L’errore da non fare nel vedere Scene da un matrimonio 2021 è pensare alla versione di Mengacci: se ti aspetti quello non puoi che essere disorientato. Ma basta l’attacco, a base di rosa e violini, per far capire al pubblico che la chiave scelta per il racconto è il romanticismo, la storia d’amore che vuole durare in eterno, non la presa in giro della festa. Amore, non cinismo. Può essere un peccato, ma è la linea scelta e portata avanti con una certa coerenza.
In breve potremmo dire che Scene da un matrimonio 2021 è tutto quello che negli attuali programmmi dedicati al matrimonio è in secondo piano: Matrimonio a Prima Vista punta sull’ego, Il Castello delle Cerimonie è un trattato socio-antropologico in salsa ‘Fantasy Island’, Abito da sposa cercasi si focalizza sugli aspetti fashion, Quattro Matrimoni (che torna a breve) è una gara a suon di tulle. Questo Scene da un matrimonio non ha nulla di quel che fu, lo sa e lo rivendica: resta il titolo e poco altro. Pochissimo altro. Forse nient’altro. E quindi come tale va considerato: come un altro programma.
Come dicevamo la chiave narrativa è il romanticismo, l’amore, la voglia di infinito. Ma non è solo la zuccherosa testimonianza di una relazione tra due persone – aspetto che predomina per circa un terzo della puntata, dalle origini agli sviluppi per arrivare all’attesa del giorno delle nozze – è anche un compendio di storia dei matrimoni. Si spiega così il grande spazio dato alle famiglie degli sposi, alle loro nozze, ai loro album di ricordi: e le foto sono un elemento narrativo indispensabile per Pesci Combattenti insieme alla colonna sonora che in questo caso ha saccheggiato la soundtrack di Downton Abbey e ha piazzato un Festival di Paola e Chiara sull’uscita degli sposi dalla cerimonia che ha dato il brivido del ‘controcanto’, quasi un colpo di coda per spezzare il troppo zucchero filato.
Scene da un matrimonio, ma storie di matrimoni
Sono storie di matrimoni più che scene di un solo matrimonio; sono storie di famiglia in rosa confetto più che in bianco nuziale: il cuore del racconto è occupato da tutto quello che viene prima delle nozze e tutto quello che viene dopo, raccontato dalle famiglie degli sposi che un ‘matrimonio’ lo hanno celebrato e anche vissuto, portato avanti, per decenni. E così ci ritroviamo di fronte quasi a una storia del matrimonio (e delle famiglie italiane) attraverso le generazioni. Anche il casting è orientato a questo: una coppia come quella di Rosita e Riccardo altrove non avrebbe avuto legittimità. Sono, quindi, le dinamiche delle famiglie, quelle di origine e quella futura, a essere al centro del racconto più dei preparativi e dei commenti da cerimonia infinita La dimensione di storie di famiglia fa sì che qualche tensione alla fine esca fuori, che qualche crepa in paradiso si veda o meglio si fa in modo che si veda: non predomina, ma striscia. Il confetto rosa nasconde un cuore di caramello salato. In questo caso ruota intorno alla mamma di lui, al centro dell’amore degli sposi, gancio inconsapevole all’inizio e alla ricerca di un proprio spazio lungo tutta la storia, desiderosa di lasciare traccia anche nella cerimonia, con scherzi che – sebbene invisi alla sposa – è riuscita a portare in scena (condita da un’allure nelle danze latine che richiede sguardi ammirati). Dalla perfezione delle rispettive famiglie all’augurio che i due possano farsi una vita a km di distanza è un lento crescendo: il tutto senza cambiare tono. C’è della classe.
