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Massimo Callegari a TvBlog: “Da 17 anni racconto la Champions League, ma non cerco popolarità e non ho amici calciatori”

L’intervista di TvBlog a Massimo Callegari, telecronista Mediaset: “La Champions League, la conduzione di Pressing e il mio stile silenzioso di racconto”

15 Settembre 2023 07:30

Da martedì torna in tv il fascino della Champions League. Tra i protagonisti del racconto televisivo della competizione di calcio per club più prestigiosa del mondo c’è Massimo Callegari, giornalista ferrarese 46enne (li compie oggi, auguri!) che da 17 anni la racconta sulle reti Mediaset (prima su Premium, ora anche in chiaro su Canale 5). La stagione del telecronista, ex Sportitalia e Dazn, è iniziata in realtà qualche settimana fa con i 32esimi di finale di Coppa Italia e con la conduzione di Pressing con Monica Bertini, ogni domenica in seconda serata su Italia 1.

Tra Pressing e le telecronache devo calibrare le energie, considerando che la domenica sera finiamo tardi e prima delle 4, 4.30 della notte non mi addormento. Lunedì sarò in partenza per Roma per Lazio-Atletico Madrid di martedì 19, che commenterò in diretta su Canale 5. La Champions mi affascina, questa sarà l’anno zero: per la prima volta non ci saranno Messi, Cristiano Ronaldo, Benzema e Neymar. Mi aspetto che si proponga in maniera decisiva il duello tra Mbappè e Haaland e che l’Italia possa avvicinarsi a quanto fatto l’anno scorso, che è stato qualcosa di irripetibile. La prima partita della fase a gironi di Champions per me è come il primo giorno di scuola, è un’emozione speciale, anche se sono 17 anni che la commento. È il torneo di calcio più bello del mondo.

Voi giornalisti sportivi ci avete spiegato per mesi che il calcio italiano è in declino, infatti la Nazionale ha mancato per la seconda volta consecutiva l’accesso ai Mondiali e la Serie A ha sempre meno appeal internazionale. Eppure in tutte le finali delle coppe europee l’anno scorso c’era una squadra italiana. Insomma, quando si parla di calcio vale tutto?

No, non vale tutto. Sul medio-lungo termine c’è una logica. La contraddizione ha riguardato una sola stagione. Per dare un senso alla ripartenza del calcio italiano servono conferme a livello di club, di Nazionale e di movimento generale – resta da risolvere l’annoso problema delle strutture. E quando si parla di parla di stadi non è solo per averne uno più bello per andarci a vedere la partita, ma anche il più bello da mostrare in televisione, con conseguente ricaduta positiva di immagine.

Mi scusi la franchezza: se per strada chiediamo di indicare un telecronista forse il primo nome che balza alla mente non è quello di Massimo Callegari. Eppure da 17 anni lei commenta il calcio al top nelle tv top. La preoccupa questo difetto di popolarità?

Sinceramente sono soddisfatto della percezione che avverto da parte della gente nei miei confronti. Forse è una questione di presidio quotidiano di piattaforme e di canali che non siano per forza quelli televisivi. Forse dipende dalla modalità di conduzione. A Pressing cerco di far valere la mia presenza, ma do grande spazio agli ospiti e penso che per il programma sia la cosa più giusta. Non posso parlare per gli altri, ma nel mio racconto in telecronaca lascio spazio molto alle immagini, agli effetti dello stadio, uso silenzi strategici nei momenti clou. Forse questo dà la sensazione di una presenza un po’ più soft. O forse, semplicemente, il mio metodo di lavoro mi porta a dedicarmi più a studiare tattiche e calciatori che a postare sui social (sorride, ndr).

