Dieci anni e non sentirli. Anzi, dieci anni e rinascere, come se fosse la prima volta. Il primo Avanti un altro realizzato in epoca covid si portava dietro mille incognite. Tutte legittime. D’altronde, per uno show che faceva della bolgia, dei rapporti fisici e delle continue interazioni il suo punto di forza, trovarsi costretto a reinventarsi rappresentava una scommessa. E le scommesse, si sa, si possono vincere o perdere clamorosamente.
Dopo un anno di pandemia la tv ha saputo adeguarsi, va detto. Vedere il pubblico in studio non è più una novità (non ditelo ad Amadeus), seppur con le dovute precauzioni e limitazioni. Avanti un altro però non è un programma come gli altri. E’ spirito, coinvolgimento, spensieratezza. Il timore era dunque quello di essere azzannati dal covid, soprattutto emotivamente.
Il game show era stato sospeso a marzo 2020, nei primissimi giorni di lockdown. Da un giorno all’altro, Mediaset decise di riproporre i vecchi episodi, con quelli inediti – circa 50 – tutt’oggi custoditi in magazzino, in attesa di essere ricollocati. Per molto tempo ci si era domandati se ricominciare con quelle o lanciare subito le nuove. Mostrare un mondo ormai lontano in epoca di restrizioni e confinamenti poteva risultare azzardato, ecco allora la volontà di partire immediatamente con gli episodi della nuova era.
Sì, la gente sugli spalti è decimata e indossa le mascherine, il plexiglass fa capolino in ogni inquadratura e nessuno osa più consegnare cibo e doni a Bonolis e soci. Ma sono dettagli, perché tutto il resto è rimasto inalterato.
A monte ci sono controlli, controlli a tappeto. Durante le registrazioni, cast, pubblico e concorrenti sono stati quotidianamente monitorati e tamponati così da generare una sorta di bolla come se si fosse su un set cinematografico. Questo ha consentito di mettere in moto tutto il resto, ovvero l’esorcizzazione dello stesso virus. Evocato, demonizzato, mai temuto.
Le trovate sono tanto semplici quanto geniali. Il valletto di puntata ha la testa immersa in una boccia di vetro che va ad appannarsi dopo pochi minuti, mentre una parete trasparente divide Laurenti da Bonolis, con quest’ultimo che ‘smonta’ l’intera narrazione aprendo la finestrella per poter parlare col collega. E’ la prova che il distanziamento è solo un pretesto, ridicolizzato come il disinfettante spray che il padrone di casa impugna ad ogni minimo contatto: “Siete pazzi? C’è il virus!”. Bonolis lo spruzza ovunque, persino tra le proprie mutande, un po’ come Fantozzi col dopobarba.
Se i nuovi innesti non hanno regalato grosse innovazioni e migliorie allo spettacolo, il coronavirus ci restituisce in compenso un Bonolis ispirato. A riprova di come i veri professionisti sappiano sempre trasformare un limite in un clamoroso punto di forza.