La7, ascolti record grazie ai cambi di governo. Ma è un’arma a doppio taglio
Per La7 le crisi di governo sono puro piacere. Una dipendenza che è delizia, ma pure croce. Perché la rete si accende solo se c’è la politica
Ascolti record e numeri da capogiro. Sono giorni dolcissimi per La7, che si gode picchi di share e curve esaltanti che vanno di pari passo con la formazione del nuovo esecutivo.
Mentana, ma non solo. Se il direttore del tg si conferma accentratore e fulcro di una macchina che va a mille all’ora, con un Diario Politico che ha risvegliato il preserale di rete altrimenti fermo all’1%, non si può non evidenziare un giovamento collettivo che parte fin dalla mattina con Omnibus, per proseguire con Coffee Break e soprattutto L’Aria che tira. Senza dimenticare Tagadà – ormai stabilmente sopra a Bella Ma’ – e Otto e mezzo, fino ad arrivare agli exploit di prima serata.
E’ la solita storia che si ripete. Per una realtà che ha fatto dell’informazione politica il suo tratto distintivo, le crisi di governo sono puro piacere. Consultazioni, campagne elettorali, spogli, maratone notturne, giuramenti, fibrillazioni in maggioranza: tutto contribuisce a creare materiale utile per riempire un palinsesto a cui viene abbinato un eterno commento di supporto.
Una dipendenza che è delizia, ma pure croce. Perché se è vero che il caos genera polarizzazione, la monotonia di governi spesso tecnici (e comunicativamente piatti) ha al contempo rischiato di appannare programmi e rispettivi contenuti.
Puoi ingaggiare le Parodi, proporre game show, aprire le porte ai talent per comici, offrire strisce quotidiane ai vignettisti, lanciare improbabili soap, mandare in esclusiva la serie del premier ucraino, accaparrarti la Serie A femminile. Alla fine però la certezza è rappresentata dai talk di cui è imbottito il canale, da mattina a sera. Si tratta pertanto di riempirli, di dare contenuto ai vari contenitori, magari puntando sulla personalizzazione delle trasmissioni che spesso ne assicurano anche la caratterizzazione. Basti pensare alla Gruber, o a Piazzapulita, con Corrado Formigli pronto ad approfittare del ‘nemico’ Meloni al potere, così come ne beneficiò Michele Santoro negli anni dei governi Berlusconi. Perché, in fin dei conti, l’antagonismo rende la narrazione più accattivante.
Insomma, La7 c’è se c’è la politica. Al contrario, se la politica latita, La7 arranca. E non conosce piani b. Un limite per una televisione che, così facendo, resta aggrappata alle sorti dell’inquilino di Palazzo Chigi. Nell’eterno auspicio del caos.