Back to School: forse il segreto è tenere le aspettative basse…
Back to School non è affatto male e rappresenta il perfetto compromesso tra il linguaggio factual moderno e la tv di “una volta”.
Back to School, il nuovo programma di Italia 1, condotto da Nicola Savino, previsto per novembre scorso e che ha avuto inizio solamente con l’avvento del nuovo anno, non è affatto male.
Le aspettative erano basse, anche perché, alla vigilia della visione, era difficile non lasciarsi influenzare dal fatto che stiamo parlando, appunto, di uno show televisivo rinviato che, in questa prima puntata, è apparso quasi anacronistico, con abiti estivi e Nicola Savino che parlava di “estate appena trascorsa” (un po’ di ulteriore editing non avrebbe fatto male…).
Minuziosità a parte, Back to School ha convinto perché, nel suo piccolo, rappresenta il perfetto anello di congiunzione tra il linguaggio factual moderno e la tv di “una volta”. Per tv di una volta, ovviamente, non intendiamo la paleotelevisione ma, più che altro, la tv anni ’90-2000 (ridendo e scherzando, parliamo di venti/trent’anni fa).
Procedendo con un comodo paragone, infatti, negli ultimi anni, abbiamo assistito alla traduzione di vecchi programmi nel linguaggio factual attuale. A riguardo, si potrebbero citare Temptation Island, che ha avuto origine da Vero Amore, programma che i diciottenni di oggi ignorano bellamente, o La Pupa e il Secchione, che, da varietà, si è trasformato praticamente in un docu-reality privo di studio e tutto realizzato in esterna.
Back to School: la prima puntata
Back to School, stando a quanto era stato anticipato alla vigilia, appariva quasi come uno spin-off de La Pupa e il Secchione, con il giochino, un po’ ritrito, di far ridere ostentando un’ignoranza che, spesso, in realtà, neanche c’è. Anche soffermandoci da questo punto di vista, le aspettative erano tutto fuorché alte.
Si possono citare anche show con protagonisti i bambini tra i quali lo scontato Chi ha incastrato Peter Pan?. Anche Back to School, quindi, pur essendo un format originale, partiva con gli spauracchi dei paragoni, collocabili, come scritto in precedenza, alla tv di una volta.
Back to School è un programma che, sempre nel suo piccolo (perché non stiamo parlando di uno show memorabile), può insegnare qualcosa, ad esempio, come prendere il buono della tv del passato, evitando di dar vita a tristi operazioni nostalgia, e renderlo contemporaneo con un linguaggio indubbiamente adatto ad oggi: un ottimo compromesso per non realizzare l’ennesimo factual in un palinsesto di programmi fatti ormai con lo stampino.
In Back to School, i maestrini, 12 bambini di età compresa tra i 7 agli 11 anni, sono protagonisti dei filmati che mostrano le varie tappe della preparazione al campus dei ripetenti, 25 personaggi del mondo dello spettacolo e dello sport, all’esame di quinta elementare che dovranno (ri)sostenere.
In studio (un’aula magna), invece, i protagonisti sono gli adulti, con Nicola Savino che dirige il traffico tra i ripetenti, la severissima (ma non odiosa) commissione composta da 5 veri maestri di scuola elementare e i parenti e amici dei ripetenti. In questo caso, i bambini osservano gli esami e i risultati del loro lavoro da un’altra prospettiva, dietro le quinte.
Lo show non annoia per due motivi: la durata “umana”, in primis, e soprattutto il fatto che i percorsi dei 6 protagonisti non sono disposti in sequenza ma si alternano nel corso della puntata, una scelta semplice e intelligente.
Per quanto concerne questa prima puntata, Clementino conferma la propria forza televisiva già vista a The Voice Senior, un potenziale eloquente che ora va gestito oculatamente, senza fretta. La presenza degli ospiti di professione (Salemi, Moser…), invece, in uno show gradevole come questo, non disturba neanche più di tanto.
Back to School, quindi, non ha deluso e, forse, proprio il fatto di aver nutrito aspettative basse può aver inciso positivamente (un po’ come capitò l’anno scorso con The Voice Senior).