Non siamo ai livelli dei virologi in piena pandemia (Burioni, Bassetti, Pregliasco, Viola, Crisanti, Capua – l’elenco è assai corposo), ma, in proporzione, anche la nuova tragedia mondiale con cui facciamo i conti dal 24 febbraio scorso sta rendendo popolari alcuni volti e nomi fino a qualche tempo fa sconosciuti. Si tratta perlopiù di giornalisti esperti di geopolitica e di esteri che la tv ha ingaggiato per raccontare in maniera adeguata la guerra russa in Ucraina.
Dario Fabbri, curatore di Scenari, mensile geopolitico del quotidiano Domani, attivissimo su Twitter, è praticamente presenza fissa negli speciali del TgLa7 dedicati all’invasione russa in Ucraina (ma si è visto anche a Omnibus, Presadiretta e Atlantide).
Periodo professionale particolarmente intenso anche per il direttore di Limes Lucio Caracciolo (il più noto, tra questi, per il pubblico tv), scelto da Lilli Gruber sin da subito per gli approfondimenti sulla guerra a Otto e mezzo, dove presenzia in studio quasi tutte le sere e fa sfoggio di equilibrio e autorevolezza.
Molto più discusse le partecipazioni televisive del sociologo direttore Sicurezza Internazionale LUISS Alessandro Orsini e del giornalista ucriano Vladislav Maistrouk.
Il primo (che qualche giorno fa, dopo la fine della collaborazione con Il Messaggero, non lesinando in modestia, ha chiesto via social scusa ai lettori che si erano abbonati solo per leggere lui – subito dopo è passato a Il Fatto Quotidiano) è stato ‘lanciato’ da Piazzapulita di Corrado Formigli, dove espone le sue idee non propriamente convenzionali, generando discussioni e confronti accesi, nel segno del pluralismo (ma anche del paraculismo televisivo). Giovedì scorso, per esempio, ha detto: “Se Zelensky diventa un ostacolo alla pace, per me deve essere abbandonato. Noi siamo come Putin, se Putin è un mostro lo siamo anche noi“.
Il secondo, visto a Cartabianca, Fuori dal coro, Non è l’arena, Tagadà, L’aria che tira e Piazzapulita, è descritto perfettamente dal sito MowMag: “Duro, esplicito, divisivo perché di parte ma della parte che sta sotto le bombe“. Il giornalista ucraino, infatti, si collega proprio da Kiev e va continuamente all’attacco di Putin, della Russia, ma anche dell’Occidente “vigliacco e che per otto anni ha fatto finta di non vedere“. Una presa di posizione schieratissima, espressa con toni vivaci e lessico diretto. E assolutamente funzionale alla logica dei talk show.
Volti e nomi che godono di una improvvisa popolarità legata alla drammatica attualità e alla necessità della tv di dare al pubblico punti di riferimento considerabili autorevoli.