La tv scopre i bunker anti-atomici. Una variazione “leggera” del tema guerra
Difficile parlare di leggerezza, perché l’argomento resta serissimo, ma una variabile sul tema guerra la offre l’argomento dei bunker anti-atomici
Quasi quaranta giorni di guerra raccontata in tv. Ad ogni ora, su ogni rete, con i talk che non mollano la presa e trasmissioni d’intrattenimento che hanno cambiato inevitabilmente tono. Le immagini di bombardamenti, morti e popolazioni in fuga sono dominanti e, in questo contesto, risulta difficile trovare una via d’uscita.
Difficile parlare di leggerezza, perché l’argomento resta serissimo, ma una variabile sulla vicenda sembra offrirla l’approfondimento dedicato ai bunker anti-atomici. Strutture attrezzate, altre fai da te, altre ancora messe in piedi nientemeno che dallo Stato.
La possibilità di una salvezza da cercare sotto terra genera suggestioni e la televisione sembra saperlo. Mercoledì sera, ad esempio, sia Le Iene che Atlantide – quasi in contemporanea – hanno proposto servizi simili. Nel primo caso, Giulio Golia ha visitato diversi rifugi perlopiù ‘familiari’ con una domanda di fondo legittima: “Anche se ci si salva, cosa succede una volta che ci si riaffaccia in un mondo devastato?”. Dall’altra parte, Andrea Purgatori ha invece condotto gli spettatori nel bunker anti-atomico nelle viscere del Monte Soratte operativo fino al 1993, dove si sarebbe rifugiato il governo in caso di guerra nucleare: “Qui avrebbero dovuto rimanere nascoste 100 persone, 50 militari e 50 politici. I politici sarebbero stati condotti bendati, nessuno doveva conoscere come arrivarci”.
Sono stati solo gli esempi più recenti, perché basta tornare indietro di qualche giorno per imbattersi in diversi focus analoghi trasmessi da Anni20 il 10 marzo e da In Onda domenica 20. Nello stesso giorno, tra l’altro, anche Sky Tg24 si era mobilitato con una visita al West Star, il nome in codice della struttura super segreta costruita sotto il monte Moscal, che poteva ospitare dalle 180 alle 500 persone per circa un mese.
Le modalità d’approccio sono differenti. C’è chi punta ad alimentare il senso di claustrofobia, chi opta per la parentesi storica, chi si sofferma sulla stravaganza. Perché il pericolo dell’atomica è sullo sfondo, ben visibile, ma nessuno intende realmente prenderlo in considerazione.