Afghanistan, giornalista CNN aggredita da un gruppo di talebani (VIDEO)
Clarissa Ward, inviata della CNN in Afghanistan presa di mira dai Talebani durante le riprese per un servizio vicino all’aeroporto di Kabul
Non si può chiamare inviato di guerra, ma non siamo tanto lontani dal contesto in cui alcuni cronisti si stanno ritrovando da qualche settimana a questa parte. Parliamo della crisi Afghana che ha portato ad un repentino cambio di guardia e una retromarcia nel tempo: il ritiro delle truppe Usa, il ritorno del regime talebano, la presa della capitale Kabul e l’abbandono del presidente Ghani sono state le tappe raccontate dai network nazionali e internazionali a cavallo di un ferragosto che è stato bollente non solo atmosfericamente.
Abbiamo documentato come la Rai – e in particolar modo il Tg2 post e il Tg1 – hanno coperto l’evento a sufficienza con degli speciali, rompendo lo schema del “tutti in vacanza” nel mese più torrido dell’anno (e non si tratta della prima volta, ricordiamo cosa accadde per il tragico crollo del Ponte Morandi, a Genova).
Questa introduzione quantomeno doverosa ci porta al racconto di una vicenda che non riguarda noi direttamente, bensì una giornalista e inviata della CNN in questo momento nel cuore del caos di Kabul, capitale dell’Afghanistan.
Clarissa Ward pochi giorni fa è stata al centro delle discussioni in rete per un meme che ha fatto il giro del mondo. Un confronto nell’abbigliamento dell’inviata pre-invasione dei talebani e post, nella prima foto la Ward appare con la testa scoperta, i capelli raccolti e gli abiti occidentali. Totalmente diversa la condizione della seconda immagine in cui l’inviata compare con un velo nero che le copre orecchie, fronte, collo, capelli oltre che un lungo abito dello stesso colore (si chiama abaya, ndr).
Su twitter (e non solo) la foto è stata ripresa come conseguenza della nuova invasione talebana nel paese, dunque delle nuove regole cui i civili sono sottoposti, ma è stata la stessa giornalista a smentire con un tweet chiaro:
Questo meme è sbagliato. La foto in alto è all’interno di un complesso privato. Quella in basso è per le strade di Kabul detenute dai talebani. In precedenza indossavo sempre un foulard per la strada a Kabul, anche se non con i capelli completamente coperti e con l’abaya. Quindi c’è una differenza, ma non così netta.
In poche parole, Clarissa Ward sta evidenziando un equivoco. Anche prima dei recenti fatti era consigliabile a tutte le donne di coprirsi il capo.
Oggi Clarissa è tornata a far parlare di sé, stavolta per un episodio accaduto sul posto dove – sottolineiamo – lei ha deciso di restare. Un episodio che dà il sentore di come, i talebani, non abbiano fatto fede alla promessa di essere “rispettosi della donna” o di “portare serenità al popolo” come hanno affermato sul web.
Seguita dal suo cameraman, la Ward si è recata all’esterno dell’aeroporto di Kabul preso d’assalto dai civili raccontando cosa sta accadendo. Si avvicina ad un gruppo di uomini, uno di loro si avvicina e le ordina di coprirsi il viso quasi totalmente. Lei spiega di essere una giornalista e inviata della CNN autorizzata a fare il suo lavoro, ma non basta, deve persino testimoniarlo con delle carte. Contemporaneamente i civili a pochi passi da loro vedono le telecamere e chiedono aiuto, a quel punto i talebani attaccano la giornalista e il cameraman rischiando quasi un linciaggio che, fortunatamente, non ha portato conseguenze peggiori. Lei e il la troupe si allontanano urgentemente in macchina, non senza un grande spavento.
Il rischio è una costante se si vuole portare avanti il lavoro in una zona del mondo già duramente provata da una guerra ed ora ripiombata nel baratro. Lo sanno bene altri giornalisti che stanno cercando di raccontare quanto avviene in Afghanistan nelle tv di tutto il mondo.
Il caso di un redattore tedesco (lavora per Deutsche Welle, emittente pubblica tedesca) è ancor più agghiacciante: preso di mira dai talebani, un suo parente è stato ucciso. Il direttore di DW, Peter Limbourg ha dichiarato: “È un fatto inconcepibilmente tragico e testimonia il grave pericolo in cui si trovano tutti i nostri dipendenti e le loro famiglie in Afghanistan. È evidente che i talebani stanno già svolgendo attività organizzate ricerche di giornalisti, sia a Kabul che in provincia. Il tempo stringe“.
Già, il tempo stringe. Quante volte sarà passata di mente questa frase a chi ora, in questo preciso istante, tenta di fuggire da un regime.
(Immagini CNN)