Strappare lungo i bordi, Zerocalcare non si erge a voce di una generazione, e per fortuna: la recensione
Michele Rech non tradisce se stesso e regala a Netflix la prima produzione animata italiana e, soprattutto, la migliore finora realizzata dalla piattaforma
Fonte: Netflix
Recensione breve di Strappare lungo i bordi di Zerocalcare? Promossa a pieni voti. Davvero, non servirebbero altre parole per descrivere quello che probabilmente doveva essere una delle tappe della carriera di uno dei personaggi più in ascesa della cultura pop italiana. Michele Rech, al secolo Zerocalcare, appunto, ha imbastito una serie tv tale per cui Netflix Italia dovrà rendergli grazie per molto tempo e che, soprattutto, conferma quanto avevamo ipotizzato nei giorni scorsi a proposito dello stato delle produzioni nostrane della piattaforma: Strappare lungo i bordi deve essere la serie della svolta, da qui in poi l’asticella si alza notevolmente.
Strappare lungo i bordi, la recensione
Zerocalcare (insieme a Movimenti Production ed in collaborazione con BAO Publishing) arriva a questa serie dopo i suoi lavori vendutissimi in libreria e, soprattutto, dopo alcuni lavori animati pubblicati sui propri profili social e trasmessi in piena quarantena 2020 durante Propaganda Live. Quei corti già contenevano il seme di quello che poi sarebbe sbocciato nella sua prima serie animata vera e propria.
Ed è bene sottolineare questo: perché Zerocalcare non ha inventato nulla di nuovo, non si è arrampicato su trame complicate e lunghissime (i sei episodi durano tra i 16 ed i 21 minuti) e, cosa ancora più importante, non ha mai tradito se stesso. Ritroviamo quindi sia il tratto con cui il suo stile si è contraddistinto in questi anni, all’interno di un’animazione veramente eccellente, ricca di dettagli, semplice e gradevolissima; ma ritroviamo anche il suo pensiero, apparentemente caotico ma con una lucidità davvero inusuale.
Strappare lungo i bordi gioca proprio su caos ed ordine: il caos fornito soprattutto dai primi episodi, in cui la serie sembra essere semplicemente un ammasso di situazioni separate l’una dall’altra; e l’ordine che si va costituendo nella seconda metà di stagione, fino al finale che rivela come tutto quello che è stato raccontato dall’onnipresente voce fuori campo di Zerocalcare abbia avuto un senso. Semplicemente, non l’avevamo ancora percepito.
Se la scoperta, strada facendo, del messaggio che la serie vuole veicolare è indubbiamente una delle ragioni della riuscita di questo prodotto, non è a nostro dire quella principale. Va detto che anche in questo caso Zerocalcare torna sui temi a lui cari e già affrontati in passato: i dubbi esistenziali, le paure del fallimento, l’osservazione del mondo circostante nell’ironico tentativo di decifrare il mondo che decifrabile non è. Ed è in questo che Strappare lungo i bordi fa centro.
Perché Zerocalcare avrebbe sì tutte le carte in regola per ergersi a voce di una generazione in bilico tra precariato e futuro incerto, ma non cede alla tentazione. La voce di Michele Rech è sua e resta solo la sua, sempre: ciò che racconta non vuole trasformarsi in un messaggio universale né in una rappresentazione di un mondo o di una sua fetta. Ciò che fa Zerocalcare fin da quando abbiamo iniziato a conoscerlo è semplicemente farsi delle domande; le riposte potrebbero arrivare o forse no, ma non è quello che conta.
Strappare lungo i bordi svela da subito la sua natura ibrida: una serie costituita da momenti, ma con una struttura più solida di tante altre serie più blasonate; fortemente attaccata alla contemporaneità italiana ma con una sensibilità che a momenti valica ogni confine, ma con un linguaggio ben radicato nel contesto romano in cui Rech è cresciuto (la vediamo dura per i traduttori degli altri Paesi…) ed un doppiaggio che lo vede protagonista assoluto (unica eccezione Valerio Mastandrea nei panni del Mandrillo, schietta coscienza del protagonista) ma -anche in questo caso- con una ragione specifica.
Eppure, questo strano prodotto supera tutte le prove, eccome. Zerocalcare troverà in questa serie la possibilità di farsi conoscere da chi ancora non ne ha avuto l’occasione, e di trovare conferme da chi già ne ha apprezzato il lavoro passato. Quei bordi strappati del titoli potranno anche non aver seguito le linee tratteggiate, ma la forma che ne è venuta fuori è unica nel suo genere. Ovvero, come sopra: promossa a pieni voti.