Diavoli 2, nell’inferno della finanza prevale l’attenzione al racconto: la recensione
Dal libro di Brera alla serie tv, realtà e finzione in Diavoli si fondono sempre perfettamente: e la serie fa del racconto stesso la sua mission
Fonte: Sky
Il mondo della finanza è un inferno o a renderlo tale sono le persone che si muovono al suo interno? Così come nella prima stagione, Diavoli 2 preferisce non tanto cercare una risposta a questa domanda quanto, piuttosto, lasciare che sia il pubblico a costruirsi un’opinione. Ed è impossibile, a nostro dire, vedere questa serie ed avere le idee ancora più chiare a riguardo.
Diavoli 2, la recensione
Ed è proprio questo l’aspetto più interessante di questo progetto: Diavoli 2 è una di quelle serie che sa raccontare bene quello che ha in mente di raccontare. Complice la durata ristretta di questa stagione (otto episodi contro i dieci della prima), non c’è tempo da perdere in sottotrame che potrebbero distrarre il pubblico.
Tutto ciò che accade ha un senso all’interno della trama generale. E qui si ripete il fascino con cui questa serie si era presentata due anni fa, ovvero riuscire a fondere realtà e finzione senza che si riesca più a distinguere l’una dall’altra. Personaggi come Dominic Morgan (Patrick Dempsey) e Massimo Ruggero (Alessandro Borghi) sono frutto di Guido Maria Brera prima e degli sceneggiatori poi, ma siamo abbastanza certi che persone molto simili a loro, nel mondo reale della finanza, ce ne siano, eccome.
Ma più che sui personaggi, questa serie può contare sui fatti: dalla crisi economica globale della prima stagione alla già citata Brexit della seconda, insieme ai rapporti Cina-Stati Uniti, il 5G, la protezione dei dati ed il diritto alla loro privacy. Tutti argomenti che tornano ciclicamente nelle scalette dei notiziari, sulle prime pagine dei quotidiani e sulle loro home page: così come i protagonisti si danno battaglia per avere in mano la gestione di un potere che oggi più che mai li rende invincibili, anche la serie nel suo complesso si sforza (e ci riesce) di mantenere il controllo di una matassa di informazioni non facili da gestire.
Bravo è stato Frank Spotnitz, su sua stessa ammissione ignorante in materia finanziaria, a plasmare l’argomento senza affondarci le mani ma accarezzandolo e domandolo a favore di spettatore. Ed altrettanto bravi sono stati Lux Vide e Sky Italia a dare vita ad un progetto unico nel suo genere, dando l’ennesima conferma della sempre crescente versatilità italiana nel mondo delle serie tv. Che, a modo suo, quando vuole sa essere un vero inferno anch’esso.