Paolo Sottocorona a TvBlog: “Non faccio mai previsioni oltre i tre giorni. Al mattino la gente si sintonizza su La7 per il meteo”
Intervista a Paolo Sottocorona. La facoltà di ingegneria abbandonata, gli inizi a Uno Mattina, l’approdo a Tmc e poi La7, la guerra agli allarmisti. “Ciò che dici deve essere vero e deve essere capito. Sono contento quando le persone mi fermano per strada dicendomi che comprendono ciò che dico”
Una vita a La7, tanto da renderlo il volto più riconoscibile e amato della rete nella quale è approdato addirittura nel 1993, quando la dicitura era ancora quella di Telemontecarlo. Trent’anni di ingressi quotidiani nelle case degli italiani, con previsioni meteo raccontate, illustrate e spiegate. Come a scuola. “Faccio informazione, ma anche divulgazione”, afferma Paolo Sottocorona a TvBlog. “Non mi sono inventato niente, cerco di spiegare fenomeni affinché vengano compresi da tutti. Le regole in questo senso sono due: ciò che dici deve essere vero e deve essere capito”.
Classe 1947, dopo gli studi classici Sottocorona si iscrisse inizialmente alla facoltà di ingegneria. La passione per la meteorologia giunse successivamente. “Dovevo fare il militare e da lì cominciai l’esperienza nel servizio meteorologico. Per un po’ di tempo riuscii a lavorare e a dare esami, l’equilibrio però si ruppe. Rallentai con gli esami e giunsi al bivio, o facevo l’ingegnere o il meteorologo. Scelsi la seconda strada. Alla laurea mi mancavano 6-7 esami, ma due percorsi contemporaneamente non riuscivo a seguirli. A quel punto feci il concorso per passare di ruolo e diventai Ufficiale in servizio permanente e non più temporaneo. Rimasi nel servizio meteo per 25 anni, per lasciare e continuare come free lance”.
L’approdo in tv avvenne nel 1986 con Uno Mattina.
Sì. In quella fase ero militare, andavo in onda in divisa. La Rai chiese l’autorizzazione all’Aeronautica e trovarono un accordo. All’Aeronautica conveniva che tornasse la divisa in video, era un punto d’orgoglio. Dopo qualche mese arrivò un collega e ci alternammo, mentre l’anno dopo si aggiunse un terzo. Nei giorni in cui ero fermo proseguivo con i miei turni al Centro Nazionale di Meteorologia.
Come venne contattato?
Per caso, si dice spesso così. In effetti è successo anche a me. Ero istruttore al centro velico di Caprera e a Roma, durante l’inverno, curavo dei corsi di meteorologia per gli allievi del centro. In quei mesi Rai 1 stava lanciando proprio Uno Mattina e avevano bisogno di coprire la rubrica delle previsioni del tempo. Il caporedattore, evidentemente, ne aveva parlato a casa e comunicò che stavano cercando un meteorologo. Non volevano il solito ufficiale dell’Aeronautica. A quel punto il figlio, che aveva seguito i miei corsi, mi segnalò. Venni contattato e mi informarono della volontà di provinarmi. Ma li avvertii di un particolare: ero un ufficiale dell’Aeronautica, proprio ciò che loro non volevano. Mi incontrarono ugualmente e, lo scoprii in seguito, al provino assistette pure il colonnello Andrea Baroni. Gli chiesero un parere e lui si espresse positivamente, reputandomi competente, con buona presenza scenica e capace di parlare bene.
All’inizio degli anni novanta arrivò a Tmc.
Per una serie di motivi decisi di lasciare l’Aeronautica e anche la Rai, volevo essere libero. Per un po’ realizzai piccole cose per Luciano Rispoli a Tappeto Volante.
In Rai ci tornò provvisoriamente nel 1996, prendendo parte a Geo & Geo.
