonista.
Ho appena iniziato a doppiare la quarta stagione, che inizierà a fine mese. La serie sta spopolando, ha un ascolto pazzesco, la vedono praticamente tutti.
Le capita di essere riconosciuta?
Sempre. Non è più come una volta. Ormai con i social è tutto più facile, tutti sanno tutto. Su Instagram ricevo migliaia di messaggi. Tutto è cambiato rispetto a quando ti riconoscevano a malapena alla cassa del supermercato.
Quanto è difficile doppiare ed adattare la lingua turca?
Lo spagnolo in genere è la lingua più semplice, il turco invece è abbastanza differente dall’italiano. Però abbiamo adattatori che fanno il loro meglio per rendere il risultato ottimale.
Il covid vi ha costretto a lavorare da soli in sala.
Abbiamo sempre lavorato col partner, poi con la pandemia abbiamo dovuto interrompere, dal momento che in sala non potevi doppiare con addosso la mascherina. Fu un periodo molto complesso dal punto di vista della sicurezza, ma sul fronte lavorativo è stato un momento positivo perché c’erano tante produzioni. La gente era bloccata a casa e le piattaforme programmavano molte serie.
Tornando al discorso dell’età, nel doppiaggio sparisce il problema anagrafico o anche la voce invecchia?
No, questo ostacolo non c’è. Può capitare che venga chiesto un allineamento anagrafico e che a qualcuno magari non vada bene che una 30enne presti la voce a una 18enne, ma fa quasi sempre fede l’età vocale.
Il suo allontanamento dai riflettori e dalla recitazione ‘in presenza’ è da considerarsi definitivo?
Non c’è un motivo specifico per cui ho abbandonato i riflettori. Sei anni fa è nato Niccolò, tra l’altro anche lui protagonista in Terra Amara, dove doppia il piccolo Adnan. Si diverte tantissimo. Se non mi fossi avvicinata al doppiaggio forse avrei insistito di più con cinema e fiction. Non nego che il set mi manchi, non escludo un ritorno, chissà. Un lavoro non esclude l’altro, sempre nella speranza che a quasi 50 anni mi propongano di interpretare una madre e non più la figlia.