Perché Sanremo sì e i teatri no? Perché è televisione.
Equiparare l’Ariston a un teatro comune è sbagliato nella sostanza: Sanremo 2021 è uno show tv e quindi può avere figuranti anche per il DPCM
“SE si concede il pubblico al Teatro Ariston per Sanremo 2021, ALLORA bisogna aprire anche i teatri e i cinema!”.
Questa l’alzata di scudi degli operatori dello spettacolo, GIUSTAMENTE esasperati da una gestione della pandemia che ha chiuso sale teatrali e cinematografiche da mesi, mettendo in ginocchio il settore degli show live e della distribuzione in sala. Ma questo IF – THEN è sbagliato nella sostanza e sarebbe ora di capirlo in modo da costruire un’opposizione sensata non al Festival di Sanremo ma a una gestione del rischio che nei mesi ha mostrato la corda invece di migliorare. Ma usare Sanremo come vessillo della propria battaglia può sì avere un valore sul piano della comunicazione, perché inevitabilmente crea interesse mediatico, ma nello stesso tempo manifesta un’ignoranza di fondo sulla natura del Festival e sulle misure decise dal DPCM.
Andiamo con ordine.
- Sanremo non è uno spettacolo teatrale, ma uno show tv che usa un teatro come studio. E gli studi possono avere pubblico, come prevede il DPCM del 16 gennaio, anche in zona Rossa.
- Il ‘pubblico’ degli studi televisivi non è ‘pubblico’ in senso teatrale/cinematografico: come ribadito anche dal Prefetto di Sanremo a margine del primo incontro con la Rai, è ammessa la presenza in platea di ‘FIGURANTI‘, soggetti contrattualizzati che rientrano nella fattispecie dei lavoratori e che pertanto possono ‘contravvenire’ al coprifuoco ed essere sottoposti a controlli aziendali per la sicurezza, nel caso anche essere ‘isolati su una nave’ per settimane.
- L’Ariston sarebbe quindi ‘pieno’ di figuranti e non di pubblico: non sono stati messi in vendita i biglietti per la platea e la galleria come invece sempre accaduto negli altri anni, né sono permessi inviti, come ribadito dal Prefetto. E questa è un’altra sostanziale differenza.
- Equiparare un cartellone teatrale a 5 giorni di Festival è dunque un sostanziale errore di categorizzazione.
Il Prefetto di Sanremo, Alberto Intini, ha ribadito piuttosto la necessità di non fare alcuna eccezione per il Festival e infatti, da quanto emerso dalla prima riunione esplorativa con la Rai, l’intenzione è proprio quella di non derogare alle norme in vigore col DPCM del 16 gennaio fino al 5 marzo. Quindi un Ariston con figuranti, che possono quindi muoversi in virtù di un rapporto di lavoro in atto, è ammesso dal DPCM e non è un’eccezione.
Liberato il campo dall’equivoco di fondo per cui Sanremo col pubblico in sala si può fare e il teatro col pubblico no, si può poi ragionare sull’opportunità di riempire l’Ariston. Un’opportunità che a questo punto ha una valenza ‘sanitaria’, non legale. Un’opportunità che si riverbera anche sull’organizzazione delle iniziative collaterali, come red carpet, allestimenti promozionali, palchi esterni: e quello è ancora un altro aspetto, per il quale ugualmente il Prefetto non intende derogare.
Amadeus insiste sulla necessità di avere un Ariston pieno (di figuranti, lo ribadiamo) facendo capire di non avere molta voglia di un distanziamento in platea e/o dell’uso di mascherine o ancora dell’installazione di plexiglass. Abbiamo visto negli ultimi tempi diverse soluzioni adottate negli studi tv, o in teatri ad essi assimilati, per avere una platea piena e penso al Maurizio Costanzo Show o C’è Posta per Te, ma ci sono esempi di pubblico in studio decisamente più ‘moderati’ nei i programmi Rai del daytime.
Nel caso del Festival, la ‘testardaggine’ nel volere un teatro pieno come segno di normalità finisce però per stonare col contesto di una cittadina dagli spazi ridotti, di un teatro non particolarmente grande e banalmente col fatto che in questo Sanremo non c’è nulla di ‘normale’ (anche se si ha l’impressione che si voglia far finta di niente, aumentando i Big, reclutando co-conduttori e ospiti fissi, pensando a reunion epiche, e immaginando quindi scalette che terminano alle 3 di notte). Ma imbastire un complesso protocollo di sicurezza per integrare un pubblico di figuranti in una macchina che di per sé comporta centinaia di persone di crew sembra più uno spreco che un’opportunità: a livello comunicativo sembra una passata di vernice fresca su una panchina sbilenca. Ci si aspetterebbe da Sanremo un esempio: come già detto, il Festival è un evento tv e la tv è riuscita a svolgere le sue funzioni in questo anno di pandemia anche senza pubblico in studio, anche senza applausi live, inventando soluzioni audiovideo che hanno fatto linguaggio. Tanto più per Sanremo, dove scenografia, luci, fotografia, regia (in una parola la tv) hanno sempre costruito quello che non c’è.
In questo senso, l’ostinazione di Amadeus a volere il pubblico – che sia da intendere come segno di speranza e ottimismo o che sia da vedere come ingrediente essenziale dello show – sembra una ‘incomprensione’ del valore e della funzione stessa della tv e sembra manifestare qualche grado di miopia verso l’andamento della pandemia in Italia e una certa sottovalutazione dell’esasperazione degli italiani.
Se poi senza il pubblico c’è qualcuno che non riesce a reggere il palco (e non credo assolutamente sia un problema di Amadeus), allora questa è un’altra storia. Con altre implicazioni.