Home Notizie Oggi è un altro giorno chiude, Serena Bortone saluta: “Questo è stato uno spazio libero. Il servizio pubblico è pluralismo”

Oggi è un altro giorno chiude, Serena Bortone saluta: “Questo è stato uno spazio libero. Il servizio pubblico è pluralismo”

Oggi è un altro giorno chiude dopo tre stagioni. Bortone: “Il servizio pubblico è pluralismo, inclusione e sostegno alla fragilità. Siate liberi”

30 Giugno 2023 16:32

Un ingresso sulle note di Freedom di Areta Frankin, un’uscita di scena all’insegna della parola “libertà”. Serena Bortone saluta il pubblico dopo tre stagioni di Oggi è un altro giorno allontanando fin dai primi minuti ogni ipotesi di commozione, ma sui titoli di coda la prima a mostrare gli occhi lucidi è proprio lei.

586 appuntamenti quotidiani. Dal settembre 2020, in piena emergenza covid, ad oggi. “Sono stati tre anni impegnativi, ma pieni di tante soddisfazioni che debbo al gruppo di lavoro e a voi, tanti tantissimi che ci avete seguito e amato. Non finirò mai di ringraziarvi e  di ringraziare gli autori, il casting, la redazione, i direttori di rete che si sono succeduti, gli inviati, il regista e tutto lo studio 3 del Centro di Produzione tv”.

La Bortone si circonda di tutti i suoi affetti stabili che si congedano cantando “Che sarà”. Manca solo Memo Remigi, assente dallo scorso ottobre e prevedibilmente non citato, né ringraziato.

Per tre anni questo è stato uno spazio libero – prosegue la Bortone – abbiamo portato nelle vostre case migliaia di vite, un pezzetto di ognuna resterà per sempre con me e con voi. Abbiamo illuminato artisti, valorizzato la memoria, presentato la contemporaneità, sostenuto storie di coraggio, vi abbiamo informato sull’attualità, soprattutto abbiamo vinto la scommessa di portare qui tanta letteratura, la musica classica, la lirica. Voi ci avete seguito sempre più numerosi e questo è il mio più grande orgoglio: aver sconfitto quel pregiudizio elitario, arrogante e stolto secondo cui voi, pubblico televisivo, non siete in grado di apprezzare quella che con un certo razzismo intellettuale viene chiamata la cultura alta”.

Una rivendicazione del proprio operato in piena regola, con accenni reiterati al discorso Auditel: “Il popolo, l’Italia e gli italiani sono molto più avanti di come talvolta li si voglia rappresentare. Anche per questo i nostri migliaia di ospiti sono stati diversi tra loro, il servizio pubblico è pluralismo, inclusione e sostegno alla fragilità. Aver alzato e di molto gli ascolti di questa fascia è la conferma ultima che avevamo ragione.

L’epilogo è identico a quello di Agorà, risalente al giugno 2020: “Vi lascio con un augurio che è anche un’esortazione: siate liberi, siate autentici a qualsiasi prezzo. We’ll meet again”.