Fu un’esperienza per me leggermente differente in quanto non facevo previsioni, ma raccontavo storie che avevano a che fare con il clima e l’ambiente. Erano piccole pillole. In origine ce ne commissionarono dieci, con l’intenzione di mandarne una a settimana per coprirne dieci. Invece diventarono cinque a settimana. Ne producemmo altre e di dieci in dieci giungemmo ad un totale di centodieci in una sola stagione. L’esperimento funzionò e l’esperienza mi servì, perché acquisii più dimestichezza nel racconto, con un linguaggio semplice che oggi è apprezzato. E’ una capacità che ho sviluppato e che completa il quadro. In questi anni ho abbinato al meteo considerazioni e approfondimenti sulle questioni climatiche.
Proprio le sue dichiarazioni di questi giorni hanno suscitato una grande eco. Se l’aspettava?
Mi fanno passare per negazionista, sono tutti impazziti. Mi sono semplicemente scagliato contro i sensazionalismi, che a mio avviso sono scorretti. C’è gente che viene condizionata da questo allarmismo. L’allarme è sacrosanto, l’allarmismo no, non lo concepisco.
A cosa si riferisce esattamente?
Sento dire: ‘in Italia si toccano i 47 gradi’. A parte che ho i miei dubbi sul dato, anche se fosse vero mi devi dire dove. Vi do un suggerimento: quando sentite certe informazioni domandatevi dove, quando e per quanto tempo. Se non ci sono risposte, significa che è un titolo buttato là.
Insomma, mette in discussione il metodo di misurazione.
Immaginatevi nella vostra cucina: avete un frigorifero e l’acqua nella pentola che sta bollendo. Che temperatura c’è nella stanza? Potrei rispondere 100 gradi. Sì, ma nell’acqua, non in tutta la cucina. O potrei citare i -18 del freezer. Non puoi considerarle le temperature medie della cucina. Io combatto questo. Non puoi sentenziare che in cucina ci sono 100 gradi, o -18. Sembra una questione di forma, in realtà qui si nasconde la sostanza. L’allarmismo provoca apprensione, ansia, soprattutto nelle fasce più fragili.
Chi la segue sa che sono tesi che porta avanti da anni.
Infatti non capisco i motivi di tutta questa attenzione improvvisa.
Probabilmente a stupire è stato il botta e risposta con il conduttore de L’Aria che tira, Francesco Magnani.
Mi è stato fatto notare che la stampa internazionale parlava di caldo infernale e ho risposto dicendo che evidentemente leggevano i giornali italiani. Non voleva essere un attacco a tutti i giornalisti, ma a coloro che riportano i titoli di certi fanfaroni. Non si può dire che a Roma si sono toccate temperature record. Stesso discorso di prima: dimmi dove hai effettuato la misurazione, in quale quartiere, se sotto al sole o sotto ad un albero, a quanti metri d’altezza dall’asfalto. Inoltre, i confronti li posso eseguire solo se le temperature vengono raccolte nella medesima maniera. Le notizie vanno date in modo corretto, c’è una deontologia da rispettare. Per non parlare di un’altra moda che non sopporto.
Ossia?
Quella dei nomi alle ondate di calore: Caronte, Lucifero e così via. Si scimmiottano i meccanismi degli uragani in America. Ma là hanno regole ben precise, non puoi attribuire i primi nomi che ti vengono in mente. Esiste una lista, si va in ordine alfabetico e ogni uragano ha una sua storia specifica. Nel caso di Katrina il nome è stato ritirato. Fu un evento talmente eccezionale che si decise di non usarlo più. Qua invece un sito si inventa un nome e tutti gli vanno dietro a ruota.
Ha respinto con foga le accuse di negazionismo. Qual è la sua posizione sui cambiamenti climatici?
Siamo in una terra sconosciuta, siamo esploratori del clima e si avanzano ipotesi e considerazioni. Il riscaldamento globale c’è, è appurato. Che dipenda dall’uomo per il 95% anche. Non c’è niente da fare.
“Ha sempre fatto caldo”, commentano i più scettici. Quasi a voler contestare l’analisi del fenomeno su tempi stretti.
