Sono Lillo, la comedy contro i tormentoni che però non trova la sua ironia: la recensione
Posaman diventa protagonista di una serie tv, ma l’effetto non è lo stesso di quello suscitato a LOL…
Fonte: Prime Video
La genesi della nuova serie originale italiana di Prime Video, ovvero Sono Lillo, è tra le più curiose che abbiamo mai sentito. Questa serie, infatti, non esisterebbe se non fosse esistita la gag di Posaman all’interno di LOL-Chi ride è fuori: da un programma comico, in altre parole, è nata una comedy. Ma Sono Lillo è all’altezza delle sue origini?
Sono Lillo, la recensione
Le conseguenze di un tormentone
La risposta più breve è: no, non lo è. Interessante il progetto, un po’ meno la resa. L’idea alla base di Sono Lillo è quella di ironizzare sull’incubo peggiore di un artista comico: restare ingabbiato in un personaggio per il resto della carriera. Capita a tutti i comici che, in cerca del grande successo, propongono al pubblico figure e frasi tormentone sicuri che, passata la sbornia, lo show business continuerà a cercarli anche se proporranno altro. Ma raramente è così.
E Sono Lillo spiega questo “retroscena”, sempre in chiave leggera e mai facendo alcuna morale. Il Pasquale Petrolo raccontato nella serie è, di fatto, stufo di essere associato a quel Posaman che solo due anni fa ha regalato sia a lui che a LOL quella popolarità inaspettata con cui, però, ora deve fare i conti.
Il che vuol dire essere chiamato solo per Posaman, rovinarsi la vita privata per Posaman, mettere in dubbio le proprie capacità per Posaman. Senza neanche girarci troppo intorno, Petrolo ha ideato un serie in cui dice “Non ne posso più”, scherzosamente ma neanche troppo.
“Scontro” tra generazioni
Oltre alla trama principale, Sono Lillo ne presenta anche un’altra secondaria, anch’essa con un preciso messaggio da far conoscere al pubblico. Ci riferiamo alla presenza di alcuni tra i più famosi stand-up comedian italiani, come Valerio Lundini, Edoardo Ferrario ed Emanuela Fanelli, i cui pezzi sono criticati dal Agenore (Paolo Calabresi), il titolare del locale in cui si esibiscono.
È proprio lui a consigliare a quella che è di fatto la nuova generazione di comici italiani come comportarsi sul palco, dando loro delle indicazioni un po’ da boomer su frasi ad effetti, mimica facciale e pose da assumere dopo una battuta.
Una sottotrama che potrebbe apparire innocua, ma che non lo è: anche in questo caso Sono Lillo vuole svelare lo scontro in corso in Italia -ed a cui proprio LOL ha dato il via- tra vecchia e nuova generazione comica, ovvero tra chi era abituato ad esibirsi sui palchi degli studi televisivi di reti generaliste e chi, invece, oggi lo fa in contesti più intimi e quindi senza dover ricercare un tormentone a tutti i costi.
Il cast: Amici di Lillo
L’aria di familiarità che si respira nella serie non la si deve solo al protagonista, ma anche agli attori da cui si fa circondare, tutti volti molto apprezzati e che già in passato hanno lavorato in serie comedy. In primis Pietro Sermonti e Paolo Calabresi, ma anche l’immancabile spalla di tanti comici Marco Mazzocca, Camilla Filippi (che proprio con Sermonti ha fatto coppia fissa in Tutto può succedere) e Cristiano Caccamo, quest’ultimo uno dei concorrenti della terza stagione di LOL. Petrolo, insomma, sceglie un cast che sa quel che fa, che conosce i tempi comici e che ama mettersi in gioco. Ma, allora, cos’è che non funziona?
Tutto molto bello, ma manca…
Il difetto principale di Sono Lillo è che manca di quella caratteristica che dovrebbero avere tutte le serie comedy, ovvero l’irriverenza. Il che non vuol dire essere offensivi, ma sapere infrangere qualche tabù e raccontare il quotidiano prendendosi la libertà di scherzare su tutto, sempre con l’obiettivo di far scattare una risata.
Purtroppo, in Sono Lillo la risata fatica ad arrivare, nonostante la confezione curata ed il già citato cast all’altezza della situazione. L’originale premessa della serie, così come la sua volontà di scardinare e rivelare quei meccanismi della comicità all’italiana di una volta, non sono seguiti da una vena comica capace di arrivare al pubblico e generare, appunto, momenti davvero divertenti.
Senza irriverenza, Sono Lillo non è neanche una comedy vera e propria, ma un esperimento che ha cercato di massimizzare un tormentone nato quasi per caso in qualcosa di più. Ma nonostante tutti gli sforzi profusi e che vanno riconosciuti, resta la delusione: Posaman non vale una serie tutta per sé.