È la sua prima volta da conduttrice, ma “in realtà è solo cambiata la scala dell’esposizione” per Barbara Gallavotti, che lo scorso sabato ha debuttato alla guida di Quinta Dimensione – Il futuro è già qui.
Cosa ti ha spinto più di vent’anni fa ad avvicinarti al mondo della televisione?
Io lavoravo da genetista in un laboratorio e un giorno vidi arrivare la troupe di Superquark. Da sempre volevo fare la giornalista e in quel momento ebbi una folgorazione: lasciai il mio lavoro da genetista e mi unii a un gruppo di persone che stavano facendo nascere il primo giornale scientifico online, Galileo, che ha rappresentato la mia scuola giornalistica di base. Intrapresi varie collaborazioni e nel nel frattempo continuavo a inviare in maniera donchisciottesca curricula per la tv, soprattutto per la redazione di Superquark. Un curriculum andò a finire a Geo & Geo e da lì venne attinto quando Piero (Angela, ndr) si occupò di formare la redazione del nascente Ulisse
Sostenesti un colloquio con lui?
Sì, mi ritrovai con Yurij Castelefranchi a fare un colloquio con Piero Angela, che, dopo che gli ebbi fatto vedere quello che avevo scritto e dopo aver conversato alcuni minuti, mi chiese: “E lei che strumento suona?”. “Pianoforte” risposi dicendo l’unico strumento che avevo suonato da piccola. E così superai l’esame insieme a Yurij.
Nella tua pagina web definisci Piero e Alberto Angela “due straordinari maestri”. Quali sono gli insegnamenti più importanti che ti hanno trasmesso?
Piero, che è la persona che mi ha insegnato tutto, mi ha trasmesso il totale rispetto per il pubblico: noi interagiamo con persone che, nonostante non abbiano competenza specifiche sul tema, sono curiose e intelligenti e pertanto esigenti. Alberto ha aggiunto invece un’attenzione ai particolari che riescono a coinvolgere sempre i telespettatori, anche con un tono di intrattenimento, riuscendo a risultare la persona della porta accanto con cui dialogare.
Il primo esordio in video è stato con E se domani. Da quel momento hai iniziato a pensare che un giorno saresti potuta arrivare alla conduzione di un programma tutto tuo?
Per il mio esordio davanti alla telecamera devo gratitudine a Simona Ercolani, che all’epoca decise di mandarmi in video come inviata nella seconda edizione del programma. Superquark all’epoca non prevedeva la partecipazione degli autori nei servizi, che poi è maturata in seguito. L’idea di raccontare in prima persona le cose che si scrivono credo che sia un bisogno spontaneo e quindi è sempre stata una cosa che mi sarebbe piaciuta fare.
Negli ultimi due anni sei stata spesso in tv, soprattutto a DiMartedì. In una scala da 1 a 10, quanto hanno influito queste ospitate sul fatto che tu abbia ottenuto oggi la conduzione di un programma di prima serata su Rai3?
Direi 10. Per arrivare alla conduzione di un programma di prima serata, su Rai3, il sabato sera, sicuramente devi offrire una certa garanzia di essere apprezzata da un pubblico ampio e costante, che è una cosa che mi ha dato solo DiMartedì, grazie a un gesto di enorme coraggio di Giovanni Floris, che ha scommesso, ancorché in tempi di Covid, su un tema scientifico per un pubblico interessato alla politica e all’economia.
Le tue ospitate si sono concentrate principalmente a DiMartedì. Non hai ricevuto altre proposte o hai preferito privilegiare Floris?
Sono andata volentieri anche in altri programma, ma mai con grande regolarità e mai con grande frequenza. C’è però un motivo: la divulgazione scientifica non si improvvisa. Sono temi complessi, vanno seguiti, leggendo ogni giorno centinaia di comunicati stampa e ricerche scientifiche: una volta capita qual è la cosa importante, devi capire come raccontarla perché se lo fai improvvisando può andare bene in un talk show per una battuta, ma se vuoi spiegare un argomento complesso devi prepararti adeguatamente, pensando a come articolare il discorso, a un’eventuale grafica di supporto… Gli interventi a DiMartedì richiedevano molto tempo per essere preparati e se riuscivano bene era grazie anche al lavoro che stava dietro alle domande che mi venivano poste da Giovanni.
In una recente intervista hai dichiarato: “In Italia c’è un problema culturale per cui il giornalista scientifico viene considerato meno credibile di uno scienziato o di un medico”. Anche la tv durante la pandemia ha contributo a questo stereotipo, invitando soprattutto medici e scienziati?
Questa scelta è già un effetto: il fatto che il giornalismo scientifico in Italia non sia considerato ha fatto sì che nell’emergenza si sentissero solo coloro che erano impegnati sul fronte. Lo sguardo esterno, che contestualizza, è fondamentale in qualunque campo, eppure nella scienza si è sempre pensato di fare affidamento esclusivamente sugli esperti. L’esperto inevitabilmente ti può raccontare però il suo punto di vista e nel merito uno scienziato può non essere abituato a fare una distinzione fra le conoscenze condivise e gli argomenti in discussione su cui sta lavorando e con i quali esprime una sua legittima opinione. Il pubblico ha bisogno di capire se quello che viene raccontato proviene dalla posizione di esperto o di osservatore indipendente. L’aspetto più frustante della mia esperienza a DiMartedì, che nel complesso considero in maniera estremamente positiva, è che, nonostante fossi stata sempre presentata come divulgatrice scientifica, per molto tempo sono rimasta nella percezione del pubblico una scienziata. Adesso sono estremamente felice di iniziare ad essere vista per quello che faccio realmente.
Due giorni fa infatti hai esordito con Quinta Dimensione. Siete partiti dal 3,93% di share con 771.000 telespettatori: ti aspettavi dei numeri più alti?
Io credo che possiamo essere contenti perché ci ritrovavamo a parlare di agenti infettivi mentre in questo momento stiamo vivendo un’altra cosa ancora più angosciante di cui preoccuparci. Fare il punto su questi due anni era sembrata una scelta necessaria e opportuna per il servizio pubblico e la decisione di aprire in questo modo era anche per dare una sorta di volta pagina nelle puntate seguenti.
Partire con un tema diverso avrebbe potuto giovarvi?
Abbiamo in programma un puntata sull’ambiente, con la quale probabilmente io sarei partita, e altre due puntate che riguardano più noi stessi: la prima, che andrà in onda sabato prossimo, riguarda cosa dice la ricerca sul rimanere giovani il più a lungo possibile e la seconda, che sarà l’ultima, riguarda cosa ci dice il dna umano. Sono sicuramente temi più rilassanti in un momento in cui siamo tutti angosciati da fatti che non dipendono da noi.
Quest’estate tornerai a Superquark?
Assolutamente, ci sto già lavorando e Superquark resta il luogo in cui sono nata.
Indipendentemente dalla riconferma o meno di Quinta Dimensione, ti piacerebbe proseguire con la conduzione?
Per me in realtà è cambiata solamente la scala della mia esposizione. Io, infatti, non ho vissuto un taglio netto rispetto ai servizi che facevo per Superquark. Sulla riconferma di Quinta Dimensione decide il pubblico, che stabilisce se una cosa funziona o è necessario invece trovare altri linguaggi.