Mondiali Qatar 2022 in tv, tra l’editoriale della De Stefano e l’inviata della BBC con la fascia arcobaleno
Nelle prime due giornate i Mondiali in Qatar 2022 hanno già offerto momenti importanti, al di là dei risultati calcistici.
Il Mondiali di Calcio in Qatar 2022 sono arrivati, ma sembra che l’ondata di indignazione internazionale si sia scatenata solo alla vigilia dell’evento. Ovviamente così non è, ma diciamo che l’informazione mainstream sembra stia dando conto ‘dell’eccezionalità’ di questo evento solo da qualche settimana a fronte di 12 anni di polemiche iniziate con l’assegnazione congiunta, e anomala, dei Mondiali al Qatar nel 2010, insieme a quelli andati alla Russia e tenutisi nel 2018. Un capitolo che racconta in maniera piuttosto interessante la docuserie FIFA: Tutte le rivelazioni, in questo periodo disponibile su Netflix.
Tra le polemiche sui costi, le accuse di corruzione, gli sponsor buggerati alla vigilia, l’insostenibilità ambientale di un Mondiale giocato nel deserto, il Mondiale in Qatar ha acceso anche i riflettori sulla condizione dei lavoratori e sulla costante violazione dei diritti umani nel Paese. Un tema non da poco, per il quale il Mondiale delle polemiche può essere, a questo punto della fiera, una grande ribalta.
Alex Scott indossa la fascia arcobaleno su BBC
Lo ha dimostrato Alex Scott, già giocatrice della Nazionale inglese e ora inviata in Qatar per seguire i Mondiali per conto della BBC. Come? Indossando la fascia arcobaleno a difesa dei diritti LGBTQ+ che i capitani di alcune nazionali avevano annunciato avrebbero indossato durante le partite. Sembrava fosse cosa fatta, fino a quando la FIFA non ha annunciato ammonizioni per chi avesse indossato fasce non conformi allo standard. Per non offendere i padroni di casa, presumibilmente. Le squadre, dunque, hanno riposto le proprie fasce iridate per non incorrere in sanzionoi e non far entrare questioni politiche nella classifica generale del torneo. Così ci ha pensato la ex giocatrice della nazionale inglese a portare la fascia arcobaleno sul campo dello stadio di Doha, la Capitale del Qatar, prima di Inghilterra – Iran, di cui torneremo a parlare.
Del resto l’atteggiamento della BBC verso questi Mondiali, che ormai sono scomodi un po’ per tutti, è stato chiaro fin dal debutto, dal momento che non ha trasmesso la cerimonia inaugurale, sviluppata dai qatarini come se fosse l’Opening Ceremony di una Olimpiade, altro sogno degli sceicchi ma finora negato dal Comitato Olimpico Internazionale, non disposto a uno spostamento dei giochi in inverno. Nel dubbio, il Qatar ha reclutato per questi 30 minuti di show uno specialista delle cerimonie Olimpiche come Marco Balich in veste di direttore artistico, con tanto di partecipazione di Morgan Freeman e Jung Kook dei BTS. E ha anche sistemato all’esterno dello stadio Khalifa stadium di Doha, una sorta di torcia olimpica, la Torch Tower. Tanto per essere chiari.
L’editoriale di Alessandra De Stefano nella prima puntata de Il Circolo dei Mondiali
Comunque sia, che questi Mondiali siano scomodi lo ha spiegato bene anche Alessandra De Stefano nell’editoriale con il quale ha aperto la stagione de Il Circolo dei Mondiali, di cui ha scritto il nostro Fabio Morasca (mentre il suo discorso lo potete risentire su RaiPlay).
Questo Mondiale non si sarebbe dovuto giocare. O meglio non si doveva assegnare al Qatar, perché si è offerto lo sport più bello del mondo calpestando i diritti umani corrompendo, imbrogliando, grazie alla complicità dei signori del football che gliel’hanno venduto, nel 2010. Gli stessi che all’inizio volevano che si giocasse in estate, nel deserto. Pensate un po’… una cosa impossibile. Eppure tutto ha un prezzo. E a proposito di cifre, nelle casse della FIFA questo evento planetario porterà 5 miliardi e mezzo di dollari.
Non ci va certo per vie traverse la De Stefano, ben consapevole però del fatto che tra quei miliardi ci sono anche i soldi pagati dalla Rai per acquistare i diritti di trasmissione tv.
Quindi quando il sogno di andare ai Mondiali da Campioni d’Europa è sfumato, noi ci siamo interrogati sul senso di questo Mondiale senza l’Italia. Aveva senso fare la trasmissione? Aveva senso raccontarlo? Aveva senso anche tenerlo tutto in esclusiva? Decidere non è stato facile. Poi ci siamo detti che il Mondiale è di tutti e non di pochi privilegiati, così come lo sono i Giochi Olimpici estivi, quelli Invernali, le Paralimpiadi e la Nazionale stessa. Non solo questi, ma i tanti eventi di sport che la Rai da sempre porta nelle nostre case perché da sempre questa è la nobiltà del servizio pubblico, questa è l’essenza della Rai. Quindi noi del Circolo saremo qui. Ci rimarremo ogni sera e saremo qui senza ipocrisia, con l’ironia e la leggerezza che ci ha sempre contraddistinto. E proveremo un po’ a sottrarre peso alle strutture umane. Per questo da questa sera vi parleremo di calcio e di ogni altro aspetto di questo Mondiale che probabilmente solo nel bel gioco potrà trovare un pizzico di salvezza agli occhi del mondo.
Un discorso netto, col quale si prova a mettersi al riparo dalle critiche, affrontando il toro per le corna, ma che sembra anche rispondere a quella polemica lanciata da Fiorello nel suo Viva Rai 2. Sembra esserci anche lui tra i destinatari di una spiegazione – non lo chiamo spiegone perché ormai sembra aver preso una connotazione negativa – della direttrice di Rai Sport sul perché la Rai abbia speso soldi, e tanti, per i diritti di un Mondiale controverso e senza Nazionale italiana (ancor prima che arrivasse l’esclusione dal torneo).
L’Iran non canta l’inno della Repubblica Islamica
Due giornaliste per due esempi che arrivano indirettamente dai margini dei campi da gioco. Ma il messaggio più potente – che supera le ipocrisie delle fasce arcobaleno lasciate in spogliatoio, delle etichette con la scritta ‘Love’ che l’organizzazione qatarina chiede siano tolte dalle maglie del Belgio (ma per questioni di marketing) e di quanto sta succedendo neanche tanto dietro le quinte di questo evento – è arrivato dall’Iran: i giocatori hanno scelto di non cantare l’Inno in segno di protesta contro il regime e a sostegno delle donne iraniane. L’inno, peraltro, dovrebbe essere quello della Repubblica Islamica, non quello dell’Iran ‘libero’.
Un gesto che non è passato inosservato, sottolineato anche da qualche lacrima sugli spalti, ripresa dalle telecamere della regia internazionale.
Peccato che l’estratto del video sia sempre meno disponibile online, perché di proprietà FIFA e quindi ogni riproposizione infrange le norme sul copyright. Peccato, anche, che la clip non appaia tra gli highlights della pagina YT di FIFA, almeno per adesso. Resta, comunque, un momento importante, molto più che simbolico, indirizzato non solo all’Iran ma a tutti i regimi antidemocratici. Ovunque nel mondo.