Dal 2015 a Tagadà, cresciuto televisivamente con Michele Santoro, Alessio Orsingher si racconta a TvBlog.
In un post di un paio di anni fa scrivevi: “A Tagadà non si sgomita: si costruisce. Tra tutti, il posto di lavoro che più mi somiglia”. Da che tipo di esperienze lavorative venivi?
Precedentemente avevo lavorato a Class CNBC e Class TV; avevo poi fatto tre anni con Michele Santoro, prima inviato, in seguito autore e per ultimo caposervizio. L’aspetto fondamentale probabilmente è pero il fatto che nel frattempo sono cresciuto. Quando sono arrivato a Milano e ho iniziato la professione giornalistica, con la quale, presa singolarmente, non riuscivo a mantenermi, ero molto timido e insicuro e quindi vivevo ogni dinamica che si poteva creare a livello redazionale come qualcosa che andava a minare le mie certezze.
Volevi fare il giornalista, ma non eri sicuro che saresti riuscito a renderlo in pianta stabile il tuo lavoro.
Esatto. Avevo studiato Scienze Giuridiche e i miei genitori hanno sempre voluto che portassi avanti un piano b: venivo da Massa e loro erano totalmente estranei a questo mondo. Ho iniziato grazie alla conoscenza con Veronica Angeloni, una pallavolista di Serie A che allora, nel 2004, aveva vinto con la Nazionale Under 19 il Campionato europeo. Andai alla redazione del Tirreno e proposi loro un’intervista all’Angeloni: loro accettarono e l’intervista finì in pagina.
A chi deve dire grazie per quella che è stata la tua carriera fino ad oggi?
Innanzitutto a Tiziana (Panella, ndr), che è riuscita a creare insieme al nostro attuale capoprogetto Giuseppe Ciulla uno splendido clima a Tagadà. Non so in quanti sarebbero stati generosi come lei nella gestione del mio spazio all’interno del programma. Poi devo dire grazie al giornalista di Rai Sport Andrea Riscassi, che è stato il mio tutor alla Scuola di Giornalismo IFG di Milano. Indubbiamente però Michele Santoro è il mio maestro.
A proposito di climi competitivi, la redazione di Santoro è sempre stata descritta come una delle più agguerrite, anche sul fronte interno. Cosa ricordi di quei tre anni?
Spesso mi sono domandato se fare il giornalista fosse il lavoro adatto a me. Mi rendevo conto che serviva avere il cosiddetto pelo sullo stomaco e io ancora oggi non credo di averlo. Da Michele ho imparato a credere in me stesso. Il primo provino l’ho fatto con Maddalena Oliva, che era la caporedattrice, il secondo anche con lui. Non so ancora cosa avessero trovato in me per scegliermi. Da Michele ho ricevuto però una dose di fiducia, entusiasmo, ma anche critiche e consigli, sempre costruttivi, che mi hanno permesso di imparare a lavorare così come lo faccio oggi. Il riconoscimento del valore giornalistico di un’immagine l’ho imparato da lui e me ne rendo conto ogni giorno quando vado in diretta. Probabilmente senza Michele non avrei superato le mie insicurezze personali e professionali.
Per due settimane Tiziana Panella è stata assente da Tagadà e a sostituirla siete stati tu e Luca Sappino, con il quale dividi anche l’appuntamento aggiuntivo del sabato. Ti pesa dover condividere la conduzione anche quando manca la “titolare”?
No, non mi pesa assolutamente, anzi sono molto felice di condividere questa esperienza con lui per due motivi. Primo perché Luca è una brava persona – cosa che non è scontata – e secondo perché ci divertiamo: ci piace l’idea avuta dal direttore Salerno e dalla vicedirettrice Arnaboldi perché ci permette di sostenerci in un momento in cui il racconto giornalistico si fa sempre più duro, soprattutto per due conduttori giovani come noi che hanno ancora tanto da imparare.
La conduzione in solitaria è un obiettivo che un giorno vorresti raggiungere?
Non so che piega prenderà il mio futuro. Io sono per le relazioni lunghe sia nel privato sia nella vita professionale. Sento La7 come casa mia e mi fido molto dei progetti che mi affidano. Sicuramente in questo momento sento di essere nel posto giusto, sia come spalla di Tiziana sia in coppia con Luca. Desiderio comunque crescere con i consigli delle persone che mi aiuteranno a maturare professionalmente nella miglior maniera.
Che cosa ti gratifica maggiormente di quello che fai attualmente in tv?
Il fatto che le persone dicano che Tagadà è un programma utile. Durante il Covid, quando su idea del direttore Salerno abbiamo aperto i telefoni, ci siamo resi conto di quanto serva un’informazione utile e questo è sicuramente l’aspetto più gratificante.
In tv, da quando sei su una generalista come La7, ti sei sempre occupato di politica. Da giornalista ti piacerebbe affrontare altre tematiche?
Sono un grande appassionato di narrativa storica, cinema, teatro e pallavolo, che ha rappresentato la prima parte della mia vita. Mi piace variare e mi piacerebbe occuparmene anche per lavoro. A Tagadà in passato abbiamo provato a sperimentare temi, personaggi e linguaggi che uscissero dalla sola sfera politica, ma purtroppo oggi l’agenda non lo consente.
Da ex giocatore di pallavolo hai mai pensato di dedicarti al giornalismo sportivo?
Quando lavoravo al Tirreno scrivevo articoli legati alle squadre di pallavolo locali. Mi divertirebbe oggi fare la telecronaca di una partita di pallavolo, possibilmente femminile.
Il prossimo anno come pensi vivrete tu e Pierluigi Diaco la sfida che vedrà contrapporvi, lui su Rai2 e tu su La7?
Pierluigi è il mio primo consigliere, il mio primo sostenitore, il più grande regalo che in assoluto mi ha fatto la vita. Pensa come io possa vedere competitività di alcun tipo con lui. Sono cose che capitano: in fondo facciamo lo stesso lavoro.