Fernanda, tra eccessiva semplicità e fretta il film-tv non raggiunge l’obiettivo: la recensione
Un racconto didascalico, che sbriga in fretta le vicende accadute e non mette in risalto la figura della protagonista: un peccato
Un’operazione della buone intenzioni, ma che riporta la fiction Rai indietro di qualche anno. Capita, ogni tanto, che le serie della tv di Stato inciampino in quegli errori che il più delle volte ha imparato a non fare: Fernanda, il film-tv dedicato a Wittgens, è uno di quei casi.
Fernanda film, recensione
Le azioni di Wittgens, prima donna direttrice della Pinacoteca di Brera, sono state tanto semplici quanto coraggiose: approfittare delle sue conoscenze e dei suoi contatti per mettere in salvo più persone possibili dalle persecuzioni naziste, organizzando dei viaggi durante cui, oltre a trasportare opere d’arte, si facevano fuggire da Milano anche intere famiglie.
La fiction di Raiuno e RaiPlay deve però rendere il tutto più a portata di pubblico familiare, e lo fa costruendo una storia che fa del didascalismo la sua chiave principale: tutto deve essere spiegato e ripetuto, tutto deve essere chiaro, nulla sottinteso. Le decisioni della protagonista, il suo dilemma che la vede divisa tra cosa fare e come proteggere i suoi cari, diventano materiale per un’operazione semplicità che preferisce fare a meno della profondità a favore di una chiarezza eccessiva.
Maurizio Zaccaro, che di fiction ne ha dirette tante, fa un lavoro che punta a trovare un posto tra i vari classici proposti dalla Rai e che onorano la memoria e il coraggio di italiani che durante la Seconda Guerra Mondiale si sono spesi a favore dei perseguitati. Purtroppo, però, Fernanda non può dirsi all’altezza della situazione.
Una figura come quella di Wittgens, insignita del titolo di Giusta tra le Nazioni proprio per le sue gesta, avrebbe meritato un racconto più profondo, che non si limitasse ad una veloce messa in scena del suo impegno intervallato da una sottotrama sentimentale che dovrebbe essere utile per il finale ma che, alla fine, non raggiunge il pathos sperato.
Perché uno dei difetti di Fernanda sta anche nel finale, affrettato, con cui il film-tv chiude il racconto: dalla protagonista in carcere arriviamo ai giorni nostri, con gli attori che ad inizio film hanno interpretato Fernanda da piccola ed il padre vedere il Cristo Morto del Mantegna in quella collocazione centrale auspicata inizialmente proprio da Wittgens. La storia non si chiude, il salto temporale vuole rappresentare l’eredità che ci è rimasta dell’impegno della protagonista, ma l’intento non è del tutto chiaro.
E spiace, sia perché -come detto in apertura- quando la fiction Rai fa dei passi indietro è sempre un peccato, ma anche perché il racconto di una donna le cui azioni e coraggio devono ancora oggi essere d’ispirazione avrebbe meritato una cura maggiore.