Pronto a debuttare mercoledì 5 ottobre alle 16:40 su Rai Gulp con Il Piccolo Chimico, Marco Martinelli, ricercatore scientifico presso la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e conduttore tv, si racconta a TvBlog, a partire dall’arrivo della notorietà in tv con la partecipazione a Forte Forte Forte fino a come si immagina di continuare il suo percorso artistico, fatto di divulgazione, ma anche di passione per il mondo dello spettacolo.
Il tuo debutto tv risale alla seconda edizione di The Apprentice, fatto in Italia da Flavio Briatore. Perché nel pieno dei tuoi studi decidesti di partecipare a quel programma?
Dopo la laurea triennale, ho fatto otto mesi alla Cornell University nello stato di New York e da lì seguivo The Apprentice fatto per Fox da Donald Trump. Tornato in Italia venni a sapere che anche qua si stava realizzando il programma e semplicemente mandai un’email per partecipare. La ricordo come un’esperienza formativa ed estremamente bella: la rifarei.
Avevi già partecipato però alle selezioni per Amici e X Factor. A Forte Forte Forte sei arrivato terzo. Che esperienza è stata per te che l’hai vissuta dall’interno?
Sebbene il programma abbia riscosso poco successo, per me, che arrivavo esclusivamente dal mondo del canto, è stata innanzitutto la possibilità di confrontarmi con il ballo, grazie alle ore passate in sala da prove con Jamal Sims, e anche di poter esercitarmi tecnicamente nel canto, potendoci dedicare quel tempo che normalmente riservavo allo studio della biologia molecolare. Spero poi di avere sempre l’energia che Raffaella ci diceva di mettere in quello che facevamo.
Tu sei rimasto legato a lei anche dopo la fine del programma. Che tipo di rapporto avevate mantenuto?
Una delle ultime volte che l’ho sentita è stato quando sono stato ospite da Pino Strabioli per parlare del cocomero come frutto afrodisiaco. Mi disse: “Marco, tu sei molto carino, ma devi imparare a parlare piano. La gente non ti capisce”. Aveva ragione perché io effettivamente parlo a macchinetta, anche utilizzando un linguaggio tecnico non immediatamente comprensibile al pubblico da casa. Con dei messaggi e delle chiamate abbiamo così sempre avuto modo di rimanere in contatto.
Il tuo percorso da showman però non è proseguito e hai intrapreso in tv una strada diversa. È stata una tua scelta o in qualche modo una necessità legata alle occasioni professionali che ti si sono messe davanti?
A me piace comunicare e mi piace farlo anche tramite strumenti e linguaggi diversi: mi piace cantare, ballare e mi piace soprattutto parlare di scienza. In me convivono queste diverse cose e l’obiettivo è, quando è possibile, farle matchare.
Quando ti sei confrontato con il primo programma scientifico, Memex – Parole in gioco, essendo già esperto della materia, su cosa invece hai dovuto lavorare?
Sicuramente ho pensato a lungo su come impostare il linguaggio perché quando si fa divulgazione per bambini si tende a semplificare anche il linguaggio. Io invece ho voluto utilizzare appositamente parole difficili, perché credo che abbiano una maggior capacità di incuriosire i più piccoli.
Cosa porti di questo in Il Piccolo Chimico?
L’idea del Piccolo Chimico è nata dalla mia passione per gli esperimenti fin da piccolo. Nel Piccolo Chimico non ho però voluto mettere solamente quello che uno associa in maniera evocativa al titolo, decidendo di portare così anche la musica.
Hai un percorso professionale per certi versi simile a quello di Mario Acampa, con cui hai condiviso l’esperienza di Italian Green. Entrambi poliedrici, lui ora si sta spostando in tv sul giornalismo, tu invece sei sempre più indirizzato sulla divulgazione scientifica?
Io ho appena deciso di prendere una seconda laurea in medicina. Detto ciò, credo che la mia carriera si stia orientando sempre di più verso la divulgazione, anche perché lì dove come ad Italian Green avevo uno spazio più di conduzione, mi piacerebbe, nel caso di una seconda edizione, aumentare il contenuto divulgativo. La divulgazione mi permette poi di unire quello che faccio sui social, su Tik Tok e Instagram, con la parte televisiva ed è quello che abbiamo tentato di fare con la squadra di autori di Atomic (casa di produzione di Il Piccolo Chimico, ndr).