Dal 3 dicembre è disponibile su Netflix Coming Out Colton, una docu-serie in sei puntate che racconta la vicenda di Colton Underwood, un 29enne molto noto negli Stati Uniti d’America per essere stato un giocatore di football a livello professionista e soprattutto il protagonista della 23esima edizione di The Bachelor, dating show molto noto Oltreoceano che da noi è stato condotto da Cristina Parodi con il titolo di The Bachelor – L’uomo dei sogni su Canale 5 nel 2003 (poi non più riproposto, per bassi ascolti e per la presenza in palinsesto di un format molto simile, Uomini e Donne, che quell’anno conobbe un boom senza precedenti con il trono di Costantino Vitagliano).
Il bel Colton alla fine del programma in onda negli Usa da ventisei stagioni aveva scelto come compagna Cassidy Randolph. La coppia ha una relazione per qualche mese, poi annunciano la rottura nel maggio del 2020 per la patologica gelosia di lui. L’11 settembre dello stesso anno, Colton viene raggiunto da un ordine restrittivo nei confronti della donna, alla quale aveva piazzato dei localizzatori nell’auto. Poi la svolta inattesa il 14 aprile 2021: Colton Underwoood dichiara la sua omosessualità nel corso di un’intervista a Good Morning America, seguitissimo programma del mattino.
Ed è proprio su quello che succede in seguito alla sua rivelazione che si incentra Coming Out Colton. A parte la scarsa credibilità del coming out con i familiari davanti alle telecamere (le reazioni sono molto innaturali e recitate), la docu-serie mostra bene la discesa agli Inferi del 29enne con l’ordine restrittivo e la successiva rinascita. Underwood con The Bachelor e soprattutto con la scelta di Cassidy dichiara di voler completare il suo processo di repressione dell’omosessualità, ma è impossibile rinnegare la propria natura.
Nel doc sono presenti oltre a familiari di Colton, anche stelle fresche dal recente coming out come Gus Kenworthy, sciatore freestyle e attivista LGBT che diventa amico di Underwood, così come non mancano vecchie glorie del football che hanno dichiarato la propria omosessualità in carriera (Michael Sam nel 2014, poi attaccato anche in quanto nero) o alla fine, come avvenuto nella maggior parte dei casi. Un ritratto senza sconti di un mondo dello sport dal machismo ancora dilagante.