Esterno Notte racconta il caso Moro e debutta nelle serie tv sfruttandone il linguaggio: la recensione
Una storia nota a tutti raccontata soffermandosi sulla psicologia di chi ne è rimasto coinvolto: Bellocchio sfrutta le potenzialità del mezzo televisivo
Non ripetersi, pur ripetendo un racconto già affrontato sul grande schermo qualche anno fa. La sfida che Marco Bellocchio ha deciso di raccogliere con Esterno Notte può dirsi vinta, sia sul fronte interpretativo che narrativo. Quella che può tranquillamente definirsi “serie evento” (anche per la sua insolita collocazione nel palinsesto di Raiuno: tre prime serate in una sola settimana) supera ogni rischio di reiterazione di quanto già raccontato dal regista in “Buongiorno notte” facendo un sapiente uso del linguaggio proprio del mondo delle serie tv.
Esterno Notte, la recensione
Esterno Notte non è infatti “solo” la storia del rapimento di Aldo Moro. È, piuttosto, un affresco psicologico ed umano di tutti coloro che, sotto vari aspetti, sono rimasti coinvolti in uno dei casi di cronaca più eclatanti del nostro Paese.
Da qui, l’idea di Bellocchio di decostruire la trama, affrontando ognuno di questi personaggi uno per volta, ciascuno con un proprio episodio dedicato. Dopo la partenza con un ruolo introduttivo -ovvero l’antefatto, con il rapimento stesso- la serie sposta l’attenzione. Conosciamo quei terribili giorni tramite gli occhi non del diretto interessato, ma di chi, nei palazzi del potere, nelle chiese o a casa davanti al telefono, li ha vissuti non senza enorme drammaticità.
Solo con una serie tv tutto ciò sarebbe stato possibile: e Bellocchio, qui al debutto nella serialità, ha deciso di sfruttare le potenzialità che il linguaggio delle serie tv sa offrire, senza fermarsi alla messa in scena dei fatti, ma costruendo un mosaico i cui pezzi, via via che si giunge alla conclusione, si uniranno, fino al tragico epilogo che già conosciamo.
Era fondamentale avere quindi degli interpreti che fossero capaci di fare lavoro di squadra ed, al tempo stesso, di saper reggere la solitudine che gli impone la sceneggiatura in determinati momenti. E Fabrizio Gifuni, Margherita Buy, Toni Servillo e Fausto Russo Alesi, per citarne alcuni, hanno capito la mission che voleva portare avanti il loro regista e ne sono diventati fieri portavoce.
Ma andando oltre le questioni più tecniche (la regia di Bellocchio è ferma ma non rigida, ma soprattutto ha ben chiaro il percorso che vuole intraprendere), Esterno Notte vuole dare forma ad un racconto storico che non sia pedante ma che sappia agganciare il pubblico come solo una serie tv sa fare. E ci riesce.
Si può dire che il debutto di Bellocchio alla regia di una serie tv è vincente. I rischi erano numerosi, ma la sua versione del caso Moro è pensata per informare, far ricordare ma anche tenere alta l’attenzione degli spettatori. Una narrazione che fornisce un quadro completo, accattivante e magistralmente diretto ed interpretato.