Pressing la domenica va in onda a partire dalle 23.50, oltre un’ora dopo La Domenica Sportiva…

Il confronto non esiste, l’orario di partenza per la concorrenza è un grande vantaggio. Sono scelte aziendali e io mi sono sempre fidato dall’azienda e ne sono stato ripagato. Sono sicuro che sia la posizione migliore per quel tipo di programma. Certo, potersela giocare alla pari sarebbe ancora più stimolante. Intanto noi siamo cresciuti, lo dicono i numeri, ma anche la riconoscibilità del programma, che ha attraversato situazioni non facili, come il cambio dei talent, perché Tacchinardi e Ferri hanno lasciato in quanto sono tornati a lavorare sul campo e per la scomparsa improvvisa di Mario Sconcerti, che ci ha sconvolto. Quest’anno non sarà facile confermarsi, la scorsa edizione abbiamo chiuso con la media di 400 mila spettatori e l’8% di share, un grande risultato considerando le condizioni di partenza. E con un campionato che a gennaio era praticamente già finito.

 

Massimo Callegari

 

In telecronaca continua a non avere una seconda voce fissa, anche se Roberto Cravero è molto spesso al tuo fianco.

Forse nel finale della scorsa stagione sì, ma rimane l’alternanza. Non avere una seconda voce fissa accanto ha più aspetti positivi che negativi. Con Roberto ho lavorato spesso, c’è un rapporto anche personale, ma alternare ti aiuta a mantenere sempre la mente accesa e alto l’ascolto dell’altro. E comunque i compagni di telecronaca che ruotano non sono tanti: Tiribocchi, Paganin, Cravero, Agostinelli e Camolese.

Domani su Dazn per il derby di Serie A Inter-Milan sarà testata per la prima volta in una partita di calcio ufficiale la telecronaca a tre voci: con Pardo ci saranno sia Ambrosini sia Stramaccioni. Eppure ultimamente le telecronache sono un po’ troppo verbose, salvo qualche eccezione come Sandro Piccinini e… Massimo Callegari.

Sì, è vero, questo me lo ha riconosciuto anche Aldo Grasso per i Mondiali di Russia, mi fa piacere. Non voglio commentare le scelte editoriali degli altri. Faccio un discorso generale: è giusto che ci sia attenzione al tifoso, ma non trovo corretta la scelta di cambiare un telecronista o una seconda voce in base alla squadra che gioca o alla sua simpatia agli occhi dei tifosi. Se la scelta è di natura editoriale, magari per aggiungere un punto di vista in più nel racconto, ci può stare anche se secondo me è molto difficile da mettere in pratica, se, invece, la scelta è fatta per bilanciare e per dare a ciascuna tifoseria una voce allora non la condivido.

Insomma, uno come Massimo Ambrosini, considerato bandiera del Milan, è giusto che commenti le gare di Champions dei rossoneri contro Inter e Napoli, come successo l’anno scorso su Prime Video, nonostante qualche mugugno social.

Ripeto: io non conosco il motivo alla base della scelta di Dazn, non voglio commentarla. Dico che ho apprezzato la scelta di Prime Video. Mi rendo conto che per il tifoso della squadra in cui il talent non ha giocato ci possa essere un pregiudizio o una avversione sportiva comprensibile, però il passo da fare fondamentale è riconoscere e aspettarsi l’onestà intellettuale di chi commenta. Poi se chi commenta non la dimostra nella partita e si lascia trasportare da altri aspetti nel giudicare alcuni episodi delicati, allora si può discutere e contestare. Ma non può essere una cosa decisa a priori, solo perché c’è una sollevazione popolare.

In questo periodo i tifosi sui social la accusano di essere schierato contro quale squadra?

(ride, Ndr) So che l’interazione e i commenti portano seguito e rumore sui social, il meccanismo lo conosco benissimo, ma mi sono quasi sempre chiamato fuori, talvolta anche limitando i commenti ai miei post. A me non piace essere influenzato da quello che leggo, quindi cerco di limitare la mia esposizione. Non so adesso quale sia il mood… Posso dire che purtroppo il tifoso fatica ad accettare la realtà o a riconoscere che noi commentiamo e e giudichiamo qualcosa che succede.ì. Se la Roma di Mourinho fa un punto in tre partite e si anima il dibattito su quello è inevitabile, non è che siamo partiti da una situazione in cui ha vinto tre partite e noi la picchiamo. Lo stesso vale per la Juventus dell’anno scorso, un caso che abbiamo trattato praticamente ogni settimana perché ogni settimana ne succedeva una. Su questo ho raggiunto la pace dei sensi, perché sono convinto della mia onestà intellettuale. Poi è chiaro che nessuno parte da zero conoscenze, ma ho letto “Pensieri lenti e veloci” di Daniel Kahneman, un grande manuale sull’emotività e cerco sempre di affrontare le cose con distacco e di perseguire l’equilibrio. A Pressing, in questo senso, lavoriamo per inserire nelle discussioni tutti i punti di vista.

