Silo su Apple Tv+ è una perla destinata a diventare cult. La recensione in anteprima della prima stagione
Senza spoiler, tutto quello che ci aspetta nella prima stagione della serie Apple
Scenari distopici e apocalittici ci aspettano nella claustrofobica nuova serie di Apple Tv+ Silo, disponibile con le prime due puntate dal 5 maggio, per poi proseguire fino al 30 giugno per 10 puntate totali. Una serie tv buia, cupa, in cui non c’è luce se non quella artificiale. Tutto si svolge all’interno di un silo (appunto), in cui i vivono circa 10000 persone sopravvissute a una sconosciuta e misteriosa apocalisse. L’unico loro riferimento terreno è un grosso schermo in cui vedono lo spazio di fronte al silo ripreso da una telecamera esterna. Esistono solo due modi per uscire: si può essere espulsi per punizione oppure si può chiedere di farlo volontariamente. In entrambi i casi non si può rientrare e alla persona viene affidato un panno per pulire la telecamera.
Pochi gesti simbolici per una serie di cui è molto complicato parlare senza rischiare di incappare anche involontariamente in spoiler sull’andamento complessivo della serie. Silo è una serie tv che potremmo definire un incrocio tra Snowpiercer e Lost. Da un lato riprende l’elemento apocalittico e la struttura claustrofobica in cui sono rinchiusi i sopravvissuti, organizzati su scala gerarchica tra i vagoni del treno o sui diversi livelli del silo. Dall’altro con Lost ha in comune l’incognita verso il misterioso creatore della struttura e la sensazione di incertezza verso il mondo esterno.
Viviamo già in un Silo
Nell’incontro con la stampa l’autore della trilogia letteraria da cui tutto è tratto Hugh Howey ha sottolineato come il suo punto di partenza è stato il mito della caverna di Platone, l’ombra della realtà mostrata dagli altri, la conoscenza filtrata dalle immagini che ci vengono rappresentate. L’umanità è già chiusa in un Silo solo che non se ne è resa conto. Un silo non fisico ma mentale, costruito sulle scatole che ci portiamo sempre dietro e che ci servono come filtro del mondo: la radio, la televisione, i compute, gli smartphone sono il filtro con cui ci viene veicolata la realtà. In scala è quello che accade alla popolazione che vive nella serie, rinchiusa nel solo spazio che conosce. Non si può dare torto a Rebecca Ferguson (che interpreta la protagonista Juliette) quando sottolinea come idealmente tutti penseremmo a uscire fuori, a cercare cosa c’è oltre il Silo, senza pensare che è quello l’unico modo che conosceremmo.
La società in cui vivono questi sopravvissuti è quella costruita e organizzata dai fondatori della struttura. Basata su un sistema di gerarchie e leggi teso a impedire le ribellioni ma al tempo stesso anche a soffocare ogni forma di curiosità o di dubbio. Una società basata sulla cieca accettazione del presente come forma di verità divina, che rimanda agli anni dell’oscurantismo religioso e dell’inquisizione. Anche se in questo caso la divinità è rappresentata dallo stesso silo.
La fatica di attraversare un mistero
Silo è una serie tv che sembra provenire dal glorioso passato dei mystery drama, quelle serie tv che sapevano costruire e alimentare il mistero centrale del proprio racconto anche per 22 puntate per poi lasciare lo spettatore con un cliffangher clamoroso in attesa della prossima stagione. Oggi non c’è più tempo e spazio per una serie di questo tipo. Il pubblico è preso dalla frenesia di avere sempre nuovi contenuti preferibilmente non troppo complessi da digerire. Silo si accontenta così di costruire il proprio mistero in 10 puntate, dando qualche risposta ma aumentando le domande e i dubbi, mettendo curiosità su questo mondo misterioso e inafferrabile.
La serie spiazza lo spettatore dando e togliendo spazio ai vari personaggi. Non bisogna dare nulla per scontato, non pensare di aver compreso il contorno del personaggio che si ha davanti perché la puntata successiva potrebbe ribaltare completamente la prospettiva. Una serie claustrofobica che si muove come un giallo di Agatha Christie su larga scala. Le domande si sommano nel corso delle puntate e come nelle migliori serie tv, alcune risposte ci vengono date, altre vengono ignorate. Il viaggio lungo la scala a chiocciola gigante che collega tutti i livelli del silo, è il viaggio dello spettatore attraverso i meandri della serie. Non aspettatevi scintillanti effetti sorprendenti, guizzi inaspettati, è il senso di oppressione verso l’ignoto il sentimento prevalente durante la visione della serie.
Incontriamo dei personaggi che vediamo evolvere e cambiare davanti ai nostri occhi. Juliette e Billings sono le due parti della mente umana: la razionalità e l’emotività che conducono la nostra vita. Silo è un’enorme metafora della realtà, del declino dell’umanità, del destino di una specie che nell’indifferenza generale ormai da decenni ha accettato di autodistruggersi dimenticando di pensare al futuro. Senza le giuste domande saremo destinati a finire in un Silo accettando che qualcuno ci dica cosa pensare attraverso uno schermo.