Painkiller, recensione della miniserie Netflix: tra dolore e piacere, il ricordo di chi non c’è più
Uzo Aduba torna su Netflix dopo Orange is the New Black con una miniserie che, due anni dopo Dopesick, riporta alla luce il dramma della dipendenza da oppiacei generato da un uso sconsiderato di farmaci
Fonte: Keri Anderson/Netflix
Il mondo delle serie tv da qualche tempo si è soffermato nel racconto di una delle piaghe che hanno maggiormente afflitto gli Stati Uniti negli ultimi vent’anni, vale a dire la dipendenza dai farmaci. Il caos più eclatante è quello dell’OxyContin (vale a dire l’ossicodone, appartenente alla famiglia degli oppioidi), raccontato di Painkiller, nuova miniserie di Netflix in sei episodi, disponibile da giovedì 10 agosto 2023.
Painkiller, la trama
https://www.youtube.com/watch?v=6vj-UGVLs2g
La serie parte con il racconto, ai giorni nostri, dell’investigatrice Edie Flowers (Uzo Aduba), specializzata in truffe mediche, a cui viene chiesto, nell’ambito di una nuova inchiesta contro la Purdue Pharma, di ricapitolare quando da lei scoperto negli anni precedenti a proposito della diffusione del farmaco OxyContin, rivelatosi essere un oppioide capace di generare forte dipendenza nei pazienti.
Si torna così indietro nel tempo, a cominciare da quando la famiglia Sackler, proprietaria della Purdue Pharma, sta cercando un nuovo farmaco da lanciare nel mercato e che, soprattutto, raggiunga i vertici delle vendite. La soluzione -almeno per le casse dell’azienda- sta proprio nella commercializzazione dell’ossicodone, sotto forma di pastiglie che assumono il nome di OxyContin.
Potente antidolorifico capace di tenere a bada anche i dolori più forti, l’OxyContin scala le classifiche dei medicinali più venduti. Ma qualcosa non torna: il farmaco provoca forti dipendenze in chi ne fa uso, generando nell’arco di vent’anni negli Stati Uniti una vera e propria epidemia di oppiacei, con circa 200mila vittime ed un aumento dei casi di criminalità causati da chi soffre di dipendenza ed è in cerca di soldi per procurarsi il farmaco anche senza prescrizione.
Edie è una delle prime persone ad intuire che l’OxyContin è molto pericoloso e, soprattutto, che la Purdue Pharma sta mentendo circa i suoi effetti collaterali: l’azienda, infatti, era consapevole della dipendenza che il farmaco provocava, ma ha nascosto tutto con una potente campagna di marketing sia tra i pazienti che tra gli stessi medici che dovevano prescriverlo.
Painkiller, la recensione
Dopo Dopesick, Painkiller torna a gettare luce su uno dei casi più agghiaccianti della recente Storia americana. Il fatto che nell’arco di un paio d’anni due serie tv (a cui va aggiunta anche la docuserie Il farmacista) abbiano voluto affrontare di petto la questione della dipendenza da farmaci sottolinea come questa emergenza non sia del tutto terminata negli Stati Uniti.
A ricordarlo, ci pensano anche i titoli di coda dell’ultimo episodio: ogni giorno negli States quaranta persone muoiono per overdose da oppiacei. Ecco che, dunque, parlare di quanto è accaduto negli ultimi vent’anni diventa non solo un desiderio sul fronte narrativo di rielaborare una triste pagina del proprio Paese, ma anche una necessità di tenere ancora alta l’attenzione su un problema che non è mai stato veramente risolto.
Painkiller mette in scena, grazie ad un ottimo cast e ad interpretazioni degne di una miniserie evento, una storia che viene raccontata da differenti angolazioni, ma sempre con lo stesso sguardo concentrato. Ognuno dei sei episodi della miniserie cerca infatti il giusto equilibrio tra racconto ai limiti della docuserie e dramma di denuncia sociale.
Nel farlo i due creatori Noah Harpster e Micah Fitzerman-Blue in alcuni casi premono anche l’acceleratore, con scelte di rappresentazione mirate soprattutto a tenere agganciato lo spettatore. Il che vuol dire segmenti che preferiscono visualizzare la scalata di Purdue Pharma estremizzandone la fame di successo, partendo dai vertici fino alle basi di questa piramide intorno a cui ruota tutta la sceneggiatura.