Lei è tifoso della Spal, diciamolo.

La sera di Napoli-Lazio che ho seguito per lavoro avevo il tablet affianco con Spal-Vis Pesaro di Serie C… praticamente un atto di fede dopo questi anni incredibili, in cui abbiamo disperso il grande patrimonio della Serie A e della Serie B.

Da telespettatore non le è mai capitato di ascoltare una telecronaca e di notare una parzialità? 

Diciamo che io conosco situazioni che il telespettatore non conosce e capisco se il giudizio è dato perché c’è un rapporto particolare con un calciatore. Questo umanamente può incidere. A volte ci può essere una maggiore immotivata enfasi o magari si glissa su una certa situazione. Non deve succedere: io ne sono sempre stato fuori, sin dai tempi in cui commentavo su Sportitalia le partite del calcio sudamericano. Anche se sapevo che da quelle parti nessuno mi sentiva, io rispettavo sempre giocatori, allenatori e arbitri. Troppo facile andare pesanti nei giudizi e denigrare le squadre estere, tanto i “loro tifosi non ci ascoltano’. Bisogna avere equilibrio, cosa che permette di essere molto più deciso nei giudizi.

Lei non ha amici tra i calciatori? 

No.

Contratto con Mediaset in scadenza. Il suo futuro è legato ai diritti tv?

Ho sempre scelto di fare il freelance, non sono mai stato dipendente. Ora siamo all’inizio di una stagione piena di impegni, quindi non ci penso. Tra sei-dieci mesi parleremo di rinnovo. Da 17 anni sono legato a Mediaset, con cui ho un altro anno di contratto e io ragiono in funzione di quello che deciderà Mediaset in termini di diritti tv. Il primo pensiero non è: “io voglio commentare quella competizione e allora vado a bussare alla porta di chi ne detiene i diritti tv”. Il primo pensiero è: ” cosa farà questa azienda che mi ha fatto crescere e mi ha dato una completezza che è rara, essendo ad un livello alto di conduzione di un programma importante e di telecronista di Champions League”. Mediaset conosce le mie esigenze e le ha sempre rispettate. Abbiamo sempre trovato una soluzione di reciproca soddisfazione, in questo momento sono convinto che sarà ancora così.

A proposito di diritti tv: Atalanta-Monza di Serie A di sabato 2 settembre su Dazn è stata vista da 30 mila telespettatori. È vero, in contemporanea si giocava la partita di cartello Napoli-Lazio, ma non sono numeri un po’ troppo bassio?

Questa non è una domanda, è lo spunto per un trattato (ride, Ndr). Conosco gli ascolti, li seguo sin dai tempi di Premium. Non mi sorprendono. Per valutare gli ascolti bisogna considerare tanti elementi che incidono: la concorrenza, il canale di trasmissione e la differenza tra pay tv e chiaro (la Coppa Italia su Mediaset va benissimo anche quando la partita non è di prima fascia), l’andamento della partita, la tendenza dei giovani a guardare anche molto calcio internazionale, l’orario e la distribuzione delle gare nel corso della settimana che inevitabilmente porta ad una dispersione di pubblico: non si può guardare tutte le sere il calcio in tv!

Chiudiamo con i pronostici, in modo che a maggio potremo rinfacciarle eventuali cantonate. 

(ride, Ndr). Per la Champions, pur sperando nelle italiane, dico Paris Saint Germain, Mbappè ha bisogno di un riconoscimento di squadra. Per l’Europa è molto difficile, perché dopo i gironi arriverano altre squadre, sentiamoci a gennaio. Per la Conference idem, anche se vedo molto bene la Fiorentina, se riesce a sistemare i limiti difensivi. Per la Coppa Italia direi finale Inter-Juventus. Per la Supercoppa, che avrà una nuova formula con Napoli, Fiorentina, Inter e Lazio, direi, ad oggi, Inter.