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Madame, il monologo a Le Iene e il rischio delle dichiarazioni con lo stampino

Il monologo autobiografico di Madame a Le Iene suggerisce qualche domanda: ha senso raccontarsi in tv attraverso i drammi vissuti nella vita privata?

pubblicato 5 Novembre 2021 aggiornato 11 Novembre 2021 18:23

Ne avevamo parlato giusto qualche giorno fa: il monologo dolente della donna è tornato in tv. E anche questa volta ad ospitarlo è stato Le Iene, il programma di Italia 1 che da questa stagione per la conduzione ha scelto di far alternare dieci donne al fianco di Nicola Savino. Protagonista Madame, con un monologo intimo e autobiografico che è diventato virale sui social (d’altronde una delle caratteristiche del genere televisivo del monologo dolente della donna è il suo prevedibile eco social).

Il monologo di Madame a Le Iene

Questa sera voglio parlarvi di una cosa che, fino a qualche mese fa, non avevo. L’autostima. Autostima è amare se stessi. Comprendersi, accettarsi. Perdonarsi. Dobbiamo imparare ad amare tutto di noi. Anche le parti peggiori. Quelle che ci fanno soffrire e vorremmo cambiare. Ma se proviamo a cambiarle odiando ciò che siamo, facciamo un casino. «Sbreghiamo tutto.». L’assenza di autostima è una brutta bestia. Se non ce l’hai, senti di non valere nulla. L’anno scorso sono stata ospite a XFactor due volte. Prima di salire sul palco ero sola dentro il camerino. Piangevo disperata: «Cosa ci faccio qua?» «Non me lo merito».

Non mi riconoscevo. Non mi amavo.

La verità è che sono stata di merda per anni. Pure a Sanremo, e con il disco d’esordio in uscita. Stavo male. Sempre. Prendevo ansiolitici come fossero acqua. Lo stomaco chiuso. Non mangiavo. Non dormivo. Era un circolo vizioso. Dicevo: «Ma ca**o!» «Perché devo stare sempre così?» A un certo punto è andata pure peggio. All’improvviso nella mia vita tutto era vuoto. Senza un senso. Mia madre. La mia casa. Il mio cane. La musica. Chiedevo alla gente: «Potete dirmi che senso date alla vostra vita?» Da sola non riuscivo più a capirlo. È stato orribile. Un dolore atroce.

In quel momento ho scritto una delle mie frasi più belle: «Non ho paura di morire, ma ho paura di voler morire». Poi mi sono detta: basta. Non puoi andare avanti così. Ho iniziato a lavorare ogni giorno per trovare un senso. Ho guardato in faccia l’ansia che mi aveva sempre accompagnata. E ho trovato il modo per eliminarla. Mi sono detta: «Prima o poi soffrirai, ma non devi avere paura. Perché se soffrirai, ti curerai». «E se non lo farai, morirai.» «E sai cosa c’è? Che tutti, prima o poi, muoiono». Non possiamo rovinarci la vita perché abbiamo paura di soffrire. O di morire. È una grandissima cagata. Per me capirlo è stata una liberazione.

Ho imparato a non essere schiava della fretta, a godermi i silenzi, il buio. Ho imparato a respirare. Ad accettare le cose che accadono senza che io possa controllarle. Ad accettare me.

Se mi aveste conosciuto un anno fa, avreste detto: min***a, questa è grave. Adesso mi sono messa a posto. Ho trovato un senso nell’amore. E ho stima di me perché so comprendermi, accettarmi e amarmi. Insomma, sto bene. E anche se non ho trovato la cura per lo star male, ho curato la paura di star male“.

Il rischio delle dichiarazioni con lo stampino

 

Prendendo come spunto il tweet dell’inviato Rai1 Domenico Marocchi (Oggi è un altro giorno) e generalizzando il discorso, ci chiediamo se esista davvero per un certo tipo di personaggi pubblici il rischio che le loro dichiarazioni sembrino fatte con lo stampino. Nel 2021, con i social che ogni giorno 24 ore su 24 offrono una vetrina per esprimersi, ha senso raccontarsi in tv attraverso le difficoltà, più o meno drammatiche, vissute nella vita privata? Ha senso proporsi sempre e solo con un approccio emozionale, che inevitabilmente pone in secondo piano l’aspetto artistico? È una sensibilità che riguarda la nuova generazione o è una ormai consolidata strategia comunicativa?