Più matrimonio per tutti, anche per la Tatangelo
Parlavamo di un ‘lento’ crescendo. La lentezza è solo in parte compensata dall’attenzione ai dettagli: da una parte c’è la sensazione che il format sia in sé troppo lungo, dall’altra la consapevolezza che il matrimonio, che resta alla fine il principale catalizzatore, arriva in fondo. Forse troppo in fondo. Ma dopo 45’minuti di passato, di lacrime, di decisioni già prese, si ha voglia di arrivare al dunque. E il dunque arriva forse un pizzico troppo in là.
La parte migliore, quella attesa, arriva infatti solo alla fine: i commenti davanti alla chiesa/location della cerimonia, le dichiarazioni emozionate di zii e damigelle, le invitate che ignorano il dress code (vogliamo saperne di più sull’abito rosa corallo nel matrimonio a tema Sogno di mare), le nonne che sintetizzano la cultura italiana nel warning fatto al nipote acquisito (“Mia nipote non sa cucinare, io gliel’ho detto! Ma lui le vuole un gran bene…“) sono il pizzico di sale, la parte più viva di un programma che appare fin troppo laccato all’inizio (anche se, come detto, non si rinuncia a mettere un po’ di sale nel gateau mariage senza smontare la meringa), ma cerca anche di raccontare la società tra le pieghe del pizzo.
Certo, è un racconto di altri tempi. La parte davvero divertente nei matrimoni, a distanza e in presenza, è il commento cinico, il gossip inappropriato, la scansione di outfit e comportamenti: qui è solo un pallido contorno. Non c’è l’ironia, non c’è cinismo, non c’è quel ‘sangue’ che alimenta altri matrimoni. Non fa parte di questo gioco. Un po’ dispiace, perché giusto un po’ di acidità in più aiuterebbe a equilibrare un piatto delicato, che ha la sapidità delle lacrime (non quelle della sposa, ma quelle che partono quando la nonna in confessionale spiega che ha voluto regalare l’abito perché “è per sempre”), la croccantezza del commento davanti alla chiesa/location, ma che ha una dominante dolce che rischia di essere stucchevole nonostante i granelli di sale che ogni tanto emergono dalla caramellizzazione. E ogni tanto un pizzico di ‘laicità’ ci starebbe bene, soprattutto per bucare la nuvoletta da sogno che avvolge gli sposi (sul rito della sabbia ho invocato il divorzista, lo confesso): il desiderio di sapere cosa ne sarà di loro tra cinque anni cresce a ogni parola di eternità. Dopo la panchina del confessionale amerei un salto nel futuro per vedere cosa ne sarà, perché il “vissero felici e contenti” non può che essere transitorio. Ce lo insegna anche Shrek.
Ciò non toglie che sia difficile restare indifferenti alle emozioni, sincere o ridicole che siano: certo, io sono perfettamente in target per età, provenienza geografica, genere, retaggio culturale e quindi rischio di avere una visione ‘condizionata’. Certe emozioni si riconoscono, anche se il desiderio di un “Sentenzie di divorzio” cresce a ogni inquadratura sul tulle.
Quello che non si discute resta la confezione, attenta a ogni dettaglio. E devo dire che Anna Tatangelo nel ruolo della narratrice ci sta bene: convincente (nonostante il trucco, ma questi son gusti personali), anzi fin troppo sacrificata. A mio avviso più spazio alla cerimonia, relegata di fatto all’ultimo quarto d’ora (e se è di più evidentemente scorre più veloce rispetto al resto), le darebbe modo di esprimersi di più, di portare sullo schermo tutto il suo potenziale da invitata al matrimonio. E invece è tutto piuttosto statico: tanti confessionali, tante parole, poco contatto live, poca dinamica ‘diretta’. Certo, dà più controllo, ma smorza le potenzialità della scelta fatta. E’ anche vero che è solo la prima di otto e che anche per affrontare i matrimoni c’è bisogno di un certo rodaggio. Vedremo se con altri protagonisti, altre mamme, altre nozze cambierà anche un po’ il modo di affrontare queste Scene da un matrimonio.
PS. Il sabato pomeriggio dopo Beautiful e prima di Verissimo non sta male.