L’amaro caso di Rula Jebreal a Propaganda Live
Il confronto Jebreal – Propaganda Live continua su Twitter: lei è pronta a intervenire in un parterre più equilibrato. Ma l’amarezza è tanta.
15 Maggio 2021 21:23
Il no di Rula Jebreal a Propaganda Live perché unica donna tra gli ospiti di puntata ha tenuto banco nella giornata di ieri, ha avuto una ribalta televisiva con la risposta di Diego Bianchi alla giornalista (“Abbiamo capito che non conosce il programma” l’estrema sintesi del suo discorso) e ha avuto inevitabili propaggini anche all’indomani della puntata. Rula Jebreal non ha risposto direttamente alle parole di Zoro, ma ha pubblicato una story su Instagram nella quale rilancia il post del collega Marco Dalla Stella e di fatto lancia nuove accuse al programma, reo di “aver invitato a parlare un uomo bianco […] che ha esordito dicendo “Non so molto della Palestina“,
“Un programma tv italiano invita Rula Jebreal a parlare della Palestina. Lei rifiuta per la mancanza di rappresentazione delle diversità nel programma. Il conduttore spiega con una certa superiorità e con fare condiscendente e paternalistico (difficile tradurre pienamente il termine mansplaining, ndr) che gli ospiti sono invitati per le loro competenze, non per il loro genere. Un bianco parla della Palestina. Inizia dicendo “Non so molto della Palestina”. Fine.”
Questo quanto si legge nel post di Dalla Stella che include anche il riferimento alla clip video che rimanda all’intervento di Michele Serra, che potete rivedere integralmente sul sito di La7 (dal minuto 36.15). L’inferenza suggerita, quindi, è che Zoro sia un maschilista e che Serra sia stato chiamato al posto di/della Jebreal pur non sapendo nulla dell’argomento, facendo così emergere quanto la questione della competenza varrebbe per le donne ma non per gli uomini. Non emerge dal post, però – breve per natura, ce ne rendiamo conto – che Michele Serra era già nel parterre di ospiti del programma e che la discussione tra Diego Bianchi e Serra si è concentrata primariamente sulla manifestazione a sostegno di Israele svoltasi nel Ghetto di Roma con Matteo Salvini ed Enrico Letta (“Mi interessa la tua figura come memoria storica della Sinistra“, dice Bianchi in apertura; “Confesso la mia viltà giornalistica […] Ho iniziato più volte a scriverne, poi ho lasciato perdere perché se c’è una questione di cui non capisco niente è la questione israelo-palestinese […]. È un groviglio terrificante di torti che hanno sommerso le due ragioni di base” la premessa di Serra).
A sostegno della posizione di Rula Jebreal arrivano anche post e commenti di colleghe, come Tiziana Ferrario che ha scelto Facebook per esprimere la sua solidarietà alla giornalista.
Dopo stories e rilanci Rula Jebreal ha fatto sentire la propria voce su Twitter nel tardo pomeriggio di oggi (il fuso orario con gli USA ha il suo peso).
Arriva anche una risposta del direttore di rete Andrea Salerno, cui (la) Jebreal risponde.
L’amaro caso avrà la sua conclusione a Propaganda Live?
La questione della rappresentazione delle donne in tv, o peggio della loro pessima rappresentazione, dell’atteggiamento paternalistico dei media, del maschilismo culturale (e linguistico) è questione serissima, centrale, per certi versi rivoluzionaria: si sta prendendo consapevolezza di certi meccanismi così introiettati da rischiare di non essere percepiti e di certo alcune battaglie di posizione servono a sollevare questioni talvolta talmente sottopelle da non essere percepite. Ancor più rilevante, per chi scrive, la questione del riconoscimento di competenze e meriti, al netto del genere/sesso di appartenenza, che mi rende invise le logiche di ‘quota’, aspetto questo che si aggancia a una questione culturalmente strutturale legata all’accesso sistemico e non eccezionale delle donne negli ambienti/settori/campi nevralgici della vita professionale e pubblica del nostro Paese.
