DiMartedì e il talk corale (con 16 ospiti in contemporanea)
DiMartedì sempre più talk corale: 16 ospiti in contemporanea, che Giovanni Floris gestisce con esperienza (e con l’aiutino dello regia)
Mentre dalle parti di Viale Mazzini si continua a discutere del futuro del talk show sulla tv pubblica (e in particolare di Cartabianca, che alla fine dovrebbe essere confermato regolarmente nella serata del martedì anche la prossima stagione, con o senza il professor Orsini chissà), provando a immaginare nuovi modelli à là Dilemmi, i talk show delle altre reti, al netto delle polemiche politiche legate agli ospiti chiamati per i dibattiti sulla guerra, vanno avanti senza particolari indugi. Così DiMartedì (ieri ha battuto sia Cartabianca, sia Fuori dal coro, raggiungendo 1.010.000 telespettatori, per il 5,72% di share) su La7 prosegue sulla linea della coralità, alla quale ha aderito ormai da qualche tempo, anche per ragioni di necessità (tradotto, per assenza di ospiti di richiamo che reggano interviste one to one).
Una linea che porta al forte ridimensionamento dei duelli dialettici e a visibili assembramenti in studio, come si sarebbe notato in piena pandemia. Nella puntata di ieri, per esempio, ad un certo punto al talk dedicato alla guerra in corso in Ucraina e al ruolo che in essa sta avendo la Nato hanno preso parte in contemporanea ben 16 ospiti, di cui 10 presenti fisicamente nello studio romano (Beatrice Lorenzin, Alan Friedman, Marco Frittella, Carlo Cottarelli, Alessandro Minuto Rizzo, Carlo Cambi, Fulvio Grimaldi, Liisa Limatainen, Elena Basile, Laura Del Santo) e 6 collegati (Alexey Komov, Oxana Pachlovska, Padre Athenagoras Fasiolo, Don Renato Sacco, Angelo D’Orsi più Milena Gabanelli, il cui intervento era però registrato).
Un confronto multi-voce (“vedete che siamo in tanti, ma il tempo è tanto e gli argomenti pure“), con un micidiale mix di personalità, tra giornalisti, politici, uomini di Chiesa, ambasciatori, professori universitari, fiscalisti ed economisti, che Giovanni Floris ha gestito, non senza inevitabile difficoltà, con esperienza e con l’intramontabile ‘mezzuccio’ dello spegnimento dei microfoni (“abbassate, per favore“), con l’aiuto della regia anche per mettere ordine nei momenti più confusi (“aiutami Alessandro Renna, dammi il cartello“).
E così, alla fine, a DiMartedì non è salvo soltanto il pluralismo dell’informazione, ma anche e soprattutto il ritmo televisivo.