Monica Caradonna, la mia esperienza da inviata a Camper: “Unica, sono grata”
“Entro nella vita dei produttori, degli agricoltori e degli allevatori. É la cosa più bella che mi ha dato Camper”. Monica Caradonna a TvBlog
Monica Caradonna è uno dei volti dell’estate di Rai 1. Con il suo tour per le bellezze dell’Italia accompagna i telespettatori di Camper, il programma estivo della rete ammiraglia condotto da Roberta Morise e Tinto. Tiene alta la mission principale: conoscere il belpaese a 360°. Fin da subito si mostra felice dell’ intevista a TvBlog “Innanzitutto grazie, sono troppo felice. Sono una di quelle che ancora di emoziona” e ci confessa “Io sono abituata a stare dalla tua parte – Monica è anche una giornalista, ndr – quindi è difficile“.
La conosciamo meglio, lei non è abituata alla tv: “Non conosco bene le dinamiche della tv” e ci dice un po’ di lei: “Cerco di essere assolutamente spontanea. Una che nella vita, se c’è una persona anziana, quella persona mi adotta. Se c’è una persona che non conosco in 27 secondi diventa il mio migliore amico. Ho questa energia pulita, le persone che mi conoscono lo percepiscono. Non sono una che se la tira, mia mamma mi ha insegnato che a casa si dà sempre una mano“.
E così, con un bel mood apriamo l’intervista, anzi, meglio chiamarla chiacchierata.
Raccontaci come sei arrivata a Camper, l’inizio di tutto:
Posso dirti la verità? Io non c’ho capito niente. La gente non mi crede. Ero ad una cena, stavo parlando con Mellone (si riferisce ad Angelo Mellone, vice direttore intrattenimento day time con delega sui programmi del territorio e dintorni) e mi racconta che stava scrivendo un nuovo programma, punto. Finisce là. Mi dice “racconto dell’Italia, viaggi e ci sarà anche un racconto enogastronomico”. Gli dico che conosco un sacco di giornalisti e che se vuole lo metto in contatto. Stop. Un giorno mi chiama Ivano (Servi, ndr) il produttore di Camper e mi dice: “Lo sai che questa estate sarai di mia proprietà?”. Ho collegato le due cose e la mia risposta è stata “Uh Gesù Maria!”.
Il gruppo di lavoro è certamente il perno fondamentale della buona riuscita del suo ruolo da inviata:
E’ stato un piacere per me avere a che fare con Ivano che è una persona di grandissima preparazione e mi hanno messa nelle mani di un team fantastico. Sabrina Zappetta che è la mia autrice, Beppe Bosìn che è il capo-autore, persone con le quali si è creato un rapporto empatico (perché io sono molto empatica).
E lo si percepisce, a dirla tutta. Monica con il suo modo di raccontare ci porta dietro le quinte e per qualche istante anche oltre le telecamere:
Quando io sono andata a quella cena, per conoscerci, io mi sentivo come un pesce fuor d’acqua perché loro son persone che hanno già avuto a che fare con la tv. Io vengo dalla carta stampata, poi io soffro della sindrome della secchiona da un lato, dall’altro mi hanno chiesto di fare ciò che faccio dalla mattina alla sera da 15 ovvero raccontare storie nell’ambito enogastronomico. Siccome a me piace raccontare storie ed entrare in contatto empatico con le persone, tutto sommato il percorso non è stato difficile. E’ stato più difficile trovarsi ad una telecamera, ma ho avuto al mio fianco dei registi che mi hanno fatto trovare a mio agio.
Ma perché proprio Camper? E’ collegata alla passione per il viaggio?
Guarda, sono giornalista professionista e mi occupo di enogastronomia. Negli ultimi 10 anni il focus è stata l’enogastronomia. Dal 2017 organizzo uno dei festival enogastronomici più importanti in Puglia che è l’Ego festival. Tant’è che quest’anno per la paura del covid lo abbiamo anticipato a settembre (di solito lo organizziamo a febbraio). Quindi, quando mi hanno detto che avrei lavorato a Camper fino a settembre mi è preso un colpo proprio perché ho il festival in quel mese. La mia vita nel periodo di Camper è un caos perché io lavoro dalla mattina alle 6:30 fino a quando vado a dormire. Lavoro per il mio festival e per Camper.
