Massimo Ambrosini: “La telecronaca perfetta? Poche parole, al momento giusto”
Massimo Ambrosini, ossia la più apprezzata seconda voce delle telecronache di calcio, tra Amazon Prime Video e Dazn. L’intervista di TvBlog
Inter-Real Madrid di domani sera, mercoledì 15 settembre, è il big match che sancirà l’inizio di una nuova epoca nel calcio in tv. Sarà infatti la prima partita (fischio di inizio alle ore 21.00) di Champions League trasmessa in esclusiva totale su Prime Video di Amazon. A commentarla in diretta con Sandro Piccinini (qui l’intervista di TvBlog) ci sarà Massimo Ambrosini. Ex calciatore di Milan e Fiorentina, ruolo centrocampista, oggi ha 44 anni e per quasi otto anni ha commentato il calcio su Sky, prima di passare a Dazn e a Prime Video.
Massimo Ambrosini, lei è la seconda voce più apprezzata dalla tv italiana, l’unico commentatore che si divide tra Dazn (Serie A) e Amazon Prime Video (Champions League) nelle telecronache.
Sicuramente mi fa piacere, certifica che sto facendo bene.
Partiamo dalle differenze tra Dazn e Prime Video.
Dazn ha un approccio più nuovo nella gestione dei contenuti, rispetto a Sky; trasmettendo in streaming, vuole prendere un pubblico ancora più giovane, c’è una sensazione di freschezza. Prime Video di Amazon dà la sensazione di grande potenza, professionalità e ambizione.
Qualcuno le ha insegnato a fare il lavoro del commentatore?
No. Ho chiesto qualche consiglio ai telecronisti storici, soprattutto all’inizio. Nessuno ti può insegnare cosa e come dire. Ti può insegnare, invece, quando dirlo e i tempi di intervento.
Per esempio, una seconda voce quando proprio non deve parlare?
Quando viene segnato il gol: bisogna dare spazio al telecronista e alle sue emozioni; così come non bisogna entrare quando il telecronista sta raccontando un’azione. E non bisogna mai sovrapporsi. Meglio aspettare la fine della descrizione dell’azione e poi integrarla col tuo ragionamento.
A differenza di altre seconde voci, lei sembra sempre più defilato rispetto al telecronista. Non straparla, interviene con equilibrio, fa poco il protagonista. È una scelta ben precisa o è semplicemente il suo modo di essere?
Io ragiono da utente. Chi ascolta una seconda voce in una telecronaca, cosa si aspetta? Se è troppo presente, a me piace di meno. Ritengo che riempire la telecronaca di concetti non la renda migliore. È un mio gusto personale, che cerco di trasferire nel lavoro. Va lasciato il tempo allo spettatore di ragionare. E poi ogni tanto vale la pena godersi il pubblico tornato allo stadio.
Il mestiere di commentatore lo vive come una parentesi professionale prima di tornare al calcio magari da allenatore o dirigente?
Se fino ad ora non sono rientrato nel calcio, è difficile che possa accadere più avanti. Con il mondo che sta cambiando, con i contenuti on demand, c’è la possibilità che il mio mestiere si amplifichi. L’intervista che feci ad Ibrahimovic un anno fa per Sky ne è una dimostrazione. L’idea di continuare a fare una cosa del genere in futuro è interessante. Quindi, per rispondere alla tua domanda: no, non è una parentesi, sono già otto anni che lo faccio. E, per il momento, non ho in mente di fare altro.
Da calciatore era un leader in campo, ma non mi sembra che parlasse molto nello spogliatoio…
Non straparlavo, ma non ero neanche silenzioso. Avevo trovato un equilibrio, secondo me, quando ho capito che ci sono dei momenti in cui vanno dette le cose e momenti in cui è meglio non dirle.
Le è capitato di trovarsi in imbarazzo per dover commentare, e magari criticare, un suo ex compagno di squadra?
Sì. L’anno scorso con Andrea Pirlo, quando la Juventus aveva dei problemi. Con lui ho un legame speciale ed è stato complicato esprimere una critica in una situazione di sua difficoltà. Lo stesso è capitato quando il Milan faticava: per il ruolo che ho avuto io nel club rossonero, qualsiasi cosa dicessi veniva interpretata male. Va trovato l’equilibrio, ma quando c’è da criticare, va fatto. Altrimenti si perde di credibilità. La gente vuole che tu esprima una opinione, in maniera più distaccata possibile. Anche se il tuo passato non lo puoi cancellare, soprattutto dal tuo cuore.
Un messaggino in privato da un suo amico per esprimere il risentimento per i suoi commenti su di lui le è mai arrivato?
No, mai capitato.
E lei da calciatore come li viveva i giudizi sul suo conto?
Beh, consapevole che questa è la vita. Da calciatore non puoi piacere a tutti, così come non puoi piacere a tutti da commentatore.
Lavora con, tra gli altri, Sandro Piccinini e Pierluigi Pardo, tra i più apprezzati telecronisti in Italia. Differenze?
Per fare una buona telecronaca serve che tra telecronista e seconda voce ci sia feeling. E devo dire che sono stato rimasto molto piacevolmente stupito per quanto io mi sia trovato in sintonia sia con Piccinini, sia con Pardo. Gli stili sono diversi, ma di entrambi mi piace che loro seguono anche uno spunto mio, magari commentandolo o contrastandolo. È una cosa fondamentale. Il telecronista non deve lasciar cadere la mia annotazione tecnico-tattica, non deve ignorarla. Non ci sono grosse differenze.
Qual è la partita che sogna di commentare?
Finale di Champions con una italiana.
Una a caso?
No (ride, Ndr). Ma meglio una che due, se no si fa fatica in telecronaca. Su Prime comunque non abbiamo i diritti per la finale, peccato.
È mai stato accusato di essere troppo milanista in telecronaca?
No, in realtà ho avuto il problema contrario (ride, Ndr). All’inizio mi dava fastidio quando mi accusavano di essere contro il Milan. Ma questo è un discorso vecchio, ora ho le spalle abbastanza larghe per farmi scivolare addosso tutto.
Da calciatore non è mai stato al centro di particolari polemiche, salvo il caso dello striscione contro l’Inter “lo scudetto mettilo nel…“
Quella cosa fa parte del passato.
È ben voluto dai tifosi di tutte le squadre.
Più passa il tempo dall’ultima stagione da calciatore, più vieni apprezzato per quello che dici e per quello che fai.
In Nazionale da calciatore non ha avuto troppa fortuna. Commentarla le farebbe piacere?
Non ho mai commentato un torneo della Nazionale, mi piacerebbe, sì. Ma non ho l’ambizione di farlo, anche perché il coinvolgimento emotivo sarebbe notevole. Mi piace pensare che vivere le partite importanti di Champions o quelle delle altre nazionali possa essere gratificante lo stesso.