Ore 14, Milo Infante inaugura la stagione a caccia di “imbecilli” non andando oltre l’indignazione
Il rotocalco è tornato su Rai 2 con la quarta edizione.
“Si può dire ‘imbecilli’ a quest’ora?”, chiede un indignato Milo Infante ai suoi ospiti non riuscendo a trovare altre parole per definire le persone che hanno causato dei gravissimi incidenti stradali pur di riprendersi sui social. Naturalmente era una domanda retorica, come tante altre cose di questa prima puntata di Ore 14.
La ricetta dell’appuntamento postprandiale di Rai 2 è da anni la stessa: in uno studio elegantemente allestito di rosso, il conduttore passa in rassegna i fatti del giorno davanti ai suoi ospiti. Non poteva mancare per il debutto Monica Leofreddi, con il quale Infante ha condiviso l’esperienza de L’Italia sul 2.
Peccato che per oltre un’ora questa trasmissione non sia che una fotocopia della miriade di proposte di infotainment presenti in Rai e Mediaset. Dopo quattro edizioni è lecito aspettarsi qualcosa in più dell’indignazione sugli imbecilli che provocano gli incidenti stradali per riprendersi sui social network.
Possibile che già dalla prima puntata si scelga di servire ai telespettatori cronaca nera a gogò senza voler fare nemmeno un tentativo di distinguersi dalla massa? Gli interventi degli ospiti inoltre non brillano per particolare originalità.
Ore 14 sceglie quindi di proporre in scaletta i casi di cronaca del momento, mostrando anche una certa attenzione per le breaking news. Il problema è la trattazione di questi episodi, che arriva sempre a conclusioni ovvie. In studio ci si indigna per il giudice che ha lasciato libero lo scippatore del Quarticciolo linciato dalla folla. In realtà non vi è menzione della decisione del magistrato del divieto di dimora nel Comune di Roma. Così come è sceso il silenzio sull’iniziativa di alcune persone di farsi giustizia autonomamente, rischiando una denuncia per lesioni.
Il programma non dovrebbe evitare la cronaca nera, ma offrire al telespettatore delle chiavi di lettura che vadano oltre l’indignazione. Per esempio cercando di spiegare con un linguaggio accessibile cosa ci sia dietro le decisioni, a volte apparentemente discutibili, di un giudice.