All’ombra della Torre Eiffel ci sono storie e personaggi che stanno pian piano conquistano un pubblico che va oltre i confini francesi ed arrivano in quelli infiniti (e quindi inesistenti) dello streaming. A ben vedere, la fine del 2020 e soprattutto il 2021 è stato l’anno in cui la Francia è riuscita ad inanellare ben tre successi capaci di ottenere l’attenzione internazionale del pubblico di Netflix. E dire che qualche anno fa, con Marseille (una dei primi originals prodotti fuori dai confini americani) le cose non avevano funzionato alla grande.
Una, in particolare, si è presto rivelata una delle produzioni originali non in lingua inglese più viste di sempre del colosso, ovvero Lupin: la serie con Omar Sy ispirata ai celeberrimi romanzi di Maurice Leblanc è subito schizzata in cima alle Top ten di mezzo mondo (Italia compresa). Un successo quasi inaspettato, ma raggiunto grazie alla fama del ladro gentiluomo, ad un cast all’altezza (la storia, a dire il vero, un po’ meno) ed al fascino di alcune location -girare al Louvre è stato un colpaccio-.
Prima di Lupin (era la fine del 2020, ma l’eco è stata tale che se n’è parlato anche nel 2021, con l’attesa crescente verso la nuova stagione) c’è stato Emily in Paris. Una produzione americana, è vero, ma che ha fatto di Parigi il suo biglietto da visita: la storia raccontata da Darren Star non avrebbe avuto lo stesso successo se fosse stata ambientata in una qualsiasi città statunitense. In questo caso, si potrebbe dire che è la location a contare più della trama in sé, divertente sì ma non da far definire questa serie un evento vero e proprio. Piuttosto, Emily in Paris appartiene alla categoria dei guilty pleasure, dove lo sfondo alla storia è quel tocco in più che rende il tutto molto più originale.
E poi, c’è Chiami il mio agente (che l’anno scorso, a dirla tutta, è giunto alla quarta stagione), la serie tra quelle che abbiamo citato maggiormente girata in interni e che quindi meno si appoggia alla Parigi da cartolina che tanto potrebbe attirare il pubblico straniero. Eppure, Dix pour cent (questo il titolo originale) è forse la serie più francese, capace di raccontare tramite le vicende da ufficio di un’agenzia di talenti la passione per la settima arte, il cinema (tant’è che qui l’oggetto di vanto non è la città, ma il lavoro di chi vi vive), in una delle città più romantiche del mondo, senza farsi mancare un tocco di cinismo e di sorprendente umorismo.
E’ interessante come Parigi, nel corso di un anno, sia stata così presente nel catalogo Netflix. Attenzione: non parliamo del catalogo locale francese, ovviamente, ma di quello degli altri Paesi, che hanno così potuto conoscere una Francia e dei francesi differenti da quella degli stereotipi portati sul piccolo schermo. Se queste tre serie sono diventate così popolari è anche merito di questa volontà di raccontare un Paese straniero uscendo dai confini del luogo comune, giocando strategicamente a livello d’immagine ma senza dimenticare che negli anni Venti del Duemila un bel panorama non basta più, ma serve anche sapere usare gli strumenti più contemporanei a disposizione di un racconto.