In realtà i mutamenti si osservano in periodi relativamente brevi. Questa ondata non dimostra il riscaldamento globale, l’anno prossimo potrebbe essere più freddo o normale. Tuttavia, la normalità non può dimostrare la tesi opposta. A contare è la frequenza degli eventi estremi. Una volta se ne contava uno ogni tanto, ora è cambiata la frequenza. I cambiamenti climatici nei millenni ci sono stati, il problema è che questo cambiamento – che ci sembra piccolo – è avvenuto in 150 anni. I carotaggi in Antartide confermano che mai c’era stato un aumento di anidride carbonica veloce come nell’ultimo secolo. Se il 2023 è più caldo del 2022 non significa niente. Ma se per dieci anni le temperature risultano sempre più elevate, qualcosa vuol dire. Chi mette in dubbio tutto questo, o è disinformato o non vuole capire. Siamo su una barca che ha un buco, sta entrando acqua. Per quanto tempo potremo fare finta di niente? Si faccia qualcosa, anche qualcosa di sbagliato. Perché non fare niente è peggio. Siccità e alluvioni, questo sarà il futuro. Potrebbe accadere con regolarità e, qualora non dovesse verificarsi nulla, le opere realizzate non sarebbero inutili. Potrebbero servire l’anno dopo.
A La7 il meteo è ormai legato a doppio filo a lei. E’ cosciente dell’avvenuta personalizzazione?
Un po’ come il tg lo è a Mentana. Mi fa piacere, ma a mio avviso l’errore sta nel voler spiccare a tutti i costi. Io svolgo questo lavoro nel modo che penso che sia tecnicamente migliore, ci metto tutto l’impegno. Sono contento quando le persone mi fermano per strada dicendomi che capiscono ciò che dico. Nei pochi minuti a disposizione ho caratterizzato l’appuntamento. E’ stato un colpo di fortuna, non è nato a tavolino. Se non fosse piaciuto, forse oggi farei altro, magari l’istruttore di vela.
Su La7 ‘convive’ con le previsioni di 3BMeteo. Un’anomalia, anche perché può capitare ogni tanto di fornire informazioni differenti nell’arco di pochi minuti.
In effetti potrebbe essere un’anomalia, non è detto che si dicano le stesse cose. Per quel che mi riguarda, le previsioni che faccio sono mie.
Una delle sue regole è non oltrepassare mai i tre giorni.
E’ una regola, una linea di tendenza. Oltre i cinque giorni si entra nella nebbia, a sette già si sballa, soprattutto nella cronologia. Se il lunedì vuoi sapere se la domenica successiva piove perché devi sposarti, non posso fornirti certezze. Potrei dirti che sabato è bello e la domenica piove e poi accade l’opposto. Sui sette giorni c’è quel pericolo.
Citava i matrimoni. Davvero le chiedono consigli?
Sì, sì (sorride, ndr). Per matrimoni, comunioni, gite, fiere. Anche per le tappe del Giro d’Italia.
Pure in occasione del Palio di Siena, suppongo.
Confermo. Temevano che piovesse. Li ho rassicurati e, di fatto, il giorno della corsa, non ha piovuto.
Il suo meteo del mattino, in estate, è puntualmente il programma di La7 con lo share più alto di giornata.
L’orario influisce, se lo facessi alle 11 totalizzerebbe meno, è normale. A inizio giornata è un appuntamento atteso. Quel meteo viene seguito anche da chi non è sintonizzato su La7. La curva degli ascolti sale prima che comincino le previsioni, durante la ‘sacra’ pubblicità. Si guadagnano fino a due punti, un paradosso. Una volta terminato il meteo, la curva riscende. Alla rete questo giova, anche se per soli cinque minuti. E’ un do ut des, c’è una situazione di reciproca soddisfazione. Il giorno che questo terminerà, finirò di lavorare pure io.
Quel giorno sembra lontano.
Per adesso mi godo il lavoro che mi piace, anche se con orari assurdi. Da oltre vent’anni mi sveglio tutti i giorni alle 5.