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La politica si racconta al telefono: da esigenza Covid a format tv

La finta videochiamata per intervistare il politico di turno: il Tg1 trasforma in un format un’esigenza dovuta al Covid. Ma perché?

13 Febbraio 2022 18:53

L’intervista in videochiamata sembra essere il must del Tg1 in questo inizio 2022. Un primo assaggio, diremmo inedito, lo avemmo nel primo giorno di  votazioni per il Presidente della Repubblica: correva il 24 gennaio e l’unico modo per avvicinare qualche grande elettore positivo al Covid non poteva che essere quello di contattarlo al telefono. Lo fece, in diretta, l’inviata del Tg1 Maria Soave che contattò il deputato Ugo Cappellacci, già Presidente della Regione Sardegna, chiedendogli un feedback sul primo voto.

Certo, il Covid ha costretto a nuove forme di costruzione narrativa nell’intrattenimento e nell’informazione: la positività dei conduttori ha portato alla conduzione da remoto, così come l’impossibilità di avere ospiti in studio ha definitivamente ‘sdoganato’ il collegamento, precedentemente evitato accuratamente, come ci spiegò in un’intervista di qualche tempo fa Andrea Scanzi.

L’intervista live in videochiamata, però, ebbe il sapore di una novità in quel lunedì pomeriggio che inaugurò una lunga settimana di dirette da Montecitorio. L’inquadratura sulla mano dell’inviata, la ricerca dell’angolazione giusta, il PPP sullo schermo di uno smartphone sembrarono una nuova frontiera della testimonianza giornalistica di ‘prima mano’.

Negli stessi giorni un’altra telefonata ruppe la liturgia del racconto elettorale: parliamo di quella di Beppe Grillo a Mentana, raccolta in diretta dal direttore del TgLa7 in piena Maratona, con la garanzia della non diffusione della voce dell’interlocutore, ma solo della corretta trasmissione della smentita accoratamente sostenuta dal ‘padre nobile’ del Movimento 5 Stelle in diretta tv.

Non che le telefonate in diretta siano una novità nel giornalismo televisivo, ma quella arrivata sul cellulare privato del direttore del TgLa7 e quella videochiamata diventata intervista hanno avuto l’effetto di una novità nel racconto formale del giornalismo tv.

Entrambe i casi su elencati hanno in comune l’eccezionalità della situazione e la necessità di cogliere l’attimo, di approfittare dell’opportunità: da una parte la consapevolezza di avere una fonte di prima mano che non vuole esporsi – ma che chiama consciamente in piena diretta –  ma che è fondamentale nel racconto del momento, dall’altra la mancanza di una concreta alternativa, vista l’impossibilità di avvicinare un positivo per evidenti ragioni sanitarie e di sicurezza.

Ma la modalità dell’intervista in videochiamata deve essere piaciuta alla direttrice del Tg1 Monica Maggioni, che l’ha resa quasi un format originale del suo telegiornale. Dopo aver dinamicizzato la conduzione, con la presenza in studio di esperti per dati e commenti, e aver movimentato anche il lancio dei collegamenti con la ‘dialettica’ di Elisa Anzaldo, tornata finalmente in studio, ora si ‘inaugura’ un nuovo formato di intervista politica, la ‘falsa’ videochiamata. L’abbiamo vista diverse volte, addirittura due nello stesso servizio andato in onda nel Tg1 delle 20 di sabato 12 febbraio 2022.

Da una parte il politico intervistato che parla a un cellulare mentre è inquadrato da una telecamera, dall’altra il giornalista che a propria volta è inquadrato da un’altra (?) telecamera. Non c’è quindi una ‘mancanza’ di mezzi o l’impossibilità di raggiungere l’interlocutore: il tutto sembra un artificio retorico/filmico voluto e ricercato, ma di cui sfugge il senso narrativo se non quello di un ‘movimento’ che vada oltre l’opinione richiesta a camera fissa con sguardo diretto al telespettatore. Un modo, insomma, per variare la sequela – noiosa e piatta – delle dichiatazioni rilasciate dai politici alla telecamera senza neanche la mediazione dei giornalisti nell’ormai tradizionale ‘pastone’ Tg che sa di slogan ripetuti a pappardella ai telespettatori/elettori. Qui la mediazione diventa paradossalmente doppia: quella del giornalista e quella dei mezzi di ripresa.

Al netto dei mezzi utilizzati, della retorica filmica e delle tecniche di ripresa, la mediazione che cerchiamo dal giornalismo è quella informativa. Il doppio schermo rischia di distrarre e non aiutare. Ma è comunque una novità interessante da segnalare.