Venti anni fa l’esordio in tv come letteronza a Mai dire domenica, oggi il primo programma tutto suo. Andrea Delogu, da alcuni anni uno dei volti giovani più affermati alla conduzione televisiva, è tornata su Rai2 con Tonica.
Con Tonica la gavetta è finalmente finita?
Se pensassi che la gavetta fosse finita, sarei finita innanzitutto io. È uno stimolo che serve costantemente, altrimenti si rischia di avere la sensazione di non aver più nulla da imparare.
“Ce l’ho fatta” quindi non ti sei mai sentita di dirlo…
Sicuramente con Stracult per la prima volta ho capito che in tv potevo funzionare così come ero. Dopo Arbore mi sono dovuta però fermare un attimo per cercare di capire cosa effettivamente volessi raccontare.
C’è stato un periodo in cui venivi considerati sovraesposta. Dissi: “Accetto il 10% per cento di quello che mi hanno proposto”. Ti sei pentita di aver accettato qualche programma o al contrario di averne rifiutati altri?
Forse non era il 10%, ma almeno il 30% di quello che mi proponevano lo rifiutavo, perché funziona così: quando vedono persone che stanno nascendo e che possono fare queste mestiere, ti propongono diverse opportunità professionali. Ciò che ho scelto era quello che volevo sperimentare su di me e sono proposte sulle quali finché non ci lavori spesso non capisci cosa comportano.
Come hai vissuto complessivamente l’esperienza di La Vita in Diretta Estate?
Umanamente mi ha fatto incontrare Marcello Masi e sono grata di questo. Professionalmente per me era una sfida enorme, perché rappresentava qualcosa di molto lontano da quello che ho sempre immaginato di fare e soprattutto da quello che avevo fino ad allora imparato a fare. Quando per la prima puntata mi assegnarono una pagina di spettacolo, capii subito che avrei voluto però cimentarmi con altro rispetto a quello che già facevo e chiesi di poter fare un’intervista di cronaca nera. La Vita in Diretta Estate è stata per me soprattutto una grande lezione di pacatezza, dalla quale ho imparato a gestire il mio entusiasmo e a stare sulle righe.
“Stare sulle righe” è un po’ il mantra di Tonica. Qual è il significato che assume per il programma?
Stare sotto le righe per me corrisponde a una mancanza di libertà. Stando invece sulle righe, senza censurarsi a priori per paura di essere fraintesi, si raccontano cose che non mancano di rispetto nei confronti di nessuno.
Recentemente hai dichiarato in un podcast del Corriere della Sera: “Prima dei social ti assoggettavi a opinioni di persone magari illuminate o magari di una certa età e di gusti vetusti”. Qual è il pregiudizio più ingombrante che hai dovuto superare lavorando in tv?
La cosa che mi fa più inca**are è che sembra che se io mi metto un minigonna o un vestito provocante, perché magari in questo periodo mi piaccio così, allora quello che dico ha meno peso, come se per parlare di cose serie mi dovessi vestire come la gente si aspetta che ci si vesta per parlare di determinati argomenti.
Rispetto all’esperienza in radio, che cosa riesce a darti in più la tv?
La televisione ha più livelli di comunicazione, che richiedono la presenza di più persone che comprendano insieme la visione complessiva del programma e riescano a renderla nei più vari aspetti. Con Tonica, ad esempio, abbiamo lavorato attentamente sulle luci e sulla regia diretta da Cristiano D’Alisera. Poi indubbiamente c’è anche un grande lavoro di scrittura e riguardo a questo sono contenta di aver scelto di portare in tv gli autori con cui lavoro in radio perché avevo bisogno di questo, di confidenza con persone di cui mi fido e che mi conoscono.
In un’intervista di due anni fa parlavi di un rischio della tv: “A volte relega uomini e donne a fare sempre le stesse cose”. Tonica potrebbe spingerti a questo?
Per il momento sono molto cauta. Con Arbore siamo arrivati al 20% e in quel momento ho visto tutto il mondo che si muoveva con quella luce addosso… Poi ho capito che come conduttore non sei un solo programma che funziona, ma c’è tutto un percorso da fare. Se Tonica dovesse continuare a funzionare – ed è la cosa che al momento mi interessa di più – mi piacerebbe che diventasse un marchio. Sicuramente in queste puntate ho messo tutto ciò che ho di mio, portando anche molto del mio vissuto personale nel programma, per togliere tutti i possibili filtri.