Il telecomando (e il televisore) del futuro, l’Agcom interviene in difesa della tv tradizionale
Il telecomando com’è oggi e come dovrà essere in futuro: l’intervento dell’Agcom in protezione della tv lineare
Si evolve la televisione, si evolvono i televisori, si evolve il telecomando, inteso come oggetto fisico che da decenni rende comoda la fruizione del mezzo al pubblico da casa. E così l’AgCom ha fatto sapere di aver dato il via nelle scorse ore alla consultazione pubblica (che avrà una durata di 30 giorni) “sulle linee guida e sulle prescrizioni regolamentari per garantire la prominence dei servizi di media audiovisivi e radiofonici di interesse generale“. Una frase che rende manifesta, sostanzialmente, la volontà dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni di proteggere i broadcaster tradizionali rispetto all’assalto dei giganti dello streaming e dalle piattaforme web. La ‘minaccia’ alla tv tradizionale si palesa innanzitutto dal telecomando smart, ossia quello essenziale, privato del tastierino con numerazione classica dallo zero al nove.
La soluzione proposta dall’AgCom è semplice: nella confezione dei nuovi televisori tv deve essere contenuto almeno un telecomando tradizionale o comunque ogni televisore deve essere compatibile con i telecomandi classici, quelli che consentono di accedere al digitale terrestre premendo il relativo tasto numerico. Il che, evidentemente, ha un impatto anche sulle politiche di produzione dei costruttori di televisori e telecomandi, chiamati a intervenire sia lato hardware, sia lato software. Non è finita qui.
L’altra idea sul tavolo è far nascere una sorta di icona immediatamente visibile nella home page dell’apparecchio, che permetta all’utente di scegliere su quali reti orientarsi, dove per reti si intendono anche quelle di Rai, tv private, radio nazionali, tv locali e reti tematiche. Evitando così una situazione molto comune attualmente su varie smart tv, che alla prima accensione tendono a proporre sin dalla prima schermata le app che spingerebbero fuori (verso Prime Video, Netflix e compagnia) dai canali lineari i telespettatori. Si chiama Sig (servizi di interesse generale) e – spiega Agcom – “gli editori, diversi dalla Rai e dalle emittenti nazionali generaliste, che intendono essere qualificati come “servizi di interesse generale” dovranno presentare apposita richiesta all’Autorità entro 30 giorni dall’approvazione definitiva del provvedimento“.