Terza Pagina, la questione del linguaggio inclusivo debutta in televisione con un dibattito molto interessante su Rai 5
Il contenitore culturale di Rai 5 ha il merito di aver affrontato un tema che finora sul piccolo schermo (ma non certo sui social network) sembra un tabù.
Ci voleva una rete di nicchia come Rai 5 per far entrare in televisione il tema del linguaggio inclusivo. Questo merito va al programma Terza pagina, in onda il sabato alle 17.55 sul canale 23 del digitale terrestre. Si tratta di un contenitore culturale che tratta di arte, letteratura e società con un’apertura al pop. La conduzione è affidata alla scrittrice Licia Troisi.
Due puntate fa la trasmissione ha rotto una sorta di tabù, dando spazio alla questione dello schwa, che infiamma tantissimo i social network ma che in televisione non era mai stato ospitato. In estrema sintesi, si tratta di un simbolo fonetico (ə) che alcuni sociolinguisti come Vera Gheno hanno illustrato al posto del maschile sovraesteso, quest’ultimo impiegato anche quando in una pluralità di persone ci sono anche soggetti di genere femminile (per esempio “carə tuttə” al posto di “cari tutti” per comprendere maschi e femmine). Si tratta di un argomento che anche parlanti di altre lingue si sono ritrovati ad affrontare come inglesi, spagnoli e tedeschi.
Il programma ha ospitato proprio Vera Gheno, come esperta favore dello schwa (in realtà sarebbe più corretto dire come a favore di un linguaggio inclusivo, visto che anche per lei lo schwa ha dei limiti) e il linguista Paolo D’Achille, accademico della Crusca fortemente contrario all’uso di questo simbolo fonetico.
In studio con la conduttrice radiofonica Federica Gentile e l’analista dei media Emanuele Bevilacqua, oltre al segretario della Società Dante Alighieri Alessandro Masi, Troisi ha passato in rassegna le questioni di genere legate al linguaggio come sindaco/sindaca. L’uso del secondo termine ha conosciuto una certa ascesa soprattutto grazie a donne che hanno conquistato la carica di primo cittadino, come Virginia Raggi e Chiara Appendino rispettivamente per Roma e Torino.
Non poteva mancare un passaggio relativo al caso sollevato da Beatrice Venezi che al Festival di Sanremo 2021 ha tenuto a farsi chiamare direttore d’orchestra e non direttrice.
Il concetto più interessante viene evidenziato proprio da Masi: “La lingua non si cambia per decreto, vediamo quello che succede“. Un dibattito davvero ben riuscito, peccato per la collocazione periferica del programma. Intanto, l’unica trasmissione aperta al linguaggio inclusivo sembra al momento Che succ3de?, che utilizza l’asterisco per includere maschile e femminile.