Per cui la questione Rula Jebreal – Propaganda Live solleva questioni su cui vale la pena riflettere, senza pregiudizi.
Ci ho provato, nella mia limitatezza, e ho iniziato ricapitolando gli eventi e le situazioni:
1. vieni invitata perché sei una voce competente, che vive sulla propria pelle le contraddizioni di un conflitto insanabile;
2. decidi di non andare, annunciandolo via Instagram, perché sei l’unica donna in un parterre di uomini;
3. il programma decide di parlare comunque dell’argomento e chiede a uno degli ospiti già previsti – e che non fa giardinaggio nella vita – di commentare i fatti di Gaza;
4. il giorno dopo rilanci in una storia su Instagram il post di un collega che ‘si mette le mani in faccia’ perché hanno chiamato un uomo bianco a commentare al posto tuo, uomo che ha esordito dicendo “Non ne so molto“, estrapolando la frase dal contesto, forzandone il senso e ignorando i vari sottotesti presenti in quell’affermazione.
Date queste premesse, arrivo a una considerazione evidentemente banale e intrisa di maschilismo che mi porta a non comprendere la forza perlocutoria dell’atto social-linguistico di/della Jebreal, anzi mi lascia una profonda sensazione di amarezza, ovvero il fatto di rinunciare a un’opportunità importante per il pubblico (non solo di Propaganda Live) perché donna sottorappresentata. Vieni chiamata proprio perché competente di una situazione complessa che conosci meglio di tutti per preparazione professionale e non solo per circostanze ‘contingenti’ e decidi di non andare perché sei donna? Il fatto di essere l’unica per me è un’aggravante, non un’attenuante: l’unica donna rinuncia a parlare di quello di cui è competente – e per il quale è stata chiamata a prescindere dal sesso – e lascia quindi che il consesso resti solo maschile, ‘peggiorando’ quindi la condizione di partenza.
Mi sfugge in che modo questa possa essere considerata una protesta o una vittoria: il risultato è che io, pubblico, non ho potuto ascoltare un punto di vista competente in materia, non ho avuto modo di approfondire una questione complessa e trascurata dall’informazione italiana (oltre ad essere trattata in maniera parziale dalla politica) perché l’ospite è femmina in un parterre di maschi. Da pubblico, dunque, mi sento privata di un’opportunità di conoscenza, da donna mi sento doppiamente derubata perché – se diamo per buona la premessa di/della Jebreal – non ho avuto neanche il piacere di godere di un’ospite femminile in un parterre esclusivamente maschile.
C’è poi il resto, ovvero il contesto, ovvero la (assoluta mancanza di) conoscenza di Propaganda Live cui abbiamo fatto riferimento già ieri. E in questo l’aspetto più grave è quello di non aver riconosciuto la presenza nel cast fisso di due colleghe di pregio come Costanze Reuscher e Francesca Schianchi: o non lo sa (grave) o lo sa e non sono abbastanza rappresentative (pure peggio). Un aspetto non mitigato dall’ultimo tweet rivolto ad Andrea Salerno, nel quale la giornalista manifesta la disponibilità a parlare del conflitto, chiedendo “soltanto un parterre meno asimmetrico”.
Non dubitiamo che ci sia l’occasione di recuperare questa ospitata a Propaganda Live, di avere l’opinione di/della Jebreal in merito a questioni di competenza. Peccato, però, che il focus sia ormai spostato su quante donne saranno ospiti con (la) Jebreal, oscurando la questione centrale, ovvero il commento sul conflitto israelo-palestinese come insegna l’infallibile teorema del Tweet de Mer. Del resto se si usano i social per comunicare è inevitabile essere fagocitati dalle sue dinamiche.
Se non fa amarezza tutto questo…