Al contrario, le storie di chi rimane vittima della dipendenza da OxyContin mantengono sempre un tono più pacato e mai urlato. Una forma di rispetto, evidentemente, verso quelle famiglie che ancora oggi soffrono per la perdita di uno dei loro cari causata proprio da questa vicenda.
Il legame con le vittime, d’altra parte, è più che forte in Painkiller che, senza mezzi termini, prende da subito una posizione ed evita qualsiasi forma di polemica. Ogni episodio si apre con un avvertimento sul fatto che la storia narrata può contenere personaggi e situazioni non realmente accadute ma scritte per scopo narrativo: un messaggio letto da vari parenti di chi, oggi, non c’è più e che si conclude ricordando che di vero, invece, in questa storia ci sono le migliaia di ragazzi e ragazze morti per la dipendenza provocata da un farmaco.
Painkiller non è provocatorio e non ribalta le carte in tavola: piuttosto, vuole usare ogni mezzo a disposizione di una buona serie tv -dal cast alla regia, in questo caso di Peter Berg, fino alle location da sogno e alle scene più clou- per non far dimenticare. Perché se è vero, come detto nel primo episodio, che gli uomini fuggono dal dolore e cercano il piacere, è altrettanto vero che devono anche fare i conti con la memoria per non sbagliare più.
Painkiller, il cast
Il cast della serie è di tutto rispetto, a cominciare dalla protagonista Uzo Aduba, che torna su Netflix dopo Orange is the New Black. Matthew Broderick, invece, interpreta Richard Sackler, l’antagonista della storia, mentre Clark Gregg (il mitico agente Coulson di Marvel’s Agents of S.H.I.E.L.D.) interpreta suo nonno Arthur, artefice del successo milionario della sua famiglia legato alla commercializzazione di farmaci. Taylor Kitsch, invece, è Glen Kryger, uomo che resta vittima della dipendenza da OxyContin; West Duchovny (figlia di David e di Tea Leoni) è invece Shannon Shaffer. Da citare anche che Noah Harpster, creatore della serie con Micah Fitzerman-Blue, ha anche un ruolo nella serie, quello del Dr. Curtis Wright, al lavoro per la Fda e che diede l’approvazione dell’OxyContin.
Uzo Aduba è Edie Flowers, investigatrice specializzata in truffe mediche;
Matthew Broderick è Richard Sackler, capo della Purdue Pharma e discendente della famiglia Sackler;
Clark Gregg è Arthur Sackler, nonno di Richard, artefice dell’impero economico della sua famiglia grazie alla commercializzazione di farmaci;
Taylor Kitsch è Glen Kryger, meccanico che diventa dipendente dall’OxyContin;
Sam Anderson è Raymond Sackler, zio di Richard;
Carolina Bartczak è Lily Kryger, compagna di Glen;
Tyler Ritter è John Brownlee;
John Ales è il Dr. Gregory Fitzgibbons, medico che si oppone alla prescrizione dell’OxyContin;
Ana Cruz Kayne è Brianna Ortiz, rappresentante della Purdue Pharma, con il compito di convincere i medici a prescrivere l’OxyContin;
West Duchovny è Shannon Shaffer, rappresentante alle prime armi;
Jack Mulhern è Tyler Kryger, figlio di Lily, avuto da una precedente relazione;
John Rothman è Mortimer Sackler;
Noah Harpster è il Dr. Curtis Wright, medico dell’Fda.
Painkiller, la storia vera
Quanto mostrato nell’arco dei sei episodi della miniserie è tanto agghiacciante quanto realmente accaduto. Painkiller, non a caso, è tratto dal libro inchiesta “Pain Killer: An Empire of Deceit and the Origin of America’s Opioid Epidemic” di Barry Meier, che ha ricostruito le tappe del caso OxyContin e di Purdue Pharma dagli anni Novanta ad oggi.
Una delle principali colpe che sono state addossate all’azienda è stata quella di essere a conoscenza dei devastanti e pericolosi effetti collaterali dell’OxyContin, ma di aver nascosto tutto, puntando su una campagna di marketing molto aggressiva che insisteva, invece, sulla capacità del farmaco di alleviare il dolore nell’arco di dodici ore dopo la sua assunzione. Nel 2019 la famiglia Sackler ha abbandonato la guida della Purdue Pharma.
Painkiller, dove vederlo?
È possibile vedere Painkiller solo su Netflix: è quindi necessario avere un abbonamento alla piattaforma. Ci si può abbonare all’abbonamento Base con pubblicità (5,49 euro al mese), Base (7,99 euro al mese), Standard (12,99 euro al mese) e Premium (17,99 euro al mese).