Zero su Netflix, Grannò, Diop e Scattolin: “Una serie che potrebbe ispirarne tante altre, ognuno ci troverà un proprio significato”
Le tre protagoniste femminili della nuova serie italiana di Netflix ci hanno anche raccontato qualcosa in più dei loro personaggi
Sono le tre protagoniste femminili di Zero, la nuova produzione originale italiana di Netflix disponibile da oggi, mercoledì 21 aprile 2021, in tutti e 190 i Paesi raggiunti dal servizio. Beatrice Grannò, Virginia Diop e Daniela Scattolin interpretano rispettivamente Anna (interesse amoroso del protagonista Omar, interpretato da Giuseppe Dave Seke), Awa (la sorella di Omar) e Sara (componente della crew che accoglie il protagonista).
“Ognuna di noi avrà il proprio spazio dentro la serie”, ha esordito Grannò, “Sicuramente tutto tornerà e si intreccerà in qualche modo. Scopriremo un’Anna contrariata rispetto ad alcune cose e ci stupirà”. “Anche Awa all’inizio sembra avere una storia indipendente rispetto a quella del fratello e della crew”, ha aggiunto Diop. “Nel corso degli episodi non guarderà il mondo semplicemente spezzarsi di fronte a lei, ma inizierà ad agire e tutta la sua frustrazione si svilupperà in un’Awa che si farà sentire”.
Anche Scattolin ci ha raccontato che la sua Sara cambierà: “Parte con un forte senso di diffidenza nei confronti di Zero. Come tutte le grandi donne che si sono fatte da sole, pensa ‘Ma chi è quello, ma chi ci crede che ha un superpotere?’. Poi invece passa ad una posizione di accoglienza dentro il gruppo e di protezione nei suoi confronti, arrivando a ricordare agli altri che Zero non è un alieno, ma un essere umano che non va sfruttato”.
Ma Zero, come ormai è stato detto più volte, non è una semplice serie tv con al centro un supereroe. Il progetto intende raccontare anche altro e, perché no, fare da apripista ad un nuovo modo di vedere in tv gli italiani di seconda generazione, senza che siano ingabbiati nei soliti stereotipi.
Una bella responsabilità per tutto il cast: “Me ne sono accorta dopo che abbiamo finito di girare”, ci ha confessato Grannò. “Ho cominciato a percepire che questa serie potesse essere più grande di quello che potevo immaginare. E’ la prima volta che viene rappresentata una comunità di ragazzi neri, che spesso in televisione e nei film ci sono ma in misura ridotta. Qui, invece, il gioco è letteralmente ribaltato. E’ una cosa bellissima, che in Italia non è mai stata fatta. Spero che possa ispirare tante persone ed ispirare nuove sceneggiature, anche nei confronti di comunità che non siano solo quelle afro-italiane”.
Anche Diop è convinta che “Sarà sicuramente un passo avanti sia per il cinema italiano, ma in generale per il nostro Paese. Magari potrebbe far aprire le menti di coloro che vedono nel colore della pelle di una persona un elemento di diversità. Invece deve diventare la normalità”.
Differente, ma altrettanto interessante, la riflessione di Scattolin, secondo cui “Più che un messaggio sociale, la serie ha il semplice scopo di raccontare quello che accade. Un gruppo di amici, l’appartenenza ad una comunità, l’affetto per le proprie radici… Sta allo spettatore dargli la sua anima: ognuno di noi raccoglierà questa storia in modo differente. Io mi sono sentita deliziata di avere l’opportunità di rappresentare più persone che hanno il colore della mia pelle. Qualcun altro, però, potrebbe pensare ‘La storia di un ragazzo invisibile? Io non sono nero, ma mi sento invisibile, ho un’altra diversità che la società non mi lascia vivere’. Non credo che il messaggio di Zero sia così limitante: racconta una storia in cui ognuno di noi può raccogliere ciò che vuole”.
I sottotesti, in Zero, effettivamente non mancano. Ora non resta al pubblico italiano ed internazionale raccoglierli ed interpretarli come meglio credono, facendo proprio il messaggio lanciato da Antonio Dikele Distefano e da Menotti e, perché no, guardando il mondo con uno sguardo un po’ diverso.