Il Cantante Mascherato: i limiti dell’adattamento italiano continuano ad esserci tutti
Il Cantante Mascherato, giunto alla terza edizione, è un format forte ma l’adattamento italiano ne penalizza le potenzialità.
Il Cantante Mascherato non sta crescendo molto bene. Oramai privo della spinta indotta dalla novità nonché dalla curiosità iniziale di vedere in tv uno show bizzarro (indubbiamente sui generis anche oggi) e reduce anche da una seconda edizione tutt’altro che esaltante, al termine della prima puntata della terza edizione, si percepisce la sottile sensazione che il varietà condotto da Milly Carlucci, in onda su Rai 1, si stia già trascinando stancamente avanti, avvertendo notevolmente l’assenza di un upgrade che ne possa giustificare la presenza in tv.
Al di là del problema dell’orizzontalità, che c’è ed è evidente, ossia il compito di rendere interessante al telespettatore tutta la parte “investigativa” dello show, mantenendo alto questo interesse lungo tutta l’intera edizione, il kick-off de Il Cantante Mascherato mantenne la propria peculiare energia anche l’anno scorso, nella seconda edizione.
Il Cantante Mascherato: la prima puntata
Quest’anno, non è bastato l’ingresso di Arisa, di cui la contezza del mezzo televisivo è tale che non rappresenta più una novità (tra l’altro, stasera, anche meno fuori dalle righe rispetto al solito) a rinfrescare lo show e a rigenerare una giuria dove le prerogative rimangono quelle di sparare nomi a casaccio al solo fine di depistare (da citare, Flavio Insinna, particolarmente svogliato stasera, tra il serio e il faceto: “Vuoi che sbaglio?”) e mantenere un fastidioso filo rosso con la solita urticante bolla social.
Sparare nomi “ad minchiam”, citando un celebre allenatore, può essere una delle conseguenze del problema della summenzionata orizzontalità da cui dipende, ovviamente, anche la distribuzione degli indizi, a volte accurati, a volte palesi, a volte troppo palesi (è evidente che alcuni dei vip mascherati corrispondono agli ospiti visti oggi nei duetti). Riconosciamo che il compito di invogliare lo spettatore ad investigare, senza rendere il gioco troppo ermetico, non è semplice.
Pensare ad uno show verticale sa di extrema ratio poco fattibile ma è evidente che il numero delle puntate necessita di essere più esiguo rispetto alle 6 previste (5 l’anno scorso, 4 due anni fa).
Un’altra caratteristica dello show è il gemellaggio esplicito ed evidente con Ballando con le Stelle che rende Il Cantante Mascherato quasi uno spin-off del primo, una specie di “joint venture” di cui il direttore Coletta ha tessuto le lodi nel corso della conferenza di presentazione, di cui, però, è difficile trovare le motivazioni se non la volontà di Milly Carlucci di attorniarsi di persone che conosce e con le quali lavora bene. Per quanto riguarda il pubblico, non sembrano esserci particolari vantaggi.
Per il resto, Il Cantante Mascherato è apparso uno show troppo rilassato, svogliato, ripetitivo, con performance poco spettacolari, con regolamenti e intenti non del tutto resi chiari al pubblico (e forse neanche alla giuria) e con il rituale del “Giù la maschera” che, stasera, è stato leggermente più asciutto solo a causa dello sforo a discapito di Tv7. Nelle scorse edizioni, era più conveniente aspettare Godot piuttosto che il nome del vip nascosto sotto la maschera.
Anche una durata più breve favorirebbe indubbiamente questo show, un format che, nonostante le critiche, rimane icastico, divertente e anche trasversale ma con un adattamento italiano che presenta tanti limiti e che ne penalizza le potenzialità.