Rai, nuovo giro di nomine dirigenziali: come se un incarico valesse un altro
In Rai i luoghi comuni talvolta rischiano di trasformarsi in meste verità: qualche domanda dopo il nuovo giro di nomine dirigenziali decise dal Cda
C’è chi tutti i giorni lotta con convinzione contro i luoghi comuni dimostrando come nella vita i pregiudizi siano sempre pericolosi e talvolta anche dannosi. Eppure qualche eccezione esiste. Da sempre la Rai è terreno fertilissimo per i luoghi comuni, molto spesso assai poco lusinghieri.
Per esempio gira voce – diciamo così – da tempo che la tv pubblica sia soprattutto un poltronificio in mano ai partiti politici. Il ché significherebbe – se fosse vero – che spesso ad accomodarsi dietro le scrivanie del comando non ci finiscono per forza i più competenti, bensì i più apprezzati dai partiti politici.
Il discorso è veramente molto banale, generico e ingenuo. Tuttavia gli ultimi sviluppi dalle parti di Viale Mazzini lasciano l’amaro in bocca.
La notizia di stamattina è che, come previsto, il Cda Rai a larga maggioranza ha votato a favore (5 su 7) della nomina di Antonio Di Bella a direttore dell’Approfondimento, al posto di Mario Orfeo che torna a dirigere il Tg3. Di Bella, a sua volta, viene sostituito alla direzione del DayTime da Simona Sala, che fino ad oggi dirigeva il notiziario di Rai3. I soli a non votare sì sono stati Di Majo (M5s) e Laganà (rappresentante dei dipendenti Rai, che a Repubblica aveva pre-annunciato di non sentirsela di “avallare politiche gestionali che assumono i contorni di uno stanco e liso gioco di ruolo partecipato da partiti e portatori di interessi a danno della stabilità e del reale interesse aziendale“).
Insomma, al netto del giudizio sui singoli professionisti coinvolti in questo nuovo giro di incarichi, la domanda molto banale, generica e ingenua, è: quale criterio/principio muove il valzer delle nomine nella tv del servizio pubblico? E il quesito sorge spontaneo considerando che dall’esterno la percezione rischia di essere quella per cui un nome vale l’altro, così come un incarico dirigenziale sia assolutamente compatibile e sostituibile con un altro. Come se il profilo formativo, culturale, professionale del singolo non fosse determinante nella scelta del suo piazzamento. Direttore di un telegiornale, ma anche di un genere televisivo, e magari, chissà, un giorno anche di Rai Scoglio.