Il lavoro dell’inviata porta anche qualche soddisfazione, e Monica Caradonna evidentemente ne sta incassando più di qualcuna:
Son passata all’avere una prima diretta di 3 minuti, poi ad una da sette e da un mese faccio due collegamenti da sette minuti ciascuno. Sono una insicura, quindi io studio tanto prima di fare i collegamenti, ho bisogno di sapere tutto e più di tutto. E sai qual è la cosa che mi fa più piacere? Quando mi confronto con i produttori, la cosa che mi dicono è: hai studiato la nostra storia.
Beh, è gratificante no?
Per loro! Io lo faccio per mestiere e passione. Un po’ perché sono curiosa, un po’ per senso di responsabilità. É una forma di rispetto nei confronti di quelle persone che vado ad incontrare il giorno dopo perché è giusto far vedere che tu sei interessato alla loro storia. In più è giusto nei confronti del pubblico. E’ importante dare valore alle storie, ai prodotti. Io cerco di fare sempre un racconto che possa essere utile per chi ci ascolta: dal consiglio su come cucinare quel determinato prodotto, così da rendere interessante lo spazio che vado a coprire.
Ci fai un bilancio della tua esperienza a Camper fino ad ora?
Dal punto di vista umano è unica, bellissima, faticosa, emozionante. Non è semplice il viaggio che noi facciamo, parto la domenica per rientrare il venerdì sera o il sabato mattina. Ho messo da parte la mia vita famigliare. Sono single, non ho un compagno ma ho una famiglia, degli amici, relazioni nella mia città. Dicevo a Sabrina (Zappetta, sopracitata, ndr) che sono grata perché dal punto di vista umano ho avuto la fortuna di incontrare tantissime persone.
Continua:
Nel mondo dell’enogastronomia i produttori, gli agricoltori e gli allevatori sono quelli che hanno una variabile in tasca che non si può controllare, è il tempo (inteso sia nella durata che meteorologico). Incide profondamente nel loro lavoro, quindi non sai mai cosa può succedere domani. Quindi io mi sento fortunata ad entrare nella loro vita, c’è un rapporto bello e questa cosa mi fa commuovere. E’ la cosa più bella che mi ha regalato Camper.
Un bagaglio d’esperienza non indifferente. Pensa dopo la fine di Camper…
Mi mancherà questo “delirio”. Mi mancherà sicuramente il rapporto con il gruppo di lavoro. Porterò con me il ricordo di un’estate meravigliosa.
Sei stata protagonista di un video virale per alcuni giorni (qui la clip) nella quale chiami la tua ospite creando inconsapevolmente un gioco di parole esilarante per gli utenti del web. Tu cosa hai pensato in quel momento?
Io non avevo capito nulla, mia madre mi chiama “Il meraviglioso mondo di Amelie” per cui mi sono chiesta che cosa avevo fatto. La signora si chiama Ione, quindi per me non c’era malizia. Io stavo solo presentando la signora. Di recente ho parlato della patata in un collegamento e si poteva cadere facilmente nei tranelli delle battute volgari e i doppi sensi. Io sono giornalista, devo essere professionale, non mi permetterei mai di creare gag sui doppi sensi. Non appartiene a me.
Stare davanti alla telecamera era un sogno?
Per niente. In passato ho lavorato in un programma di una rete televisiva pugliese, questo invece è stato un fulmine a ciel sereno. Mi sono messa in gioco (e non è facile) e secondo me è andata bene. Non mi dò un voto, il pubblico lo dà. Io faccio la giornalista, approfondisco tutto.
Conclusa questa esperienza cosa farai?
E che ne so (ride, ndr)
Nel senso, torni alla vita di tutti i giorni o cercherai di tenere il telefono lì vicino in attesa che qualcuno chiami per qualche altro programma tv?
Se ci dovesse essere una proposta secondo te potrei dire di no? Io mi sono divertita tanto! Mi piacerebbe tantissimo! Magari…
Lanceresti un appello o lasci fare al destino?
Non mi permetterei mai di fare appelli. Io ho fatto il mio, ho dimostrato quello che sono sia davanti alla tv che dietro. Se poi qualcuno riterrà opportuno coinvolgermi non posso che essere felice! Perché no? Ma ripeto, con molta umiltà.